Biden accoglie i 38 leader della Nato. E intanto tratta per sopravvivere
Il presidente americano ottiene il sostegno dei deputati afroamericani e ispanici: «Chi terrà insieme l'Alleanza come ho fatto io?»
DALLA NOSTRA INVIATA
WASHINGTON - Quando il presidente Biden e i suoi consiglieri pianificarono il vertice della Nato a Washington dal 9 all’11 luglio, puntavano a lanciare un messaggio di unità al presidente russo Putin e a rimarcare la differenza tra l’attuale leader americano e Donald Trump. Ma mentre i 38 leader arrivavano ieri si respirava nella capitale l’incertezza sul futuro politico di Joe Biden.
L’attuale presidente aveva sei anni quando nell’Andrew W. Mellon Auditorium, a pochi isolati dalla Casa Bianca, fu firmato nel 1949 il trattato che sancì la nascita della Nato, in una cerimonia presieduta dall’allora presidente Harry Truman. Ogni gesto e ogni parola dell’ottantunenne Biden in quella stessa sala sono stati osservati ieri al microscopio nella celebrazione del 75° anniversario. E così sarà nel corso dei tre giorni del vertice.
Biden, forte dell’esperienza in politica estera e grande sostenitore delle relazioni transatlantiche, in una intervista a George Stephanopoulos della tv Abc venerdì scorso ha detto: «Chi terrà insieme la Nato come ho fatto io? Guardate il summit e come reagiscono gli Alleati: penso che sia un buon modo per giudicarmi».
Qualcuno non è convinto. «Marco Aurelio fu un grande imperatore ma fece un disastro con la successione al figlio inetto, Commodo — quello del Gladiatore — il cui regno disastroso iniziò il declino di Roma», ha scritto il ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski sul social network X.
Nel frattempo, Biden prende il telefono per contenere i danni nel suo partito: lunedì sera ha parlato con il gruppo dei parlamentari afroamericani e ottenuto il loro appoggio, seguito da quello del gruppo degli ispanici, alla vigilia della riapertura del Congresso e degli incontri a porte chiuse dei parlamentari democratici sul suo futuro. Biden ha parlato a deputati più giovani e progressisti come Alexandria Ocasio-Cortez nel weekend: «La questione è chiusa. Joe Biden è il nostro candidato, non si ritirerà e io lo appoggio», ha detto lei ai giornalisti.
Ma nonostante l’enorme sforzo nel contenere i danni del dibattito tv con Trump, le pressioni per il ritiro continuano. E nonostante l’appoggio dei leader del partito e il numero ridotto (9) di deputati democratici (nessun senatore) che hanno chiesto espressamente che si scelga un altro candidato alla Casa Bianca, molti restano in silenzio — tra loro ultimamente lo stesso Hakeem Jeffries, il leader della minoranza alla Camera — nella speranza forse che Biden arrivi alla conclusione da solo.
Il New York Times, in un nuovo editoriale (dopo quello che chiedeva il ritiro del presidente) invita ora il partito a parlargli chiaramente e subito, spiegandogli che la sua testardaggine consegnerà la vittoria a Trump a novembre.
Nella notte la Casa Bianca ha pubblicato una lettera che respinge le accuse dei media secondo cui «un esperto di Parkinson» avrebbe visitato Biden otto volte in otto mesi. Il neurologo Kevin Cannard ha visitato Biden tre volte, ogni anno, in coincidenza con l’esame del medico della Casa Bianca Kevin O’Connor (l’ultima volta a febbraio), ha dichiarato nella lettera quest’ultimo, notando che non ha problemi di Parkinson né altre malattie neurologiche e non lo ha mai visitato al di fuori di questi esami annuali.
Ma il sito Politico mette in dubbio «l’esame ottimistico» dello stesso O’Connor che ha definito Biden in grado di svolgere la presidenza, spiegando che è un caro amico di famiglia e un ex socio d’affari del fratello del presidente.
C’è un certo risentimento da parte dei giornalisti per come la Casa Bianca ha nascosto il peggioramento della salute di Biden, come racconta un lungo articolo del Wall Street Journal.