Béatrice Giblin, decana dei geografi francesi e direttrice dell’Istituto di geopolitica dell’Università di Paris VIII, analizza i risultati del primo turno delle legislative. Dalla mappa del voto emergono indicazioni chiare
Un’onda blu scuro che avanza verso ogni punto cardinale di un Paese triste, abbandonato, vuoto. «La nostalgia per una Francia che non esiste più e che non esisterà mai più», quella che la decana dei geografi francesi Béatrice Giblin ha percorso e studiato negli anni, in lungo e in largo, città, campagne e trasformazioni, fino al voto di domenica. Direttrice dell’Istituto di geopolitica dell’Università di Paris VIII e della storica rivista Hérodote, Giblin guarda con il Corriere la mappa dei risultati: «La campagna bretone ha votato tutta per il Rassemblement National; Pas-de-Calais, Aisne, Lot-et-Garonne, Vaucluse: ci sono dipartimenti in cui l’estrema destra potrebbe prendere tutti i deputati». E già molti li ha conquistati al primo turno con risultati trionfali simili al 58% di Marine Le Pen nella sua roccaforte di Henin Baumont.
«Resiste all’avanzata solo il cuore della grandi città: Parigi, Tolosa, Bordeaux, Nantes…elettori che hanno studiato, hanno un lavoro stabile e uno stipendio dignitoso». Il resto del territorio è consegnato a RN, che penetra stavolta anche nell’Ovest finora meno permeabile. Come è successo? «Fuori dai principali centri urbani la Francia è vasta e non sempre densamente popolata — spiega la studiosa — in alcune zone le cifre sono di 10-40 abitanti per chilometro quadrato. Mantenere i servizi pubblici, l’assistenza medica, l’istruzione in queste circostanze è difficile. Ed è costoso». C’erano una volta campagne popolate, villaggi industriali, agglomerati di lavoratori delle ferrovie lungo binari che restano tra i migliori in Europa, una popolazione rurale e operaia che votava a sinistra contro il potere centrale. Oggi è tutto finito o in dismissione. «Regna un sentimento di abbandono terribile — continua la geografa —: la sensazione che di questa gente rimasta nel nulla non interessi più a nessuno». Grandi centri commerciali nelle periferie, la necessità di spostarsi in automobile, i piccoli negozi che muoiono; i servizi che piano piano disertano, dagli uffici postali ai tribunali amministrativi, sostituiti da procedure online: «Persino le farmacie chiudono, duecento ogni anno». Manca il lavoro, i ragazzi partono; «si diffonde un senso generale di insicurezza reale o percepita».
In questo mondo sconsolato e nostalgico Rassemblement attinge il suo consenso, esasperando il consolidato odio della provincia francese nei confronti delle metropoli «privilegiate». Parigi la più odiata, nella mappa quasi tutta rossa del Nuovo Fronte Popolare o semmai gialla di Macron. La ragione di questo isolamento sta anche nel ritaglio delle circoscrizioni, insegna Giblin, che lasciano fuori l’area urbana e disegnano un perimetro perfetto di alloggi cari a cui hanno accesso solo classi sociali elevate con un alto tasso di istruzione. La geografa sottolinea un elemento che tornerà anche al secondo turno: la grande mobilitazione. «Non solo a sinistra. Gli elettori del Rassemblement National sono determinati a dare alla destra la maggioranza assoluta».
Ci riusciranno? «Io non credo, il 66 per cento dei francesi non ha votato per loro. Una maggioranza relativa però guardando la disposizione delle circoscrizioni sul territorio dovrebbero raggiungerla». Come? «Per diventare premier, Bardella non può che cercare di conquistare i voti del centro-destra e lo farà usando ancora la paura dei francesi».