Balneari, nuovi obblighi: docce con l’acqua potabile nei lidi (con il rischio di crisi idrica)

A pochi mesi dalla stagione estiva nuovi obblighi per gli stabilimenti balneari. Rivela il Messaggero che i gestori dei lidi sono impegnati «in una corsa contro il tempo per dotarsi entro l’estate di docce con l’acqua potabile».  Il recente decreto legislativo (il 18 del 2023) ha aggiornato la disciplina sulle acque e impone nuove regole per tutelare la sicurezza e la salute dei bagnanti: l’acqua che viene a contatto con l’uomo deve essere «destinata al consumo umano». Quindi acqua potabile per docce in riva al mare ma anche nelle piscine. Molti stabilimenti, però, attingono alle falde acquifere tramite pozzi, e non a reti idriche certificate; e dunque ora devono correre ai ripari.  

Uso eccessivo di acqua

«Il problema - segnala Confesercenti, la più attiva tra le associazioni di rappresentanza dei balneari - potrebbe essere l’impossibilità per tutti gli stabilimenti di installare per la prossima stagione le tradizionali docce a ridosso della battigia a meno che non siano collegate alla rete idrica. Ma, in questo caso, la conseguenza sarebbe un utilizzo eccessivo dell'acqua in estate e quindi potenziali rischi di approvvigionamento». La fase certo non è delle più semplici.  «In Toscana le Asl hanno cominciato a sollecitare i balneari ad adeguarsi entro l’estate. Non tutte lo hanno fatto, contribuendo ad alimentare confusione e polemiche perché il tempo stringe ed allacciarsi all'acquedotto prima dell'inizio della stagione estiva potrebbe essere impossibile», scrive il Messaggero.

La direttiva Ue pendente

Gli imprenditori non accettano l’idea di sostenere importanti investimenti proprio ora che le concessioni sono scadute. Con la direttiva Ue Bolkestein che preme per metterle a gara: una norma non ancora legiferata a dovere in Italia, per la quale il Paese è da anni in procedura di infrazione per non averla ottemperata. Una questione tutt'altro che risolta senza una legge nazionale che regoli gli eventuali bandi.

Poche spiagge libere

Certo i dati forniti dal sistema informativo del demanio marittimo rivelano che in Italia quasi il 50 per cento delle coste sabbiose è occupato da stabilimenti balneari, con picchi del 70 per cento in alcune regioni (Liguria, Emilia-Romagna e Campania). Con poche spiagge libere, dunque, e pochi accessi agli arenili senza il pagamento dell’ombrellone.

Le entrate da demanio

Secondo l’ultimo rapporto della Corte dei conti la media delle entrate annuali per lo Stato derivanti dalle concessioni di beni demaniali come lo sono le spiagge, sono stati circa 101 milioni di euro a fronte di un giro d’affari nettamente superiore, attorno ai 15 miliardi di euro. Un’inezia, e dunque i titolari di stabilimenti avrebbero tutte le risorse per rispettare gli obblighi, anche se cervellotici come il decreto sulle acque potabili. Secondo la massima magistratura contabile le concessioni dei beni demaniali marittimi ad uso turistico è pari a 12.166 (anno 2021). Il dato risulta essere in aumento del 12,5% rispetto a quello rilevato nel corso del 2018, quando le concessioni censite erano 10.812. Un aumento che però non ha fatto aumentare il gettito come si pensava.

I debiti pendenti col Fisco

Negli ultimi cinque anni sono state iscritte a ruolo da parte dell’Agenzia Entrate-Riscossione somme per 39 milioni di euro. Si tratta dell’importo derivante dal mancato pagamento dei canoni concessori all’Agenzia del Demanio. Un illecito fiscale ed amministrativo che innesca una procedura di recupero da parte dello Stato.

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