Putin in Nord Corea: da Kim già 5 milioni di proiettili per i cannoni russi. Perché è un segnale anche per la Cina
Il leader russo va a Pyongyang per la prima volta dopo vent'anni. Sul tavolo il baratto tra munizioni nordcoreane e tecnologia, petrolio, derrate alimentari russe. Un segnale anche per la Cina
Vladimir Putin viaggia all’estero, spezzando l’isolamento decretato dall’Occidente. Va in Nord Corea e in Vietnam, dove sarà ben accolto e non correrà rischi giudiziari (nessuno nelle due capitali amiche si ricorderà che in teoria sulla sua testa c’è un mandato di arresto internazionale per il sequestro di minorenni ucraini da parte dell’Armata russa). Il Cremlino ha annunciato che il 18 e 19 giugno il presidente sarà a Pyongyang e a seguire farà tappa a Hanoi.
L'«incrollabile compagno d'armi»
La missione più operativa è quella nel «regno eremita» di Kim Jong-un. Lo zar restituisce la visita che gli ha fatto a settembre 2023 il Rispettato Maresciallo. Putin aveva accolto il nuovo amico, auto-definitosi «incrollabile compagno d’armi», nel cosmodromo di Vostochny, promettendogli assistenza per il suo piano di missili e satelliti. In un’altra tappa del lungo viaggio sul suo treno corazzato attraverso la Russia, il leader nordcoreano aveva potuto ammirare a Komsomolsk sull’Amur la catena di assemblaggio di caccia-bombardieri intitolata al mitico Gagarin.
Entusiasta mentre provava la cabina di pilotaggio di un jet SU-27, Kim proclamò «unità con la Russia nella sacra lotta contro l’imperialismo» e brindò all’«operazione speciale della valorosa Armata Russa in Ucraina», offrendo «pieno sostegno».
Forse non è un caso che un paio di mesi dopo i tecnici nordcoreani siano riusciti a mandare nello spazio il loro primo satellite da ricognizione militare (spia). Secondo l’intelligence sudcoreana e americana, al centro del baratto c’è l’invio di munizioni nordcoreane per alimentare l’offensiva russa in Ucraina. L’esercito di Kiev ha anche raccolto sul campo di battaglia rottami di missili a corto raggio costruiti in Nord Corea.
5 milioni di munizioni (e «merce umana»)
In totale, da ottobre 2023, dagli arsenali di Pyongyang sarebbero partiti per la Russia via nave e treno 10 mila container con 4,8 milioni di proiettili, soprattutto da 152 millimetri. Ogni colpo di quel grosso calibro, secondo il «listino dei prezzi» della Nato vale tra i 3 mila e i 4 mila dollari. Un business miliardario per le casse nordcoreane, un affare che può valere circa il 4% del Pil annuale, valutato in 25 miliardi di dollari.
Le munizioni non bastano mai. E ora è il turno di Putin di andare a Pyongyang. C’era stato una sola volta nel 2000, all’inizio della sua carriera presidenziale, quando ancora Kim III era un adolescente.
Il cerimoniale nordcoreano ovviamente vuole impressionare l’ospite. L’aeroporto della capitale è stato ripulito e sgomberato da tutti i vecchi apparecchi civili, mostrano immagini satellitari. Nel centro di Pyongyang da giorni sono stati notati preparativi per una grande manifestazione, forse una parata o anche uno spettacolo di massa popolare ed esibizioni acrobatiche (coreografie di tradizione sovietica copiate e rielaborate dai nordcoreani).
Putin darà soddisfazione al desiderio di protagonismo di Kim. E oltre ai proiettili il Maresciallo potrebbe fornire anche «merce umana» che farebbe comodo allo sforzo bellico di Mosca: può inviare lavoratori per l’industria e l’agricoltura e «volontari-mercenari» per la brigata internazionale che si batte più o meno segretamente al fianco dei russi. In cambio, Kim chiede forniture di petrolio, derrate alimentari, tecnologia missilistica, satellitare e aeronautica.
E poi, il Maresciallo nordcoreano esibendo l’asse con lo zar russo può segnalare a Xi Jinping che la Nord Corea ha un altro amico oltre al grande protettore cinese.
Seconda tappa organizzata dall’ufficio viaggi del Cremlino a Hanoi. Una visita politicamente simbolica, perché gli Stati Uniti negli ultimi hanno puntato molto sul Vietnam (in funzione di contenimento della Cina) diventandone il primo partner commerciale. Il commento americano è aspro: «Nessun Paese dovrebbe concedere a Putin una tribuna da dove promuovere la sua guerra di aggressione», ha detto un portavoce dell’ambasciata Usa a Hanoi. Il governo vietnamita però resta storicamente vicino anche alla Russia, come prova la sua assenza dalla conferenza sulla crisi ucraina appena tenuta in Svizzera. Ricevere Putin, dal punto di vista della dirigenza comunista vietnamita contribuisce a consolidare la sua «posizione equilibrata» nel grande gioco tra le superpotenze, dagli Stati Uniti alla Cina e alla Russia.