Chi è Ali Khamenei, l'uomo più potente dell'Iran: gli arresti, i sei figli, l'ascesa (a sorpresa) al ruolo di Guida Suprema e la delicata scelta di unsuccessore
L'ayatollah Khamenei è la persona più potente dell'Iran: da oltre 30 anni è la figura chiave politica e religiosa del Paese. La Guida Suprema ha autorità sulla polizia morale e controlla i pasdaran. Chi potrebbe prendere il suo posto?
Sayyid Ali Hosseini Khamenei, nato il 19 aprile 1939 a Mashhad nella provincia del Khorasan, è dal 1989 la Guida Suprema della Repubblica islamica dell'Iran: l'uomo più potente del Paese. Secondo figlio di Javad Khamenei, un religioso sciita di origini azere, Ali è cresciuto in un ambiente modesto ma impregnato di devozione religiosa. Inizia i suoi studi in una maktab, una scuola elementare tradizionale in cui si insegna ai bambini la lettura, la scrittura e dove si studia e si memorizza il Corano. Poi frequenta l'Hawza, ovvero un seminario religioso sciita.
Nel 1958, all'età di 19 anni, Khamenei si trasferisce a Qom, centro nevralgico degli studi teologici sciiti. E sotto la guida di eminenti ayatollah come Ruhollah Khomeini e Hossein Borujerdi approfondisce la sua conoscenza del fiqh (giurisprudenza islamica) e della filosofia. Qui entrerà in contatto con le idee rivoluzionarie che avrebbero plasmato il suo futuro politico.
Gli anni '60 vedono Khamenei emergere come un giovane attivista contro il regime dell'ultimo scià: Mohammad Reza Pahlavi. Nelle moschee diffondeva messaggi di resistenza velati da sermoni religiosi: viene arrestato sei volte tra il 1962 e il 1975. Nel 1964 trova anche il tempo di sposarsi con Mansoureh Khojasteh Bagherzadeh: la coppia ha 6 figli, quattro maschi e due femmine.
Mandato in esilio per quasi tre anni (1975-1977), o meglio confinato in patria, nella città di Iranshahr a causa delle sue «attività rivoluzionarie», nel 1978 diventa una figura centrale nell'organizzazione delle proteste culminate nella Rivoluzione del 1979, che trasforma il Paese da una monarchia a una Repubblica islamica sciita.
Dopo la caduta dello scià, la sua lealtà a Ruhollah Khomeini, prima Guida suprema dell'Iran, viene ricompensata con una rapida ascesa politica. Prima viene nominato imam della preghiera del venerdì a Teheran, poi nel 1981 è già segretario generale del Partito repubblicano islamico e viene eletto presidente della Repubblica Islamica. Mesi prima era sopravvissuto a un attentato: una bomba fatta esplodere durante una conferenza stampa. I suoi due mandati presidenziali (fino al 1989) coincidono con la guerra tra Iran e Iraq, conclusa con l'intervento dell'Onu, la cui risoluzione venne accettata dai due Stati belligeranti.
Guida Suprema dell'Iran
Il 4 giugno 1989, Alla morte di Khomeini, l'Assemblea degli Esperti lo sceglie come nuovo Rahbar , ovvero Guida Suprema, nonostante non avesse il rango di Grande Ayatollah. Una decisione a sorpresa che fu in parte facilitata da una modifica costituzionale che permise la sua nomina.
Come Guida Suprema, Khamenei ha gradualmente consolidato il suo potere nella teocrazia iraniana, estendendo la sua influenza su tutti gli aspetti della vita quotidiana. Ha rafforzato il ruolo delle Guardie della Rivoluzione (pasdaran) e della polizia morale. In politica interna ha mantenuto una linea fortemente conservatrice. La sua risposta al «Movimento Verde» del 2009, che contestava la rielezione del presidente Mahmoud Ahmadinejad, ha segnato un punto di svolta in negativo nel suo rapporto con una parte significativa della popolazione iraniana.
La sua politica estera, invece, è anti-Occidente, con gli Stati Uniti definiti come il «Grande Satana». Ha sempre fortemente sostenuto il programma nucleare iraniano, trascinando il Paese nel vortice delle sanzioni. E ora, per la seconda volta negli ultimi 4 mesi, ha ordinato un attacco contro Israele: ad aprile in risposta al raid dell'Idf contro il consolato iraniano a Damasco (Siria), adesso per l'omicidio mirato del capo politico di Hamas Ismail Haniyeh avvenuto il 31 luglio a Teheran.
La delicata scelta del successore
A causa dell'età di Khamenei, la partita della successione sta diventando sempre più urgente. L'ayatollah da anni è impegnato nella scelta di un profilo che possa dare continuità alla Repubblica islamica. E l'inattesa morte di Ebrahim Raisi in un incidente in elicottero del 19 maggio ha cambiato i suoi piani: l'ex presidente iraniano era infatti tra i favoriti per raccogliere la sua eredità. Considerato un protetto di Khamenei, Raisi piaceva poi alle fazioni estremiste iraniane.
Ora le speculazioni sul suo successore si sono spostate su Mojtaba Khamenei: 55 anni, è il secondo dei sei figli dell'ayatollah. Ali Khamenei vorrebbe scegliere lui, ma diversi altri leader religiosi del Paese avrebbero contestato le sue credenziali. Non ha infatti raggiunto un alto rango nella gerarchia clericale sciita, fattore considerato necessario per assumere l'incarico. E per diversi analisti, la sua statura religiosa e politica potrebbe non essere ancora sufficiente per ricoprire il ruolo. Infine, dettaglio non di poco conto, la Guida Suprema dell’Iran non è una carica ereditaria: passa dalla nomina dall'Assemblea degli Esperti, che deve arrivare all'unanimità.