Zelensky: “Abbiamo un piano per contrattaccare. Il 2024 sarà l’anno della svolta”

KIEV - L'attesa per un nuovo attacco in forze russo prima dell'estate, ma anche la conferma di una nuova controffensiva Ucraina in arrivo: così il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha delineato il 2024 nel forum svoltosi ieri a Kiev di fronte alla stampa locale e internazionale, alle cui domande ha risposto per due ore nel corso delle quali ha radicalmente ridimensionato il numero dei soldati ucraini uccisi: “Sono 31mila”, dice abbassando le stime dell'intelligence occidentale, che sono di 3 o 5 volte superiori.

È uno Zelensky che ritrova il sorriso, la battuta tagliente e il piglio del comunicatore. Nelle ultime conferenze stampa, sotto pressione per il fallimento della controffensiva e l'affievolirsi dell'entusiasmo intorno a lui, lo aveva smarrito. “In Italia ci sono tanti putiniani? Allora toglietegli il visto”, ironizza come se fossero in realtà cittadini russi, per poi annunciare: “Stiamo preparando una lista, non parlo specificamente dell’Italia ma in generale della Ue; una lista di propagandisti e affaristi che commerciano con i russi. La consegneremo a Bruxelles”.

Su una sola domanda si è irrigidito: a un giornalista che gli chiedeva i motivi della rimozione del generale a capo delle forze armate Valery Zaluzhny - che lo superava nei sondaggi elettorali e nella fiducia espressa dagli ucraini - ha seccamente risposto che “queste sono nostre decisioni interne”. Per il resto ha risposto ribadendo la linea senza tentennamenti né aggiornamenti, a partire dalla speranza di riuscire a organizzare presto una conferenza di pace in Svizzera. Niente di nuovo sotto il sole: servirà, spiega, a formalizzare un documento che “permetta alla Russia di riconoscere la sconfitta che ha subito”, cioè il fulcro della sua proposta di pace in dieci punti che si basa sull’appoggio del resto del mondo a una sorta di riconoscimento della capitolazione russa “da opporre a Putin per consentirgli di uscire dalla guerra”. Un piano che gli alleati continuano formalmente a sostenere, ma su cui in realtà le diplomazie sono molto scettiche perché servirebbe un appoggio incondizionato del Sud del mondo che non c’è affatto.

Zelensky ammette che sia una fase molto difficile sul piano militare ma, dice, “non credo la più difficile dall’inizio dell’invasione”. Eppure sostiene che non ci vorrebbe molto “per vincere la guerra: per esempio basterebbero dieci sistemi Patriot con cui potremmo proteggere le nostre aree industriali e ottenere copertura al fronte, i russi si ritirerebbero, noi romperemmo le loro linee di difesa e avanzeremmo”. La richiesta di più armi, più munizioni e soprattutto più rapidità nelle consegne degli aiuti promessi è una costante ben nota, ribadita ieri con forza da Zelensky: ha ammesso di aver parlato con Macron dei caccia Mirage, ha rivendicato l’importanza di tutti gli altri sistemi d’arma promessi compresi gli italo francesi Samp-t, e infine ha ammonito che “dipende da voi se l’Ucraina perderà la guerra”, cioè se sarà lasciata sola a combattere senza il sostegno economico americano e gli aiuti militari occidentali in generale. Ma “confido nel Congresso Usa”, dice.

Per l’anno in corso vede nelle elezioni americane “un punto di svolta”, e dice che quello che l’Ucraina sta attraversando è “il momento più difficile per la nostra unità”. Certamente è vero, ma sarebbe inevitabile il contrario dopo due anni di guerra e promesse di una vittoria che oggi non appare certamente vicina, con un mandato elettorale in scadenza sostenuto dalla legge marziale: il raffronto con il primo anno di guerra, quando l’intero Paese si strinse accanto al suo coraggio e alla sua capacità di mostrare al mondo l’ingiustizia e la crudeltà che stava subendo l’Ucraina, è ovviamente improponibile; ma il richiamo all’unità continua a essere il caposaldo della linea politica presidenziale.

Sul piano bellico Zelesky prevede “un nuovo massiccio attacco russo a fine maggio o in estate”, ma anche “la controffensiva ucraina” di cui “abbiamo un piano”. Dice che se quella della scorsa estate è fallita è anche perché “i russi avevano il piano sulla scrivania prima che iniziasse”, ma forse un’allusione all’errore collettivo di averla annunciata e anticipata in tutte le salse per molti mesi.

Prima di Zelensky, al forum hanno partecipato tutte le figure di primo piano del governo e degli apparati militari e strategici ucraini tra cui il capo dei servizi segreti militari Kirilo Budanov, che ha spazzato via l’idea che il regime russo possa crollare da sé in una sorta di apoptosi: “Non cadrà da solo. Ma più i russi continueranno la guerra, più noi continueremo e aumenteremo le nostre operazioni interne alla Russia”. E forse il giovane ed efficace ministro per la Trasformazione digitale (settore in cui l’Ucraina eccelle) Mikhailo Fedorov ha annunciato le modalità di una di queste future operazioni dicendo “occhio ai land drones, ne sentirete parlare sempre di più”, e mostrando un bizzarro accrocco. Dovrebbe essere la versione terrestre dei Magura, i potenti droni marittimi che hanno vinto la battaglia del Mar Nero affondando le navi, minacciando e colpendo le infrastrutture russe come il ponte di Kerch.

Ma al di là delle operazioni a effetto e a distanza, per non perdere la guerra Kiev ha soprattutto un problema imminente: “Metà delle armi promesse dall'Occidente vengono consegnate in ritardo”, dice il ministro della Difesa ucraino Rustem Umerov. L’altro problema è il bilancio dello Stato, che non può fare a meno di una potente iniezione degli alleati: “Mi aspetto che dagli Usa arrivino 12 miliardi di aiuti entro quest’anno”, dice il premier Denys Shmyhal ricordando una delle scommesse più difficili e più importanti di questi mesi.