Xi arriva in Europa, il suo Grande Fratello lo ha preceduto
Scrivo alla vigilia dell’arrivo di Xi Jinping in Europa: è il suo primo viaggio da quasi cinque anni, in mezzo ai quali c’è stata la pandemia, la guerra in Ucraina, quella in Medio Oriente. Visiterà Francia Ungheria Serbia. Il presidente cinese troverà un’Europa cambiata, meno ben disposta nei suoi confronti. La scelta dell’Italia di non rinnovare l’adesione alla sua Belt and Road Initiative (da noi detta anche “Nuove Vie della Seta”) è solo uno dei tanti segnali di revisione dei rapporti. Gli europei sembrano aprire gli occhi (forse con un ritardo irrimediabile?) sugli squilibri, la competizione sleale, gli eccessivi livelli di dipendenza.
Il caso della Nuctech, che vigila alle frontiere
È istruttivo il caso della Nuctech, un’azienda cinese messa di recente sotto indagine da parte delle autorità europee: i suoi uffici in Olanda e in Polonia sono stati perquisiti. La Nuctech è un nome sconosciuto al grande pubblico, eppure chissà quante volte l’abbiamo “incrociata” senza saperlo, soprattutto se siamo dei viaggiatori. Produce macchine-scanner ai raggi X utilizzate nei controlli di sicurezza: per esempio sui nastri trasportatori degli aeroporti, per segnalare se un bagaglio contiene esplosivi o altri oggetti vietati; analoghi macchinari ancora più grossi e sofisticati in dotazione ai porti per controllare i carichi delle navi e i contenuti dei container. Esiste anche una versione delle apparecchiature Nuctech usata alle frontiere terrestri, per controllare a distanza i contenuti dei Tir e delle automobili che attraversano un confine. Di recente, secondo una segnalazione del Wall Street Journal, la Finlandia ha comprato una di queste apparecchiature per rafforzare i controlli alla frontiera con la Russia, sotto pressione per un crescente ingresso di immigrati illegali. Un’altra infrastruttura Nuctech è stata comprata dall’Irlanda al confine con l’Irlanda del Nord, dopo Brexit. Secondo il Dipartimento di Stato Usa la Nuctech alla fine del 2020 si era conquistata il 90% del mercato europeo nelle apparecchiature di controllo dei trasporti marittimi, il 50% nel settore della sicurezza aeroportuale per bagagli e cargo. In base a questi dati non è esagerato affermare che la sicurezza delle frontiere europee è in mano alla tecnologia di un’azienda cinese. Il Grande Fratello digitale che in Cina sorveglia 1,4 miliardi di persone, è anche un prodotto esportabile.
Capitalismo dinastico, e aziende di Stato
Il caso Nuctech è significativo per molte ragioni. Questa non è un’azienda qualsiasi. Fu fondata come una start-up nientemeno che dal figlio del predecessore di Xi Jinping, il presidente Hu Jintao in carica dal 2003 al 2013. Il figlio di Hu la creò e la diresse a partire da un centro di ricerca della Tsinghua University di Pechino, seguendo il modello della Silicon Valley californiana dove tante start-up innovative nascono nei campus universitari. Poi nel 2019 la maggioranza delle azioni della Nuctech fu venduta alla China National Nuclear Corporation, colosso dell’industria di Stato che gestisce le centrali nucleari. Sono molti gli aspetti interessanti di questa vicenda, a partire dal coinvolgimento della famiglia di Hu Jintao. Era un tratto tipico degli anni Duemila, che mogli e figli dei leader comunisti avessero ruoli di rilievo nel capitalismo cinese, con il conseguente accumulo di enormi ricchezze private nelle mani della nomenclatura di partito. Dal 2012 Xi Jinping ufficialmente ha dichiarato guerra a quel sistema, con le sue campagne anti-corruzione ha decapitato anche una parte dei vertici del partito e delle forze armate. La famiglia dello stesso Xi era stata “chiacchierata” molto, prima che lui arrivasse al vertice del potere dodici anni fa. In seguito sembra che il clan Xi abbia per lo meno ridotto la sua visibilità negli affari. In quanto a Hu Jintao, resta memorabile la sua triste uscita di scena all’ultimo congresso del partito, quando fu “scortato” all’uscita dalle guardie, secondo la versione ufficiale per motivi di salute, mentre Xi lo ignorava in modo plateale.
I sospetti di Bruxelles e l'indagine in corso
La Nuctech comunque aveva lasciato l’alveo del capitalismo dinastico per finire nella sfera del capitalismo di Stato, seguendo così una traiettoria tipicamente cinese. Come ha fatto poi a conquistarsi una leadership tecnologica e una posizione dominante sul mercato europeo, fino ad avere un ruolo strategico nella sicurezza delle frontiere? I dirigenti di aziende rivali in Occidente hanno sospettato a lungo che la Nuctech abbia violato i loro segreti industriali. La sua penetrazione in Europa è avvenuta applicando un metodo collaudato: i prezzi delle sue forniture sono sistematicamente inferiori a quelli della concorrenza. In certi casi, poiché aeroporti e porti e dogane lanciano bandi pubblici di concorso, la Nuctech era l’unica o quasi a presentare le sue offerte, talmente i suoi prezzi erano più bassi di tutti gli altri. Ora la Commissione UE ha raccolto indizi sufficienti per aprire indagini sulla Nuctech per concorrenza sleale, legata a sussidi di Stato.
Il caso Nuctech è solo uno dei tanti dossier che segnalano un deteriorarsi del clima tra Europa e Cina.
Auto, biomedico: altre azioni UE contro la Cina
Tra le azioni recenti promosse dalla Commissione Ue figurano anche delle indagini su due settori-chiave per l’invasione del “made in China”: le auto elettriche e le apparecchiature biomediche. In ambedue i casi l’Europa subisce un’invasione di importazioni a basso costo. In ambedue i casi Bruxelles sospetta che le aziende cinesi operino in dumping, cioè vendano i loro prodotti a prezzi ancora inferiori ai costi di produzione, grazie agli aiuti che ricevono dal loro governo. Questo tipo di comportamento, se dimostrato, è una violazione delle leggi internazionali sul commercio e rende legittima una ritorsione. In ambedue i casi, infine, l’Europa si è messa o si sta mettendo in una situazione di dipendenza e di vulnerabilità. Questo era già accaduto negli anni passati, e resta valido tuttora, per i pannelli solari: dove la concorrenza cinese ha fatto fallire un gran numero di aziende europee, per cui non è chiaro se l’Europa sarebbe in grado di tornare a produrre in casa propria ciò di cui ha bisogno.
L'Ucraina nei colloqui con Macron e Ursula von der Leyen
Xi arriva in Francia in una fase in cui il peggioramento delle relazioni va oltre la sfera economica e commerciale. Sul clima dei rapporti con Pechino ha influito in modo decisivo prima la pandemia (le bugie e omissioni con cui la Repubblica Popolare ha ritardato le misure di prevenzione nel resto del mondo), poi la guerra in Ucraina dove l’appoggio cinese è stato determinante per Putin. Negli ultimi mesi l’Amministrazione Biden si è convinta che la Cina abbia addirittura aumentato il proprio sostegno alla Russia. Non è possibile trovare una giustificazione per il sostegno incondizionato di Xi a Putin, se non l’ostilità comune contro l’Occidente e la volontà d’indebolire la Nato. La questione ucraina sarà in primo piano nei colloqui che Xi avrà con Emmanuel Macron e Ursula von der Leyen.
Il presidente cinese da parte sua lamenterà il “protezionismo” crescente dell’Europa. Sono in vista possibili dazi Ue, con motivazioni ambientaliste, che dovrebbero colpire soprattutto le importazioni dalla Cina. Inoltre l’Europa si sta accodando agli Stati Uniti, sia pure lentamente e con mezzi minori, nell’adottare politiche industriali a base di aiuti di Stato per rafforzare le proprie aziende. Tutto ciò che Pechino denuncia come “protezionismo”, in realtà appartiene a un ricettario che la Repubblica Popolare ha utilizzato prima di tutti gli altri.
Apertura sugli investimenti cinesi
Su altri temi l’atteggiamento europeo è più duttile e disponibile. Un esempio è la questione degli investimenti cinesi. Il governo Meloni ha sondato l’interesse di una casa automobilistica cinese (Dongfeng) per produrre vetture in Italia. La Germania pensa di allentare alcuni controlli e restrizioni sugli investimenti delle aziende cinesi sul suo territorio. La logica ricorda quella che ispirò il presidente americano Ronald Reagan negli anni Ottanta nei confronti del Giappone: stop all’invasione di importazioni che distruggevano posti di lavoro americani, benvenuti invece gli investimenti di multinazionali giapponesi che costruivano fabbriche in America e creavano lì nuova occupazione. Il caso cinese ha molte differenze con quello giapponese – a cominciare dall’antagonismo geopolitico – però un atteggiamento differenziato tra invasione commerciale e investimenti produttivi può essere sensato.
Infine del viaggio di Xi attiro l’attenzione sulla tappa a Belgrado. Coinciderà con il 25esimo anniversario della guerra del Kosovo, quando l’ambasciata cinese in Serbia subì un bombardamento americano che fece tre morti. Era il 7 maggio 1999. Tornerò su quell’episodio storico, il suo significato e la sua eredità.
4 maggio 2024
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