La vittoria di Lyudmila: restituito alla madre il cadavere di Navalny

MOSCA — Il corpo del nemico è stato liberato. Le spoglie di Aleksej Navalny sono state restituite alla madre supplice da giorni come una moderna Priamo. È la vittoria di Lyudmila Navalnaya, certo, che ha tenuto testa agli agenti del Comitato Investigativo e non ha ceduto ai loro ricatti e ultimatum. Ma è anche la vittoria della vedova Yulia che ieri mattina aveva colpito il presidente russo Vladimir Putin nel vivo accusandolo di una «fede fittizia». Ed è la vittoria di tutti i russi che si erano mobilitati lanciando un appello. Il Nobel per la pace Dmitrij Muratov, la Nobel per la letteratura bielorussa Svetlana Aleksievich, la Pussy Riot Nadia Tolokonnikova…

«Il corpo di Aleksej è stato consegnato a sua madre. Ringraziamo tutti coloro che lo hanno chiesto insieme a noi», ha scritto la portavoce della famiglia Kira Jarmish, dando la notizia che ha messo fine all’estenuante braccio di ferro precisando però che si tratta di una vittoria parziale: «Non sappiamo se le autorità impediranno che il funerale abbia luogo come desidera la famiglia e come merita Aleksej». Il timore è che le autorità abbiano concesso una tomba alla famiglia, ma che non acconsentiranno a un funerale pubblico. Come avvenne dopo la misteriosa morte in un incidente aereo del leader mercenario ribelle Evgenij Prigozhin: il luogo della sepoltura fu rivelato soltanto a fine esequie. L’obiettivo è scongiurare una cerimonia che potrebbe trasformarsi in una simbolica azione di protesta a meno di un mese dalle presidenziali russe che si terranno dal 15 al 17 marzo e riconfermeranno Putin per un quinto mandato al Cremlino.

Lyudmila Ivanovna, ha detto Jarmish, si trova ancora a Salekhard, il capoluogo della regione artica di Jamalo-Nenets, che ospita il famigerato carcere “Lupo Polare”, la colonia penale Ik-3 di Kharp, dove Navalny è morto il 16 febbraio. Giovedì gli investigatori le avevano infine mostrato il corpo, ma ricattandola con la minaccia di lasciar decomporre il corpo: «Vogliono portarmi al margine di un cimitero, davanti a una tomba appena scavata e dirmi: “Qui giace suo figlio”. Io però non lo accetto», aveva raccontato Lyudmila. Venerdì l’ultimatum: tre ore di tempo per accettare una sepoltura «in segreto, senza una cerimonia d’addio», altrimenti il corpo sarebbe stato sepolto nel carcere Ik-3. Lyudmila aveva detto ancora una volta “no”. E alla fine l’ha avuta vinta.

La restituzione del corpo è avvenuta entro i due giorni dall’accertamento delle cause della morte, come previsto dalla legge: «cause naturali» secondo il certificato di morte siglato dalla madre, benché il team di collaboratori di Navalny abbia invitato polizia, militari o membri dei servizi di sicurezza a comunicare loro qualsiasi informazione sull’«omicidio» di Navalny in cambio di una «ricompensa di 20mila euro» o «dell’organizzazione della fuga dal Paese». Ma la consegna è avvenuta anche al nono giorno dalla morte di Navalny, quando per il cristianesimo russo ortodosso si celebra un rito funebre in onore del defunto.

Non a caso, ieri, in tutta la Russia centinaia di persone si sono riunite in Chiesa — a Mosca alla Cattedrale del Cristo Salvatore — hanno deposto fiori davanti ai monumenti o tenuto picchetti singoli per onorare la memoria di Navalny. A fine giornata, almeno 38 persone erano state arrestate in 9 città russe, secondo Ovd-Info, l’Ong che monitora gli arresti politici. Tra loro Elena Osipova, artista 78enne di San Pietroburgo che aveva disegnato un poster che raffigurava Navalny con le ali d’angelo, e Sergej Karabatov, 64 anni, che aveva mostrato il cartello “Non pensate sia la fine” davanti al monumento alle vittime della repressione politica di Mosca. Per non contare i quattro giornalisti fermati mentre le mogli dei mobilitati deponevano fiori davanti alla Tomba del limite ignoto all’ombra del Cremlino. Come ogni sabato. Stavolta però con delle sciarpe nere per il “Giorno del lutto”, come hanno definito il secondo anniversario dell’offensiva russa contro Kiev.

Qualche ora prima la vedova Yulia aveva ricordato la ricorrenza accusando il «satanico» Putin di essere un «falso credente» e di «violare anche le leggi divine» «uccidendo la gente nel sonno con i missili benedetti dalla Chiesa» e rifiutandosi di restituire la salma di Aleksej. «Ci dia il corpo di mio marito», aveva detto Navalnaya. «Lo ha torturato da vivo e ora continua a torturarlo da morto. Si prende gioco dei resti dei morti. Nessun vero cristiano potrebbe mai fare quello che Putin sta facendo ora al corpo di Aleksej. Ciò che sta facendo ora è odio. No. Non odio. È una forma di satanismo. Cosa farete col suo cadavere? Quanto in basso affonderete per denigrare l’uomo che avete ucciso?». Accuse pesanti per il presidente che si presenta come il paladino dei «valori tradizionali» contro «l’Occidente corrotto», si fa riprendere mentre si immerge nell’acqua ghiacciata per celebrare l’Epifania e che a maggio parteciperà alla messa del patriarca Kirill per la Pasqua Ortodossa.