Auto elettrica, perché Volkswagen, Ford, GM ora rallentano gli investimenti

Auto elettrica, perché Volkswagen, Ford, GM ora rallentano gli investimenti Auto elettrica, perché Volkswagen, Ford, GM ora rallentano gli investimenti

Da qui al 2027 le case automobilistiche hanno pianificato investimenti per 616 miliardi di dollari sull’elettrificazione, raddoppiando gli stanziamenti previsti solo due anni fa. O, per meglio dire, avevano pianificato. Nelle ultime settimane, infatti, più costruttori hanno annunciato una rimodulazione delle strategie sulla transizione energetica. General Motors ha rinviato di almeno un anno la produzione di tre modelli a batteria e cancellato una collaborazione da 5 miliardi con Honda per sviluppare veicoli elettrici a basso costo. Ford ha rimandato un piano da 12 miliardi per aumentare la propria capacità produttiva di «Bev» (battery electric vehicle). Volkswagen ha messo in pausa la ricerca di un quarto sito in Europa per le sue fabbriche di batterie. «Sulla base delle condizioni di mercato, al momento non vi è alcuna logica industriale nel costruire un nuovo impianto di batterie» in Repubblica Ceca, ha ammesso Oliver Blume, presidente del colosso tedesco. Persino Tesla ha deciso di posticipare la costruzione di una gigafactory in Messico. Nel giustificare queste decisioni, tutti e quattro i gruppi hanno citato «la frenata della domanda». Chi ha tolto la spina all’elettrico?

Il calo della domanda

«È in atto un fisiologico aggiustamento delle aspettative di crescita, collegato all’ incertezza sullo scenario economico, all’effettiva attuazione dei regolamenti europei sulle emissioni, ai costi di acquisto e allo sviluppo dell’infrastruttura di ricarica», spiega Dario Duse, managing director e responsabile per l’Italia della società di consulenza AlixPartners. Sull’onda dell’euforia dei mercati finanziari per l’elettrico, negli ultimi anni molte case hanno comunicato progetti di investimento che oggi la domanda non pare più sostenere. Per assorbire l’aumento della capacità produttiva previsto in quei piani, infatti, la quota di mercato globale dei veicoli elettrici dovrebbe raggiungere il 35% nel 2030. L’anno scorso, invece, la penetrazione dei Bev si è attestata all’11% e ai ritmi attuali di crescita pare difficile possa triplicare entro la fine del decennio. «In Europa la quota di elettriche tra gennaio e settembre è stata del 14%, il 30% in piu del 2022, ma il tasso sta rallentando anche perché la quota delle Bev non è più trascurabile e quindi diventa più difficile da aumentare a tassi molto elevati», aggiunge.

L’impatto dei tassi d’interesse

Seppur ancora in salita, insomma, la curva delle auto elettriche si sta facendo meno ripida, non solo in Ue. «Negli Stati Uniti — calcola Duse — lo stock di Bev presso i concessionari è raddoppiato da inizio anno (da circa 50 a 100 giorni), mentre quello delle vetture a combustione è rimasto costante» La differenza di prezzo fra le vetture a benzina o diesel e quelle elettriche rimane del resto elevata, acuita dall’incremento degli interessi sui finanziamenti auto. «Sono preoccupato per il contesto di tassi d’interesse elevati in cui ci troviamo — ha avvertito il fondatore di Tesla, Elon Musk —. Non potrò mai sottolineare abbastanza che per la maggior parte delle persone l’acquisto di un’auto dipende dall’entità della rata mensile». O degli incentivi: prova ne sia il tracollo delle immatricolazioni di Bev in Germania (-29% a settembre), da che il governo ha tolto i sussidi pubblici per le flotte aziendali. In Italia, poi, l’elettrico stenta proprio a partire: nei primi 10 mesi del 2023, calcola Motus-E, sono state immatricolate 51.513 auto a batteria (+30,8), ma loro quota di mercato è ferma al 3,9%.

Le discussioni in Europa

Il minor entusiasmo dei costruttori per l’elettrico, però, non è figlio solo del calo della domanda, ma anche delle oscillazioni normative. In Europa, dopo il compromesso sugli standard di emissione Euro 7 e l’apertura ai carburanti sintetici, alcuni partiti premono per ulteriori eccezioni al bando previsto ai motori endotermici nel 2035 e altri addirittura per la sua cancellazione. E l’impressione è che la regolamentazione sia appesa all’esito delle elezioni di giugno per il Parlamento Ue. Negli Usa, poi, l’auto elettrica è diventata addirittura uno dei maggiori terreni di scontro fra progressisti e conservatori.

Lo scontro negli Stati Uniti

«Non pensavo che avrei mai assistito a un tale livello di politicizzazione dei nostri prodotti», ha osservato Bill Ford, presidente esecutivo della casa fondata dal bisnonno Henry, in un’intervista al New York Times. «Gli Stati blu (governati dai democratici, ndr.) dicono che le auto a batteria sono grandiose e vanno adottate il prima possibile per il clima — ha spiegato —. Gli Stati rossi (repubblicani, ndr.) sostengono invece che i veicoli elettrici sono come il vaccino contro il Covid, cacciati in gola dal governo contro la loro volontà». È probabile che questa seconda posizione prevalga se Donald Trump vincerà le prossime presidenziali in programma nel 2024. Cosa ne sarà a quel punto degli incentivi alla domanda e all’offerta di auto elettriche negli Stati Uniti? Con un tale livello di incertezza diventa difficile per le case programmare investimenti miliardari e dal ritorno a lungo termine.

Le nuove strategie

Si capisce allora perché l’approccio prevalente sia diventato il «wait and see». «Molti costruttori hanno ormai una gamma elettrica che copre gran parte dei segmenti di mercato — ricorda Duse —. Ulteriori investimenti saranno valutati in funzione dell’effettivo andamento della domanda, anche perché nel frattempo la discesa dei prezzi – spinta da Tesla – sta rendendo ancor più negativo il contributo delle Bev ai margini per i costruttori». Le vendite di auto elettriche, conclude, «continuano e continueranno ad aumentare, ma probabilmente con un’accelerazione inferiore a quella degli ultimi anni».

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