Regno Unito, il messaggio calmo di Starmer: «Basta con la politica rumorosa»
Si apre una nuova era nel Regno Unito: il leader laburista prende il testimone da Sunak e guarda al futuro. Il racconto della prima giornata da primo ministro
DAL NOSTRO INVIATO
LONDRA — «So long, auf Wiedersehen, goodbye». Così si chiude un’epoca e se ne apre un’altra, in Inghilterra. Nel dispiego della tradizione e di tutto il suo apparato simbolico, l’iconica porta nera con il numero 10, il viaggio di andata e ritorno verso Buckingham Palace di vincitore e vinto, la foto d’ordinanza con il re, il comunicato ufficiale di Casa Windsor. E sotto la pioggia, come d’abitudine.
Anche le poche urla di sfottò rivolte al primo ministro uscente dai contestatori stipati oltre la transenna in fondo a Downing Street sembrano adeguate alla solennità senza enfasi del momento. Addio, a mai più rivederci, anche in lingua straniera. Solo un rumore di fondo. Rishi Sunak esce di scena con un discorso di grande dignità, nel quale chiede scusa alla nazione e al suo partito. Il copione prevede la solitudine dello sconfitto. Nella via più famosa d’Inghilterra non c’è nessuno a salutarlo. I marciapiedi intorno a lui sono deserti. Solo i giornalisti da tutto il mondo dall’altra parte della strada, e in disparte la moglie Akshata, il cui vestito è l’unica nota vivace in una mattinata grigia.
Ma Sunak è il passato. Questa rappresentazione, comprensiva del celebre Larry, il gatto di Downing Street che passeggia indisturbato, è dedicata a un nuovo inizio. Mentre Starmer è ricevuto da Sua Maestà che gli conferisce l’incarico di formare il governo, «Sir Keir ha accettato e ha baciato la mano» precisa il portavoce reale, la strada si riempie di attivisti del Labour e di colori. Gli ombrelli aperti vengono sostituiti con le bandiere del Regno Unito, della Scozia e del Galles. Proprio in quel momento appare anche «il raggio di sole della speranza» del quale il leader laburista ha parlato poche ore prima durante un informale brindisi notturno con i suoi fedelissimi nella Turbine Hall della Tate Modern, il museo di arte moderna ospitato in una ex centrale elettrica. «Lucky man» bofonchiano accanto a noi i giornalisti dei tabloid popolari, storicamente schierati con i conservatori.
«Starmer il fortunato». Pare che da oggi sarà questa la narrazione della parte a lui avversa, rafforzata dal repentino miglioramento del tempo prima del suo arrivo. Ma il nuovo primo ministro inglese è tutto fuorché un leader per caso. Arriva accompagnato dalla moglie Victoria, si intrattiene qualche minuto a salutare e ringraziare gli attivisti che mostra di ben conoscere. Poi si dirige verso il palchetto di legno al centro della strada per tenere un discorso che invece spiega molto del successo ottenuto da un Labour riformista. Comincia con un tocco di classe. «Voglio ringraziare Rishi Sunak. Lo sforzo che ha dovuto fare per arrivare a essere il primo capo di governo di origine asiatica del nostro Paese non dovrebbe essere sminuito da nessuno». È una frase generosa, che fa intuire la sua intenzione di presentarsi come una figura che unisce: «A chi non ha votato per il Labour voglio dire che il mio governo sarà al vostro servizio».
Starmer non avrà il carisma e l’empatia del Tony Blair dei tempi andati. Ma se non altro appare umano: il tremolio delle labbra, un istante di emozione. Ed è uno che si prepara. Le pause sono studiate, per far cadere meglio i passaggi più importanti. Come questo. «Il nostro Paese ha sempre trovato un modo per navigare in acque più calme. Questo dipende dai politici, in particolare da coloro che intendono dare prova di stabilità e di moderazione. Come intendo fare io». Sir Keir dimostra di avere capito il disperato bisogno di normalità degli inglesi, reduci da un decennio passato sull’ottovolante conservatore.
Stabilità e moderazione non sono certo due parole che esaltano le masse. Ma forse, sono esattamente ciò di cui ha bisogno il Regno Unito. Infatti, è questo il concetto che Starmer ripete più volte. «Se io vi chiedessi ora se credete che il nostro Paese sarà un posto migliore per i vostri figli, so che molti di voi risponderebbero: no. E così il mio governo si batterà ogni giorno fino a quando non tornerete ad avere fiducia». Anche questo è un messaggio che sposa lo spirito del tempo, non in senso meteorologico. Conseguenza della Brexit, anche se pure in casa Labour si trova poca gente disposta ad ammetterlo: gli abitanti del Regno Unito sentono che la loro nazione è diventata marginale, un luogo inospitale, senza grandi prospettive.
La carta vincente di Starmer è stata la promessa di un futuro, diverso dal presente. Per mantenerla, occorre riconoscere gli errori del recente passato. «D’ora in poi, avrete un governo alleggerito da qualunque dottrina. Ci avete dato un mandato chiaro per ripristinare il rispetto della politica intesa come servizio, e per porre fine all’era delle performance rumorose». In due sole frasi, Starmer archivia quattordici anni trascorsi tra Brexit, guerre culturali, sceneggiate alla Boris Johnson e il cambio di cinque primi ministri. Sir Keir e Lady Victoria entrano accompagnati da sorrisi, applausi scroscianti e persino un sole di buon auspicio. Le parole e le intenzioni sono buone. Ma ben presto a Keir Starmer servirà anche qualche risultato.