
La guerra a Gaza sei mesi dopo: le vittime, che cosa ha ottenuto Israele e che cosa succede ora
LONDRA – Sei mesi di guerra a Gaza. Iniziato il 7 ottobre con l’aggressione di Hamas nel Sud di Israele, il conflitto in corso nella striscia di terra palestinese è già uno dei più lunghi in tre quarti di secolo di confronto armato arabo-israeliano. William Burns, direttore della Central Intelligence Agency (Cia), l’agenzia di spionaggio americana, è in questi giorni di nuovo al Cairo per partecipare a un altro round di negoziati per il rilascio di tutti gli ostaggi israeliani ancora in mano ad Hamas e un cessate il fuoco a lungo termine o permanente, che apra la strada verso la pace e la sospirata “soluzione di due Stati”.
Dopo il pogrom di Hamas di sei mesi or sono, risultato nella morte di oltre 1.200 israeliani, il peggiore massacro di ebrei in un singolo giorno dall’Olocausto in poi, e la cattura di più di 250 ostaggi, lo Stato ebraico indicò che la sua risposta avrebbe avuto un duplice obiettivo: la distruzione di Hamas, affinché non possa mai più diventare una minaccia per Israele, e la liberazione degli ostaggi.

Da quel giorno l’offensiva militare israeliana ha provocato la morte di 33mila palestinesi, in larga misura donne e bambini, secondo cifre fornite dal ministero della Sanità di Gaza amministrato da Hamas, e la distruzione di un’ampia parte della Striscia. Ma è stato realizzato l’obiettivo proclamato dal governo di Gerusalemme? Attraverso cifre fornite dalle forze armate israeliane e rapporti dell’Onu o di ong umanitarie, la sezione Verify (Verificare) della Bbc ha provato a rispondere a questa domanda: un bilancio della guerra, sei mesi dopo.

Quanti leader e combattenti di Hamas sono stati uccisi?
Prima della guerra odierna, Israele stimava che Hamas avesse una forza di circa 30mila militanti a Gaza. Molti dei leader politici dell’organizzazione jihadista, considerata un gruppo terrorista da Stati Uniti, Unione Europea e altri Paesi, vivono da anni all’estero, in Qatar, Libano e altri Paesi arabi, incluso Ismail Haniyeh, il leader supremo della cosiddetta ala politica di Hamas, ma molte delle sue strutture militari sono nella Striscia. In recenti dichiarazioni, l’Idf (forze di difesa israeliane) afferma di avere ucciso 13mila combattenti di Hamas dal 7 ottobre a oggi, senza fornire dettagli su come è stata calcolata una cifra simile. Altri rapporti israeliani sostengono di avere eliminato due terzi dei battaglioni in cui è suddivisa la forza militare di Hamas.

Israele ha anche pubblicato una lista di 113 palestinesi identificati come leader di Hamas uccisi nei primi sei mesi di guerra. Nella stragrande maggioranza, sono stati eliminati nei primi tre mesi del conflitto: tra gennaio e metà marzo, l’Idf non ha riportato la morte di nessun leader di Hamas. Poi, il 26 marzo, ha reso noto di avere eliminato Marwan Issa, vicecomandante dell’ala militare del gruppo, che sarebbe il leader di Hamas di più alto grado ucciso dall’inizio del conflitto. Al di fuori di Gaza, in gennaio un alto responsabile dell’ala politica di Hamas, Saleh al-Arouri, è morto in un’esplosione a Beirut, in quello che viene considerato un attacco di Israele. Il capo militare di Hamas, ritenuto il cervello dell’aggressione del 7 ottobre, Yahya Sinwar, sembra tuttavia ancora vivo. “Sul piano simbolico, e su quello pratico di eliminare il controllo di Hamas sul territorio di Gaza”, dice alla Bbc Mairav Zonzstein, un analista del conflitto israeliano-palestinese dell’International Crisis Group, “Israele non è riuscita a eliminare la dirigenza suprema del gruppo”.

Quanti ostaggi rimangono a Gaza?
Secondo Israele, 253 persone, per la maggior parte cittadini israeliani, sono state catturate da Hamas il 7 ottobre nell’attacco nel Sud dello Stato ebraico. Di questi, 109, in maggioranza anziani, donne e bambini, sono stati rilasciati in autunno in una serie di scambi con circa tre volte tanti palestinesi detenuti in Israele; 3 sono stati liberati dalle forze israeliane in operazioni militari a Gaza; e sono stati recuperati i corpi di altri 11 ostaggi, compresi 3 che le forze israeliane hanno ammesso di avere ucciso per errore, scambiandoli per combattenti palestinesi. Dei rimanenti 130 ostaggi ancora in mano ad Hamas, Israele afferma che 34 sono morti. Hamas sostiene che gli ostaggi morti tuttora nelle sue mani sono di più, indicando che hanno perso la vita per i bombardamenti israeliani, ma non è possibile verificare la veridicità di tali affermazioni. Fra gli ostaggi ritenuti vivi, il più giovane ha 18 anni e il più anziano 85. Una crescente parte dell’opinione pubblica israeliana ritiene che a questo punto l’unico modo per salvarli sia trattare con Hamas, concedendo un altro scambio con detenuti palestinesi e un lungo o definitivo cessate il fuoco.

Quanti tunnel di Hamas sono stati distrutti?
Come parte della promessa di distruggere Hamas, Israele ha indicato l’obiettivo di distruggere la fitta rete di tunnel sotterranei in cui Hamas si nasconde e dove, presumibilmente, tiene ora prigionieri gli ostaggi. Soprannominata “la metropolitana di Gaza”, si ritiene che abbia un’estensione totale di 500 chilometri. In parte la sua esistenza era nota, in particolare per quanto riguarda i tunnel al confine tra Gaza e l’Egitto, attraverso i quali Hamas faceva entrare armi ed esplosivo, più volte messi nel mirino da Israele in passato. Ma in parte l’ampiezza delle gallerie costruite nel corso del tempo sotto Gaza, con un formidabile impegno di energie e denaro, ha sorpreso perfino Israele: è l’arma segreta che ha permesso finora ad Hamas e ai suoi leader di resistere all’offensiva israeliana. L’Idf si limita a dire di avere distrutto “gran parte delle infrastrutture di Hamas a Gaza”. Sicuramente queste includono la distruzione o l’allagamento di un buon numero di tunnel. La Bbc ha contato riferimenti ufficiali alla scoperta di 198 tunnel e alla distruzione di 141 tunnel e 400 ingressi di tunnel dall’inizio del conflitto. Distruggere un ingresso non significa però distruggere un intero tunnel. E distruggere o allagare un tunnel particolarmente lungo o profondo comporta il rischio di uccidere ostaggi che potrebbero essere tenuti prigionieri all’interno. “Non penso che ci sia stata una completa distruzione della rete dei tunnel”, dichiara Daphné Richemond-Barak, esperta di guerra sotterranea dell’università israeliana di Reichman.
Quanti civili palestinesi sono morti? Quanti sono i rifugiati interni? E gli edifici distrutti?
Secondo dati del ministero della Sanità di Gaza, che fa parte del governo di Hamas, per cui la credibilità dei suoi bollettini viene messa in discussione da Israele ma è generalmente presa per buona dalla stampa e dalla comunità internazionale, 33mila palestinesi hanno perso la vita in sei mesi di guerra, il 70 per cento dei quali sarebbero donne e bambini. Secondo dati delle agenzie umanitarie dell’Onu, 1 milione e 700mila palestinesi, su una popolazione totale di 2 milioni e 200mila persone che abitavano a Gaza prima dell’inizio della guerra, hanno dovuto lasciare le proprie case e spostarsi in un’altra parte della striscia, seguendo le indicazioni di Israele per non essere colpiti dai bombardamenti. Scuole, ospedale, moschee e altri edifici pubblici, insieme a molte abitazioni private, sono stati distrutti dai raid missilistici dell’Idf. Secondo analisi via satellite della Bbc, il 56 per cento degli edifici di Gaza sono stati distrutti o danneggiati in sei mesi di guerra. Il costo per ricostruirli, quando la guerra finirà, sarà enorme e non è chiaro chi se ne farà carico: l’Onu, la comunità internazionale, la Lega Araba.

Cosa può succedere adesso?
I Paesi arabi sarebbero probabilmente in prima fila con gli aiuti in un dopoguerra, ma solo se sarà un’entità palestinese a governare Gaza. Il che presenta due problemi: Israele non permetterebbe certo che Hamas continui a governare la Striscia; ma fino a che non sarà messo in moto un piano di pace, non è possibile immaginare che a governare Gaza sarà l’Autorità Nazionale Palestinese del presidente Abu Mazen, l’organismo sempre più fragile che governa i Territori Autonomi in Cisgiordania, come faceva fino al 2006, quando perse le elezioni e Hamas la espulse con la violenza dalla striscia. Sei mesi dopo l’inizio della guerra, conclude la sezione Verify della Bbc, “non è chiaro se Israele ha realizzato i suoi obiettivi”. Continuare la guerra per realizzarsi militarmente espone Gerusalemme al rischio di una rottura con gli Stati Uniti e altri alleati occidentali, sempre più critici verso i danni collaterali del conflitto, specie dopo la morte nei giorni scorsi di sette operatori umanitari, uccisi apparentemente per errore da missili israeliani. Un negoziato potrebbe ottenere il rilascio degli ostaggi israeliani in cambio di detenuti palestinesi, ma Hamas e la comunità internazionale pretendono anche il cessate il fuoco, mentre d’altro canto Israele pretenderebbe probabilmente l’espulsione perlomeno dei leader di Hamas da Gaza, per non lasciarli uscire indenni dai tunnel a cantare vittoria: sono i punti più ostici della trattativa che il capo della Cia William Burns cerca ancora una volta di portare a termine in questi giorni al Cairo.