«Una bottiglietta d’acqua per 48 ore e poco cibo. La vita da prigioniere con il terrore di morire»

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di Greta Privitera

Hila, 13 anni, e mamma Raya: dovevamo parlare piano. Le provocazioni dei carcerieri: �Siamo in questa terra da prima di voi�

Israele, gli ostaggi: «Una bottiglietta d’acqua per 48 ore e poco cibo. La vita da prigioniere  con il terrore di morire»

A Hila fa molto strano vedere per i muri di Tel Aviv i manifesti con la sua fotografia: �Ma da quando sono l�?�, chiede allo zio, Yair Rotem. �Subito dopo il 7 ottobre, abbiamo riempito le citt�, le televisioni e i social con i vostri volti. Avevamo solo un obiettivo: riportarvi a casa�, risponde lui. Nei cinquanta giorni da ostaggi a Gaza, Hila, 13 anni, sua madre Raya, 54, e l’amica Emily Hand, 9, non avevano nessuna idea di quello che stesse succedendo nel Paese. �Non avevano notizie. Sapevano di essere state rapite da Hamas, ma nient’altro. Dal nulla, mi fanno domande: “Ma il vicino � vivo?”, “Che cosa � successo al compagno di classe?”, “E a casa nostra?”. Io cerco di raccontare tutto con molta cautela, seguendo i consigli degli psicologi�, spiega al Corriere Rotem. Risponde da un albergo di Tel Aviv: �Da ieri ci hanno trasferito qui. Nei giorni seguenti la liberazione, siamo stati allo Sheba Hospital�.

Quella di Raya e Hila � una storia nella storia. I lori nomi li abbiamo gi� scritti e letti perch� la bambina � stata liberata il 25 novembre senza la madre, che l’ha raggiunta solo cinque giorni dopo: �Sono stati momenti di angoscia. Che cosa avremmo fatto se mia sorella non fosse tornata?�, continua. Il 7 ottobre, mamma, figlia e amica sono state catturate nella safe room della loro casa nel kibbutz Be’eri e portate con un pick up dentro la Striscia. L’ultimo messaggio � stato mandato proprio a lui, fratello e zio. Erano le 12.05 di quel sabato mattina: �Ci hanno rapite, ci stanno portando via�. Poi, silenzio. Con pudore e delicatezza, Rotem condivide la testimonianza di Raya: �Io non le faccio mai domande, quando se la sente � lei che racconta. Mi ha spiegato che sono sempre state insieme. Il primo giorno sono state portate in un appartamento e nella notte in un altro. Non sa dove si trovassero perch� tutti gli spostamenti venivano fatti al buio. Le coprivano gli occhi con dei teli�.

Erano chiuse in una stanza con altri ostaggi. A terra c’erano dei materassi. Potevano andare solo in bagno. I miliziani si aggiravano per i corridoi della casa: �Alcuni erano pi� gentili di altri. Ma non importa, non sopporto la narrazione dei terroristi buoni o cattivi: hanno ucciso e rapito�, dice Rotem.

Vivevano in condizioni igieniche precarie. Mancava l’acqua, �per cui tutti i bisogni fisici rimanevano l�. Mia sorella racconta che ogni quattro, cinque giorni portavano un secchio colmo e lo versavano nel water e, a turno, a uno degli ostaggi toccava pulire�. Per lavarsi usavano asciugamani bagnati in un pentolino riscaldato con una piccola stufetta a gas. �Sentivano le bombe cadere vicinissime. Un giorno ne � caduta una proprio accanto a loro e le finestre sono saltate via. Avevano paura di morire durante un attacco, o per mano dei miliziani. Avevano sempre paura. Quando cadeva un missile i terroristi dicevano: “Lo sapete che Netanyahu uccide i nostri bambini?”�.

Alcuni giorni mangiavano molto poco, � capitato di dover condividere un barattolo di fagioli o di doversi far bastare una bottiglietta da mezzo litro d’acqua per 48 ore. �I terroristi volevano che gli ostaggi parlassero a voce bassa e la notte era vietato anche bisbigliare. Avevano un’ossessione per i pidocchi e ogni giorno chiedevano a mia sorella di controllare che sua figlia ed Emily non li avessero�.

Una volta un carceriere ha chiesto a Raya da dove venissero i suoi genitori. �I miei sono nati in Israele, mentre i nonni in Europa�, ha risposto lei. �Vedi? Mia madre e mio padre sono di Giaffa e Ashkelon, sono qui da molte pi� generazioni di voi�, ha ribattuto il miliziano. �I giorni passavano lenti, fino a quando hanno capito che le avrebbero liberate�, racconta Rotem. �Quelli di Hamas hanno annunciato che sarebbero state rilasciate tutte insieme, ma una mattina hanno chiesto solo a mia nipote Hila e alla sua amica Emily di andare a cambiarsi i vestiti. All’improvviso, le due bambine sono state portate via. Mia sorella si commuove quando racconta quel momento: ha avuto solo il tempo di un abbraccio�.

Rotem dice che fisicamente stanno bene, mentre psicologicamente sono a pezzi. Per ora, a tenerle in piedi � la felicit� di essere a casa, ma Raya fa fatica a tornare con la mente a Gaza: �Non solo per quello che ha vissuto, ma perch� in quell’appartamento ha lasciato altre persone che sono ancora ostaggio di Hamas. Per lei erano diventate come una famiglia�.


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3 dicembre 2023 (modifica il 3 dicembre 2023 | 22:29)

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