Btp, dollari e corone norvegesi: come investire nei titoli di Stato in valuta, con i rendimenti al 5%

Btp, dollari e corone norvegesi: come investire nei titoli di Stato in valuta, con i rendimenti al 5% Btp, dollari e corone norvegesi: come investire nei titoli di Stato in valuta, con i rendimenti al 5%

Siamo all’epilogo: venerdì 17 novembre, a mercati finanziari statunitensi chiusi, anche Moody’s, l’agenzia di rating percepita come la più severa, renderà noto il suo giudizio sul debito pubblico del nostro Paese. In realtà, il primo dicembre anche un’agenzia europea, Scope rating, esprimerà la propria valutazione, che sarà davvero l’ultima, per questa tornata di esami. Analisti finanziari, gestori di patrimoni e investitori appaiono divisi, laddove si chieda loro quale potrebbe essere la valutazione dell’agenzia di oltre Atlantico. La maggior parte, in ogni caso, ritiene che il grado di affidabilità del debito pubblico italiano non si attesterà a un livello inferiore all’attuale. In sostanza, pur all’ultimo posto della classifica resteremo ancora in zona definita investment grade. Non sembra un ottimismo di facciata, ma la convinzione che Btp e Cct rappresentino un porto sicuro cui approdare, per investire, in parte, i capitali di cui si dispone.

La strategia

Che cosa fare con il portafoglio obbligazionario? Nella tabella una selezione di emissioni in euro, dollari, sterline e corone che rendono anche fino al 5,6%, come il T bond che scade nel marzo 2024. Se la previsione di una non bocciatura dell’Italia dovesse avverarsi, non è da escludere che il livello dei rendimenti delle emissioni del Tesoro italiano possa stazionare sugli attuali valori. Per poi arrivare ad una graduale riduzione del livello raggiunto, in un arco temporale di diciotto-ventiquattro mesi, nel corso dei quali il valore dei rendimenti imboccherà un cammino discendente.

A questa prospettiva, seppure non immediata, s’accompagna il ritorno di una politica monetaria «espansiva», caratterizzata dalla riduzione dei tassi di riferimento delle banche centrali, statunitense, in primis, e, a seguire, Banca d’Inghilterra e Bce. A fronte della parziale riduzione dei rendimenti delle emissioni obbligazionarie e medio e lungo termine, ancora in questa fase il loro valore dovrebbe essere sensibilmente superiore ai livelli cui i rendimenti si attesteranno nel corso dei prossimi anni.

In Occidente

Il ragionamento non va fatto solo per le emissioni governative italiane, ma anche per quelle di altri emittenti occidentali, Stati Uniti compresi. Obiettivo è diversificare la tipologia dei debitori, anche se, esclusi i rendimenti d’oltre Atlantico, la maggior parte degli altri emittenti propongono ritorni reddituali inferiori a quelli del Tesoro italiano. Il bond di Intesa in franchi svizzeri 2027, per esempio, rende meno del 2%.

La corposa presenza di monete diverse dall’euro, sia in ambito continentale, sia con riferimenti extra Continente, tiene conto sia del desiderio di una parte di investitori di diversificare anche nella componente valutaria, sia dall’opportunità di sfruttare possibili cali di valore della moneta unica, alla luce delle tensioni ancora non sopite, e soprattutto non risolte, relative anche alla mancata adesione, per ora, del nostro Paese al Meccanismo europeo di stabilità, Mes.

L’idea

Scegliere titoli in moneta diversa dall’euro è tipico di chi dispone, in ogni caso, di una propensione al rischio di grado medio o medio alto. La ragione di fondo è legata alla doppia oscillazione di valori cui è soggetto l’investimento fatto: non solo variano i prezzi dell’obbligazione, ma anche quelli del rapporto di cambio. Sia chi optasse per i soli strumenti denominati in euro, sia per chi voglia inserire anche emissioni di altre monete, avrà in tabella un ventaglio di proposte con scadenze molto ravvicinate e anche con date di rimborso fissate ad arco temporale decennale.

Se la propensione al rischio non è elevata, meglio scegliere tra durate mediamente brevi denominate in euro, investendovi interamente la liquidità disponibile. Al contrario, chi ha una discreta propensione al rischio potrebbe destinare metà della disponibilità in emissioni in euro e l’altra a dollari, corone, sterline e franchi, scegliendo anche obbligazioni non governative.

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