
Bari, l’abbraccio dei 10mila a Decaro: “Questa piazza è la risposta a chi infanga la città”. Canfora: “Il fascismo cominciò così”
“Questa piazza è la risposta a chi vuole usare questa città per fare campagna elettorale. Bari non è sotto ricatto di nessuno, né della mafia né della politica”: il primo cittadino (e presidente Anci) Antonio Decaro sfoga dal palco di piazza del Ferrarese le energie represse da martedì sera, da quando la telefonata del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi gli ha comunicato l’imminente nomina di una commissione d’accesso antimafia al Comune.
L’ente diventerà sorvegliato speciale, dopo che l’inchiesta ‘Codice interno’ ha fatto emergere possibili infiltrazioni criminali nell’Amtab, l’azienda di trasporto pubblico, e i legami della consigliera comunale Maria Carmen Lorusso con alcuni esponenti dei clan. Ma per Decaro, per il centrosinistra e anche per molti baresi l’avvio dell’ispezione che potrebbe portare allo scioglimento del Consiglio comunale è una mossa elettorale ad orologeria, organizzata dal centrodestra, “una vergogna senza confini – la definisce il primo cittadino – calpestano una città solo perché hanno paura di perdere la campagna elettorale”.

Campagna che entra prepotente nella manifestazione “Bari non si tocca” nel cuore della città vecchia, con Decaro a stringere mani e concedere foto a chiunque, il governatore Michele Emiliano in lacrime a ricordare “i sacrifici che la Puglia ha fatto negli ultimi venti anni e che ora qualcuno sta cercando di distruggere”, lo stato maggiore del Pd accanto a loro insieme a Verdi e Sinistra italiana, gli assessori regionali che hanno organizzato autobus dalle rispettive città e portato in piazza leccesi, foggiani, brindisini. E poi la gente comune, con addosso le fasce tricolori di carta stampate a centinaia dai Giovani del Pd, i ragazzi che cominciano a ballare quando dal palco parte “Bella Ciao”, i candidati alle Primarie del centrosinistra, Vito Leccese e Michele Laforgia, vicini in prima fila e pure vestiti uguali.
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Gli striscioni che recitano “è la tua vita che parla” e “iostocondecaro”, le bandiere della Cgil, di Legambiente, di Libera. In strada ci sono migliaia di persone, la Questura annota tremila, gli organizzatori parlano di circa 10mila, attorno i turisti che già a mezzogiorno affollano i ristoranti e osservano curiosi il sindaco in camicia bianca che bacia tutti e ringrazia “di essere venuti” come se quella piazza fosse una stanza di casa sua.
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“Possono anche sciogliere il Consiglio comunale – dice – ma non scioglierete mai il legame che ci unisce in questa piazza”. Ancora più diretto Michele Emiliano: “Hanno già perso le elezioni e oggi glielo avete fatto capire”, senza tralasciare una precisazione sulla nomina della Commissione d’accesso “non era un atto dovuto, non c'è la obbligatorietà, come per l'azione penale, di agire con le misure di prevenzione e non c’era neanche l’urgenza, perché l'amministrazione si sta sciogliendo da sola per linea naturale, per scadenza del mandato”.

Ripetuti i richiami all’antifascismo, innanzitutto dal sociologo Luciano Canfora, il quale ricorda “che un secolo fa le bande fasciste furono cacciate da Bari Vecchia, c’era un uomo che difendeva la città con tanti compagni, si chiamava Peppino Di Vittorio” e cita “lo scioglimento dei Consigli comunali socialisti, primo atto del Governo Mussolini”, definendo “l’assalto ai Comuni una caratteristica del fascismo, quale che sia la faccia che assume”.
E poi da Pasquale Di Martino dell’Anpi (Associazione partigiani); secondo il quale “Gli eredi di quelli che venti anni fa negavano che a Bari esistesse la mafia oggi supplicano il ministero di sciogliere il Consiglio comunale, questa è una forma di fascismo. Bari da allora è stata una città consapevolmente antifascista e antimafia, oggi questa pervicacia va difesa e la società civile deve continuare a partecipare ". Di partecipazione consapevole e difesa dei diritti parla il referente regionale di Libera, don Angelo Cassano, sollecitando i cittadini a “mandare a casa i trasformisti in vista delle prossime elezioni”. Dal parroco di San Sabino arriva anche un attacco durissimo al ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi: “è lui il vero criminale, per i morti del Mediterraneo, di fronte ai quali non possiamo girarci dall'altra parte”.
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Don Angelo cita poi i nomi delle vittime innocenti della mafia in Puglia, salutandone i familiari arrivati in piazza come Lella e Pinuccio Fazio, i genitori del sedicenne Michele, ucciso per errore a Bari vecchia nel corso di una guerra tra clan. La parola mafia rimbalza da un intervento all’altro, con il riferimento alle parole del procuratore della Repubblica, Roberto Rossi, che - dopo gli arresti del 26 febbraio – ha più volte ribadito che l’amministrazione comunale ha dato un forte sostegno al contrasto alla criminalità organizzata. Intanto, l’annuncio della nomina della Commissione d’accesso antimafia (formata dal prefetto in quiescenza Claudio Sammartino, il viceprefetto Antonio Giannelli e il maggiore dello Scico della Guardia di finanza Pio Giuseppe Stola), a due mesi e mezzo dalle elezioni amministrative, ha suscitato una reazione da parte di migliaia di cittadini, che hanno manifestato solidarietà al sindaco per quello che viene considerato un attacco ad orologeria.
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“La città sta subendo una manganellata che però sta diventando un boomerang” dice Vito Leccese, capo di gabinetto di Decaro e candidato alle Primarie del centrosinistra, che spera di raccoglierne il testimone. Insieme, a fine manifestazione, i due percorrono le poche centinaia di metri che separano il palco da corso Vittorio Emanuele, stringono altre mani, baciano altra gente, in un’ulteriore consacrazione del candidato che potrebbe rappresentare la continuità con il sindaco più amato. L’altro candidato alle Primarie del 7 aprile, Michele Laforgia, dal canto suo chiarisce: “La commissione di accesso è l'ultimo problema, il primo è rappresentato da quelli che lavorano contro la città. Le opposizioni dovrebbero dare il proprio contributo, non lavorare per affossare la città".
Contro il sindaco di Bari, e quella che viene considerata una strumentalizzazione elettorale da un altro punto di vista, si schierano diversi esponenti del centrodestra: dal deputato salentino di Forza Italia Mauro D’Attis (“Decaro si sta giocando la carriera politica, si vuole candidare alle regionali”), alla vicepresidente del Senato Licia Ronzulli (“è un buon amministratore ma noi sicuramente sapremo fare meglio di lui”), il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera Tommaso Foti (“se non ha niente da temere attenda con serenità il lavoro della commissione”), il presidente dei senatori di Forza Italia Maurizio Gasparri (“Decaro esci da questo film e da questa commedia, rispetta Bari ed i baresi e rispetta anche le leggi dello Stato”).
Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, manifesta invece sostegno al collega Piantedosi: “a formare una squadra che andrà a controllare quello che è successo. Sono garantista, non punto l'indice contro nessuno, però bisogna sempre accertare la verità". Di segno opposto le reazioni di esponenti di centrosinistra che continuano ad arrivare anche da altre regioni d’Italia, tra cui quella del presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, che definisce “incomprensibile la scelta del Governo. Se è dettata da cose che non sappiamo hanno il dovere di dircelo e di dirlo ai cittadini di Bari, altrimenti si rafforza il sospetto di un atto politico assunto contro un'amministrazione sgradita". Per Il deputato di Avs Angelo Bonelli “Quanto accaduto ha dimostrato come il governo abbia fatto un utilizzo strumentale della lotta alla mafia per puro interesse politico, e di questo il ministro Piantedosi ne dovrà rispondere”.