Jean-Claude Juncker: «Temo estrema destra e Francia ingovernabile. Con i tedeschi il motore sarebbe in panne»
L'ex presidente della Commissione europea: «L’Italia continui a svolgere un ruolo costruttivo»
DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE
BRUXELLES - «Vorrei esprimere un desiderio: vorrei credere che l’Italia, un Paese che amo, rimarrà un grande artefice dell’integrazione europea. Perché senza un’Italia attiva e costruttiva, l’Europa non sarebbe più quella di adesso. L’Italia non ascolti chi semplifica troppo le sfide del nostro tempo e offre ai cittadini risposte semplici e semplicistiche».
L’ex premier del Lussemburgo Jean-Claude Juncker, famiglia Ppe, conosce bene l’Unione: ha guidato la Commissione europea dal 2014 al 2019 ed è stato il primo presidente permanente dell’Eurogruppo.
La preoccupano i risultati delle elezioni in Francia?
«I risultati non mi hanno sorpreso. Dobbiamo aspettare il secondo turno, che si terrà domenica, per vedere se l’estrema destra otterrà la maggioranza assoluta o meno. Il progresso dell’estrema destra in Francia come altrove in Europa mi suscita una certa dose di pessimismo perché non credo che le soluzioni propugnate in Francia come altrove rappresentino una risposta ai problemi attuali. Temo che la Francia diventi un Paese ingovernabile, perché molto probabilmente non avrà una maggioranza funzionante all’Assemblea Nazionale e quindi il ruolo della Francia in Europa rischia di non essere più quello di adesso».
Quale sarebbe l’impatto sull’Unione europea?
«La Francia è uno dei grandi Paesi europei. Se da lunedì prossimo fosse ingovernabile, avremo un elemento del tradizionale motore dell’Europa che sarà in panne. Se questa nuova debolezza francese si aggiungerà a una perdita di influenza della Germania, che è già percepibile dal momento che spesso il governo tedesco, composto da tre partiti molto spesso in disaccordo, non riesce ad avanzare, il motore franco-tedesco non avrà più il ruolo che aveva una volta e quindi bisognerà vedere quali saranno le conseguenze immediate. Non si deve però sovrastimare la coppia franco-tedesca, ci sono altri attori accanto a loro. Ma non si può essere positivi».
Meloni si è astenuta al Consiglio europeo su von der Leyen. Come valuta la scelta?
«Non è un fatto nuovo. Quando fui designato nel 2014, Cameron e Orbán votarono contro di me: è la democrazia europea che si esprime attraverso le scelte dei primi ministri. Il voto dell’Italia è spiacevole ma non bisogna esagerarne il significato».
Von der Leyen riuscirà a farsi eleggere dal Parlamento europeo? «Probabilmente ci saranno delle defezioni nel gruppo della maggioranza che conta circa 400 deputati, ma credo che von der Leyen sarà eletta perché può presentare un bilancio che è positivo».
Von der Leyen non può chiedere il voto dell’estrema destra. È giusto?
«Fui eletto con i voti contrari di Fidesz e del Pis che invece 5 anni fa appoggiarono von der Leyen. Le grandi famiglie politiche tradizionali dei democratici-cristiani, dei socialisti e dei liberali hanno ragione a non volere una coalizione formale con gli amici di Meloni. Ma se sulla base del programma che sarà sviluppato da von der Leyen, ci fossero alcuni deputati di Fratelli d’Italia che voteranno a suo favore, visto che il voto è segreto non si può rifiutare il sostegno di alcuni rappresentanti dei partiti di estrema destra. Non dovrebbero però stringere un accordo. I partiti politici tradizionali devono opporsi all’estrema destra, che non sarà una forza decisiva nel Parlamento europeo».
Niente accordo con FdI?
«Se il Ppe facesse una coalizione formale con Fratelli d’Italia o con altre forze di estrema destra perderebbe l’appoggio del gruppo socialista e liberale, quindi il Ppe sarebbe mal consigliato. Meloni in Europa ha giocato la partita fino ad ora. Ma non ho dimenticato le argomentazioni all’epoca delle elezioni italiane, quello che ha detto sull’Europa prima di prendere posto intorno al tavolo del Consiglio europeo. O non ha detto la verità prima o adesso: sarebbe comunque un partner molto poco affidabile».
Meloni è per la sussidiarietà in Europa. È un pericolo?
«Chi è a favore della sussidiarietà non è necessariamente contro la costruzione europea perché l’Ue non sarà mai gli Stati Uniti d’Europa. Sono allergico all’idea di Stati Uniti d’Europa: le nazioni non sono un’invenzione temporanea della Storia, non possiamo costruire l’Europa contro le nazioni. Ma il nazionalismo, se esasperato, significa la fine dell’Europa. Sono per la sussidiarietà perché vorrei che l’Europa si occupasse delle cose che sa fare meglio rispetto agli Stati o alle regioni o agli enti locali. Però la sussidiarietà deve andare di pari passo con la solidarietà, che è un obbligo europeo imprescindibile».
Quali sono le sfide dell’Ue nei prossimi anni?
«Gli obiettivi principali dell’ultimo periodo restano gli stessi: la sfida climatica con il Green Deal che deve essere applicato come è stato deciso. La dimensione sociale va cementata e concretizzata. La politica di difesa deve essere equa senza competere con la Nato. L’Ue non può retrocedere sennò perde la strada».
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