Perché l'Iran non si sente sconfitto
C’è una versione occidentale degli eventi dell’ultimo weekend, che vede l’Iran perdente. Ma non è l’unica. In una visione alternativa, quel che è accaduto con il diluvio di missili e droni su Israele non è stato un flop.
L’interpretazione dominante in America e in Europa sottolinea tre insuccessi per il regime degli ayatollah. Il primo è sul piano strettamente militare. Sui trecento fra missili e droni il 99% sono stati intercettati e abbattuti o non hanno colpito alcun bersaglio. Non è stata una prova di efficienza dell’apparato offensivo iraniano, anzi è stata una dimostrazione della superiorità degli armamenti israeliani e occidentali.
Gli altri due insuccessi sono di tipo politico-diplomatico. L’aggressione dell’Iran ha distolto l’attenzione da Gaza, ha trasformato (sia pure temporaneamente) Israele da attaccante a vittima, ha ridotto almeno in parte l’isolamento del governo Netanyahu, ha attenuato un po’ la pressione di americani ed europei per un cessate-il-fuoco nella Striscia.
Infine l’attacco iraniano ha costretto diversi paesi arabi a schierarsi, anche militarmente: Giordania e Arabia saudita hanno partecipato di fatto alla difesa di Israele. Anche in questo si misura l’effetto-boomerang: il regime degli ayatollah è riuscito a ricostituire un fronte che unisce Israele alle classi dirigenti moderate o conservatrici del mondo arabo-sunnita.
Questa lettura è fondata su solidi argomenti, però non è l’unica. Teheran può rivendicare un bilancio diametralmente opposto. Sul piano militare e tecnologico, per cominciare. Le stime degli esperti dicono che ogni drone iraniano abbattuto costa cento volte meno – letteralmente – rispetto alle armi che sono state usate per eliminarlo. I sistemi Patriot o altri missili di intercettazione lanciati da Israele, dagli americani, dai francesi e dagli inglesi sono armamenti sofisticati e costosissimi.
In questa guerra asimmetrica quindi l’efficienza delle armi non è tutto. C’è anche un versante economico, un calcolo costi-benefici. I droni sono un’arma “dei poveri”, come sanno anche la Turchia e l’Ucraina, produrli non richiede tecnologie avanzatissime né grandi investimenti. L’Iran ha una produzione industriale di droni così massiccia che può al tempo stesso riempire i propri arsenali, rifornire Hamas, Hezbollah, gli Houthi, e per di più venderne alla Russia. Lo “sciame” lanciato sabato scorso ha fatto una brutta figura, senza dubbio. Non è detto però che le difese israeliane e degli alleati sarebbero riuscite ad abbattere il 99% degli ordigni, se ai lanci dall’Iran si fossero unite delle offensive simultanee dal Libano (Hezbollah) e dallo Yemen (Houthi).
Anche il bilancio politico, visto da Teheran, può essere diverso. Il fatto che Giordania e Arabia abbiano protetto Israele, per la propaganda iraniana è la conferma che questi paesi arabi tradiscono la causa palestinese, sono dei lacchè dell’Occidente. Il regime degli ayatollah può rilanciare con più forza di prima la narrazione in cui si auto-descrive come l’unico vero protettore del popolo palestinese. Questa propaganda può trovare un terreno fertile a Gaza, in Cisgiordania, e non solo: anche nei campus universitari americani.
Nel clamore dell’attacco missilistico è passato inosservato un fatto di cronaca accaduto qui negli Stati Uniti. Sabato si teneva a Chicago un raduno di forze filo-palestinesi e pro-Hamas: l’obiettivo era pianificare grandi manifestazioni di protesta contro Joe Biden durante la convention democratica di agosto che si terrà proprio nella città di Barack Obama. Mentre il raduno di Chicago era in corso, il presidente dello U.S. Palestinian Community Network, Hatem Abudayyeh, ha annunciato che dall’Iran era partito lo sciame di missili e droni diretto verso Israele. La folla è esplosa in grida di gioia e applausi. In quel momento nessuno poteva immaginare che il bilancio di vittime sarebbe stato minuscolo. Si applaudiva con eccitazione quella che poteva essere la prima fase di una nuova strage di israeliani. E il nuovo eroe del momento, alla pari di Hamas, era lo stesso regime islamista che tortura in carcere le femministe.
Si può contestare questa perversione di tanti movimenti filo-palestinesi, e per favore non chiamiamoli pacifisti. Però con il suo attacco l’Iran ha rinforzato le sue quotazioni anche in quel mondo.
17 aprile 2024, 14:59 - modifica il 17 aprile 2024 | 15:18
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