Tra i parenti dei prigionieri che inseguono Netanyahu «A che cosa serve uno Stato che abbandona i cittadini?»

di Davide Frattini

La rabbia di chi protesta: non si sa in quanti sono vivi. �Nessuna madre in nessun posto dovrebbe vivere questo dolore�

Tra i parenti dei prigionieri che inseguono Netanyahu: «A che cosa serve uno Stato che abbandona i cittadini?»

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
GERUSALEMME - Il primo ministro risiede a un centinaio di metri oltre il buio e la barriera tirata su dalla polizia, chiude l’ultimo tratto verso il palazzotto in pietra di Gerusalemme ma a essere bloccata � quasi tutta via Gaza. Risiede anche se non � la residenza ufficiale per il capo del governo. Quando Benjamin Netanyahu � tornato al potere dopo le elezioni nel novembre del 2022, la moglie ha insistito perch� la sede in via Balfour, non lontano da qui, venisse rinnovata, si era gi� lamentata in un’intervista tv delle crepe in cucina, dell’intonaco che cadeva sugli ospiti internazionali. Cos� da mesi la coppia primoministeriale � ospite di Simon Falic, magnate americano dei duty free.

I famigliari degli ostaggi li tampinano in tutto il Paese, con qualche base fissa (le tende davanti alla villa di Cesarea sulla costa a Nord), il presidio davanti a questa abitazione e ieri pomeriggio l’assedio al Parlamento, fino all’irruzione durante una seduta della commissione Finanze: dove — visto che si discuteva di allocare fondi — hanno urlato ai deputati �di pagare il riscatto� per il centinaio di rapiti ancora tenuti dai terroristi nei cunicoli della Striscia. Oppure di andarsene e lasciare ad altri il compito di rappresentarli.

La madre di Hersh Goldberg-Polin si appiccica sul petto un pezzo di nastro per ogni giorno che il figlio di 23 anni resta in cattivit�. Sono 108. E’ stato sequestrato al festival rave nel deserto, i filmati lo mostrano mentre ributta indietro le granate lanciate dentro un rifugio anti-razzi alla fermata di un autobus. Ha perso un braccio. I suoi genitori non hanno perso la speranza.

Lee Siegel calcola il tempo passato dagli assalti del 7 ottobre e dalla cattura del fratello Kieth dal kibbutz Kfar Aza con un’equazione del dolore pi� complessa: �Mia cognata Aviva � stata rilasciata dopo 51 giorni, a questo punto sono passati 57 giorni dall’ultima volta che si sono visti e Kieth � rimasto laggi� pi� a lungo di lei�. Racconta che i carcerieri li hanno spostati almeno tredici volte e quando dovevano trasferirli in superficie — fuori dai 500 chilometri di gallerie scavati in questi anni da Hamas — li coprivano con il velo e le tuniche lunghe delle donne islamiche aspettando che sopra ci fosse un po’ di folla in cui mischiarli.

A questo raduno di chi ormai chiede le dimissioni di Netanyahu, in molti ricordano le trattative per la liberazione di Gilad Shalit, il soldato portato via al confine con la Striscia nel 2006: i jihadisti palestinesi chiedevano la scarcerazione di un migliaio di detenuti, cinque anni dopo proprio Netanyahu ha accettato di rilasciarne 1.027 per il caporale carrista. Cos� Lee ragiona: �� inutile parlare di numeri, neppure Hamas sa pi� quanti e chi siano i sequestrati in vita. La formula che il governo israeliano deve spingere � tutti per tutti, compresi i palestinesi arrestati dopo il 7 ottobre�.

Il premier ribadisce che cedere alle richieste dell’organizzazione – cessate il fuoco permanente e liberazione di tutti i detenuti – rappresenterebbe la �capitolazione�. Ieri ha incontrato i rappresentanti dei parenti e avrebbe assicurato di stare lavorando a una nuova intesa, come quella negoziata dal Qatar alla fine di novembre dell’anno scorso. Ripete per� che �la pressione militare serve a spingere� i capi di Hamas ai negoziati, �ma sono loro a non aver avanzato proposte�.

Un gruppetto ascolta le parole di uno dei famigliari. Premette di �non voler mettersi al posto dei generali o dei politici�: �Ma uno Stato che abbandona i suoi cittadini a che cosa serve?�. Sembra pensarla allo stesso il modo il 51,3 per cento degli israeliani: � favorevole – spiega un sondaggio – a un cessate il fuoco per il ritorno a casa degli ostaggi e alla normalizzazione delle relazioni con l’Arabia Saudita in cambio della nascita di uno Stato palestinese demilitarizzato.

Avda � qui sola come il nipote Edan Alexander, immigrato dal New Jersey per arruolarsi in Tsahal, li chiamano �soldati soli� perch� i genitori sono lontani. Shelly Shem Tov � vicina ma mai abbastanza: il figlio Omer � stato rapito alla festa techno nei campi attorno alla Striscia, l’ultima volta che l’ha visto era riverso sul pianale di un furgone, ripreso dai cellulari degli aguzzini con i polsi ammanettati, l’ultima volta che ha avuto notizie � quando i fratelli Regev, suoi amici, sono stati rilasciati: �Nessuna madre in nessun posto dovrebbe vivere questo dolore�.


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22 gennaio 2024 (modifica il 22 gennaio 2024 | 22:27)

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