Inchiesta di Genova, il no alla scarcerazione di Signorini: «Non si rende conto della gravità dei suoi atti»
Il gip nega la libertà all’ex presidente del Porto, che ha definito i suoi comportamenti «inopportuni», nonostante i riscontri della Gdf sulle tangenti ricevute da Spinelli
DAL NOSTRO INVIATO
GENOVA - Troppo riduttivo definire solo «inopportuni» i rapporti che lo legavano indissolubilmente ad Aldo Spinelli: Paolo Signorini non sembra rendersi conto del «disvalore» del suo comportamento nell’aver accettato da presidente dell’Autorità portuale di Genova regali e soldi dal re della logistica portuale, scrive il giudice. Anche per questo non può lasciare il carcere dove si trova dal 7 maggio nell’inchiesta per corruzione che ha portato agli arresti domiciliari il Governatore della Liguria Giovanni Toti.
Con il provvedimento con cui ieri ha respinto la richiesta di Signorini di uscire dal carcere di Marassi, il gip Paola Faggioni non trova alcuna ragione per concedergli almeno i domiciliari ai quali i pm di Genova guidati da Nicola Piacente avevano dato parere negativo. Lo avevano fatto immediatamente dopo l’interrogatorio del 27 maggio dell’ex presidente dell’Autorità portuale, che è l’unico dei 30 indagati ad essere in cella.
I 15mila euro da Spinelli: solo una parte delle tangenti ricevute
«Ha riconosciuto la sostanziale inappropriatezza di una frequentazione con quello che ha sempre ritenuto un amico. Col senno di poi, ha capito che il suo non era un comportamento adeguato», aveva anticipato l’avvocato Enrico Scopesi dopo appena due ore e mezza di un interrogatorio che non aveva soddisfatto per niente i pubblici ministeri.
Il no alla scarcerazione apposto dal giudice per le indagini preliminari è basato anche sulle dichiarazioni di Signorini riguardo i 15 mila euro che avrebbe ricevuto da Spinelli per pagare il catering del matrimonio di sua figlia. Ha detto che i soldi non li aveva avuti da scio’ Aldo, come chiamano Spinelli tra le banchine del porto, ma da un’amica alla quale li ha restituiti quando ha vinto 40 mila euro al casinò. Per l’accusa, invece, quei 15 mila euro sono una tangente, solo una minima parte di quello che ha ottenuto svendendo la sua funzione di pubblico ufficiale per aiutare Spinelli ad ottenere, anche su pressioni di Giovanni Toti, i provvedimenti che l’imprenditore voleva a tutti i costi e che hanno fatto decollare il valore della sua impresa della logistica. «Non mi sono mai fatto corrompere e non ho mai subito pressioni», aveva dichiarato ai magistrati.
Le 42 notti all'Hotel de Paris di Montecarlo e le giocate al Casinò
L’interrogatorio non era andato a fondo nemmeno quando si era parlato dei 22 weekend a Montecarlo (e 42 notti) nel lussuoso Hotel de Paris a carico di Spinelli, compresi le puntate al casinò, la borsa Chanel e il braccialetto Cartier da 7.200 euro per le amiche che lo accompagnavano, o quando è stata evocata la promessa di un lavoro da 300 mila euro l’anno a Roma una volta uscito dall’Authority che, come tutto il resto, l’accusa mette nel conto delle tangenti che ha messo in tasca. Spinelli avrebbe costruito abilmente un rapporto diretto con Signorini, molto probabilmente per non dover passare più da Toti.
La passione per i tavoli da gioco e l'«asservimento ai privati»
Entrambi lo definiscono come un’ amicizia cementata con la passione comune per i tavoli da gioco nonostante la notevole differenza di età: il primo ha 84 anni, il secondo 60. «L’iter delle pratiche è stato regolare, non ho svenduto la mia funzione, ho operato solo nell’interesse del porto e degli operatori portuali», aveva rivendicato con i magistrati il presidente dell’ Authority. Per l’accusa, invece, «ha una personalità del tutto incurante dell’interesse pubblico» con un totale «asservimento» ai privati. In questo quadro complessivo, per il gip le esigenze cautelari restano completamente immutate.
Il rischio di inquinamento delle prove
Ad esempio, permane il rischio che, una volta libero, Signorini possa inquinare le prove, e questo nonostante gran parte degli elementi di accusa arrivino da un fiume di intercettazioni fatte dalla Guardia di Finanza in quasi tre anni di indagine. La difesa contesta anche il sospetto che possa commettere altri reati dello stesso tipo, dato che non è più il presidente dell’Autorità portuale ed è stato sospeso anche dal Iren, la multiutility di cui è amministratore delegato, ma dalla quale, evidenzia il gip, non ha avuto remore ad assegnare una consulenza da 200 mila euro all’imprenditore Mauro Vianello, coinvolto nell’inchiesta perché gli avrebbe dato una tangente da 6.600 euro. Presto in Procura riprenderà la sfilata di testimoni. Dopo l’intervento chirurgico di ieri, per il momento non ci sarà il sindaco di Genova Marco Bucci il cui nome (non è indagato) compare per la vicenda Rinfuse. Se ne parlerà quando dopo la convalescenza.