“Decido io se sarò capolista alle Europee”: la sfida di Schlein alla minoranza Pd

ROMA — Per Elly Schlein quelli del «professor Prodi» sono «consigli». Certamente più benevoli di quelli che le rifilano Giuseppe Conte e Carlo Calenda (e cioè: non candidarti alle Europee). Come «consigli», ripete la leader del Pd in pubblico e in privato, li tratterà. Raccogliendoli, sì, ma riservandosi di non seguirli. «Farò le mie valutazioni». La leader è lei, d’altronde. Certo poi dovrà far digerire la scelta al partito e anche a un pezzo della sua maggioranza interna. Il suggerimento consegnatole l’altro ieri in tv dal padre nobile dell’Ulivo, cioè di non candidarsi per l’Europarlamento, dove comunque non siederà dopo il voto, e tantomeno di farlo correndo in tutte e cinque le circoscrizioni, ha comunque un effetto sul Nazareno. Anche perché l’ex premier ha battuto sullo stesso chiodo ieri, in Campidoglio, durante la commemorazione di David Sassoli, a due anni dalla scomparsa, organizzata dal capo-delegazione a Bruxelles, Brando Benifei.

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Il Prof, con cui Schlein si è salutata rapidamente, sorriso a favore di flash, prima di accomodarsi a diverse poltroncine di distanza, ieri ha premesso che non si trattava di uno «stop» personale. Ma ha ribadito la riflessione su tutta la linea: le pluri-candidature e in ogni caso le candidature finte sono «un vulnus per la democrazia. E se continuiamo a indebolire la democrazia in tutti i suoi aspetti, poi non ci lamentiamo se arriva la dittatura». Chiarissimo.

(ansa)

Il primo effetto è che nella cerchia di Schlein a questo punto spingono perché la segretaria annunci la sua scelta prima del previsto. Non più a marzo. Perché altri due mesi così, con tanti esponenti che si esprimono sulla sua corsa-non corsa, la esporrebbero a un logoramento inutile. Già hanno dichiarato in parecchi, sul punto. Non solo l’ex rivale delle primarie, Stefano Bonaccini, contrario alle pluri-candidature di «Elly». Anche l’ala sinistra, che l’aveva sostenuta al congresso, con due big come Peppe Provenzano e Andrea Orlando, non entusiasti di una corsa a tutto campo modello Meloni. Schlein ora non può annunciare di candidarsi a strettissimo giro, sembrerebbe un frontale col Professore. Ma potrebbe accelerare, comunicando la sua decisione entro fine mese o ai primi di febbraio. Un modo per sottrarsi agli attacchi incrociati delle correnti.

Non teme, Schlein, la narrazione che Conte prova a “spinnare”, come si dice nel gergo dei comunicatori. Cioè a far passare il messaggio che candidarsi per l’Eurocamera, senza poi andarci per restare a Montecitorio, sia un «inganno». «Se si spiega da subito» quale è l’obiettivo, cioè illustrare due visioni contrapposte dell’Europa, una sarebbe incarnata da lei, l’altra da Giorgia Meloni, non sarebbe alcun trabocchetto agli elettori.

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Tanti continuano a suggerire alla leader di calare nell’agone, a patto ovviamente che lo faccia la premier. Chi sono? Da Francesco Boccia a Marco Furfaro. Da Sandro Ruotolo («Elly è un valore aggiunto, dobbiamo battere l’Europa sovranista») a Marta Bonafoni, che però ieri ammetteva: «Le parole di Prodi pesano sempre...». Ma anche nel giro Schlein c’è chi consiglia alla leader prudenza, come Chiara Gribaudo. L’alternativa di una non-corsa sarebbe quella di avere 5 capilista forti. Magari Cecilia Strada al Sud. Ma si otterrebbe la stessa polarizzazione, con Meloni in campo?

La leader comunque, raccontano nel giro dei fedelissimi, resta più che tentata dalla corsa, pur senza dare nulla per scontato. Tra chi la spinge a candidarsi, gira questa riflessione, che introduce una sfida nella sfida. Una alla destra, l’altra al «vecchio Pd». Il «brand Elly», con un milione di preferenze in cascina, uscirebbe rafforzato, anche nel caso in cui il Pd galleggiasse intorno al 20%, com’è oggi. Le darebbe più forza nell’affrontare altre tornate difficili. Le comunali a Firenze. Le Regionali in Emilia Romagna, Toscana, Campania e Puglia.

Certo la minoranza interna non rimarrebbe in silenzio, in caso di candidatura di Schlein in tutti e 5 i collegi, col rischio di penalizzare le donne e molte eurodeputate uscenti. Le liste vanno votate in Direzione e lì, preannunciano alcuni big di Energia Popolare a microfoni spenti, l’area di Bonaccini «darebbe battaglia». Lo scenario estremo sarebbe non votare le liste. Il clima è già piuttosto elettrico sulla politica estera, da quando il Pd si è astenuto sulla risoluzione di maggioranza per rinnovare gli aiuti militari a Kiev.

C’è poi l’altro tema, che iniziano a porsi diversi big vicini a Schlein. Cioè se strutturarsi o meno con un’area. Perché le insidie interne sono tante. E molti che si sono avvicinati al Pd in questi mesi «vorrebbero trovare un posto». Ma non è detto che la segretaria assecondi il disegno. Di certo di questo e della corsa all’Ue Schlein non parlerà al “ritiro” dei deputati a Gubbio, il weekend prossimo. All’Hotel dei Cappuccini (costo: circa 6mila euro in tutto) si parlerà di programmi, con una batteria di esperti, dal commissario Ue Nicolas Schmit all’ex ambasciatore Pietro Benassi. Ma se accelerazione sarà, ogni altra data, a partire da quella di Cassino il 27 gennaio, prima tappa del tour per le Europee, potrebbe essere quella buona.