Soldi e influenza, Musk (e Thiel) al servizio di Donald Trump

diMassimo Gaggi

Il capo di X darà 45 milioni di dollari al mese. Con lui investono in America Pac (l'organismo alleato del tycoon) anche altri grossi nomi della Silicon Valley

Soldi e influenza, Musk (e Thiel) al servizio di Donald Trump

Elon Musk, 53 anni, patron di Tesla e SpaceX; Peter Thiel, 56, fondatore di PayPal

MILWAUKEE  - Qualcuno favoleggia di un arrivo a sorpresa di Elon Musk alla convention repubblicana. Secondo altri gli organizzatori temono la sua indisciplina in un evento nel quale vengono pronunciate solo parole registrate nel rullo del teleprompter. Ma conta ben altro: l’imprenditore più ricco, celebre (e discusso) del mondo, dopo la sua generica conversione al repubblicanesimo di due anni fa (ex elettore di Biden e Hillary Clinton, sostenne la destra nel voto di mid term del 2022), ora mette al servizio del candidato conservatore tutta la sua potenza mediatica (180 milioni di follower su X e il controllo della grande rete sociale) e finanziaria (di nuovo uomo più ricco del mondo con un patrimonio di 250 miliardi di dollari). Quando, a marzo, Donald Trump gli chiese un appoggio esplicito e fondi elettorale, l’imprenditore di X-Twitter, Tesla e SpaceX rispose con un garbato «no grazie» pur essendo, ormai, vicino a lui.

In apparenza tutto è cambiato sabato: 30 minuti dopo l’attentato, Musk ha dato l’endorsement a Trump con un post subito visto da 120 milioni di utenti. Lunedì, poi, si è saputo che America Pac, un organismo alleato di Trump creato a maggio, avrà da Elon 45 milioni di dollari al mese fino al voto. In totale 180 milioni da usare per assumere centinaia di persone che, negli Stati del testa a testa Biden-Trump, andranno a caccia di incerti, porteranno gli elettori a registrarsi e anche a votare in anticipo per posta: era una bestemmia per Trump che considerava il voto postale potenzialmente fraudolento. Ma i democratici erano in vantaggio su questo terreno: così Trump ora accetta di colmare il gap, anche perché Musk promette di creare un sistema elettronico «intelligente» di prevenzione delle frodi. Comunque lui preparava la sua svolta da tempo: in America Pac si parlava da settimane di un’imminente donazione di oltre 150 milioni da parte di un miliardario misterioso.

Un Musk sempre più politico che ieri ha deciso di trasferire le sedi di X e SpaceX dalla California al Texas. Non più per motivi economici (troppe tasse e troppe regole) ma etici: con la legge firmata lunedì dal governatore della California le scuole non dovranno più informare i genitori del cambio di denominazione sessuale dei loro figli: ora Elon dice che trasferisce gli uffici per tutelare le famiglie dei suoi dipendenti.

Il suo megafinanziamento (fin qui solo il banchiere Thomas Mellon aveva donato a Trump molti milioni, fermandosi, comunque, a 50) può pesare sul voto in alcuni Stati, anche perché Musk non si è mosso da solo. Con lui investono in America Pac anche altri big della Silicon Valley come John Lonsdale (cofondatore della Palantir di Peter Thiel) e i gemelli Vinklevoss (celebri per il loro ruolo nella nascita di Facebook e il successivo scontro con Zuckerberg). Ieri, poi, sono scesi in campo a fianco di Trump anche i re del venture capital dell’era digitale, Marc Andreessen e Ben Horowitz: faranno grosse donazioni, ma non hanno ancora detto come.

Le super Pac, organizzazioni fiancheggiatrici fin qui usate per diffondere messaggi favorevoli a un candidato o per demonizzare un avversario ma senza un coordinamento, ora stanno diventando un vero strumento delle campagne elettorali dei candidati grazie a un parere della Federal Election Commission di due mesi fa, interpretato come un’abolizione dei vincoli.
Andreessen, grande investitore nelle criptovalute, dice di aver apprezzato la svolta di Trump, un tempo freddo nel timore di destabilizzare il dollaro, ma divenuto di recente anche lui un fan delle monete digitali.

L’appoggio a Trump di un’area sempre più vasta della Silicon Valley va, però, oltre i calcoli di convenienza economica immediata: dietro c’è anche il tentativo di spingere Trump (e Vance, suo vice e possibile successore) verso un modello politico centrato su una sorta di capitalismo autoritario. È quello descritto da Andreessen nel manifesto da lui pubblicato nell’autunno scorso, con riferimenti espliciti a quello futurista di Filippo Tommaso Marinetti dell’inizio del Novecento. Ed è quello che traspare da molte sortite di Peter Thiel, fin qui in apparenza poco attivo sul fronte Trump (del quale fu grande sostenitore nel 2016), ma figura centrale della storia di Vance (suo datore di lavoro e mentore politico: gli aprì la strada verso Trump e finanziò la sua campagna senatoriale). Thiel detesta la democrazia liberale e punta sul nazionalismo come «correttivo dei fallimenti della globalizzazione».
Musk punta sui post (già un centinaio su Trump con elogi: «Prima di lui così tosto solo Theodore Roosevelt») e sui meme, piuttosto che sui manifesti programmatici. Ma ideologicamente è su una lunghezza d’onda simile a quelle di Thiel e Andreessen.

17 luglio 2024 ( modifica il 17 luglio 2024 | 07:13)

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