Demenza, un lavoro creativo e stimolante protegge al pari di un livello di istruzione elevato

diCesare Peccarisi

Chi è laureato, ma fa un lavoro routinario e poco stimolante si difende dall'Alzheimer alla pari di chi ha solo la licenza media o il diploma ma fa un lavoro cognitivamente interessante

Secondo uno studio dei ricercatori norvegesi e americani diretti da Trine Holt Edwin dell’Università di Oslo, appena pubblicato su Neurology  i titoli accademici  proteggono solo in parte dal rischio di demenza in tarda età perché la grande difesa di una mente creativa è ciò che si fa dai 30 ai 65 anni.

Un simbolo antidemenza

Chi ha un alto livello di istruzione e di creatività, potrebbe diventare il simbolo di chi non svilupperà demenza o MCI, acronimo di mild cognitive impairment cioè compromissione cognitiva lieve, la cosiddetta dimenticanza patologica che a volte è l’anticamera della demenza. 

I ricercatori di Oslo, Trondheim, New York e Filadelfia hanno verificato che le abilità cognitive acquisite a scuola sono pareggiate da attività lavorative cognitivamente stimolanti che poi si fanno nella vita. E la forza di questa stimolazione quotidiana si fa sentire ancor di più in chi ha un livello di scolarità basso. Chi è laureato, ma fa un lavoro routinario e poco stimolante si difende dalla demenza alla pari con chi ha solo la licenza media o il diploma ma fa un lavoro creativo e stimolante,  come per esempio orafi o sarti.

Quanto incide la routinarietà del lavoro

Per verificarlo i ricercatori hanno messo a punto l’indice RTI, acronimo di routine task intensity index, cioè indice della routinarietà del lavoro: più l’RTI è basso, più il lavoro è cognitivamente stimolante. Hanno un RTI basso insegnanti elementari e liceali, un RTI medio-basso assistenti d'infanzia e infermieri e un RTI medio-alto negoziati e altri venditori al dettaglio.

Nuove professioni

Una novità rispetto agli studi precedenti è che questo non si è affidato all’obsoleto Dizionario dei titoli professionali USA, il cosiddetto O*NET, che descrive i lavori dei colletti blu, gli operai che svolgono mansioni manuali.
Oggi infatti occorre tener conto della moderna automazione del lavoro dove anche la catena di montaggio non è più il lavoro routinario di una volta, ma richiede nuove competenze per tecnologie di intelligenza artificiale, software, robotica, realtà virtuale, ecc. Anche la semplice introduzione del pagamento con carta di credito ha richiesto ai negozianti nuove competenze digitali che li hanno stimolati cognitivamente.

Lavoro automatizzato

Entro il 2030 in Italia saranno automatizzati 7 milioni di posti di lavoro e ciò andrà a vantaggio del decadimento cognitivo dei colletti blu.
Peccato però che, come indica il rapporto Forrester Job Forecast 2020-2040, in Italia, Francia, Germania, Regno Unito e Spagna nei prossimi anni l’automazione farà sparire 12 milioni di posti di lavoro. Purtroppo fra i fattori da calcolare nel rischio di demenza individuati dai ricercatori dello studio di Neurology c’è anche l’occupazione retribuita, soprattutto fra i 45 e i 55 anni e conta anche il pensionamento e l’assegno di pensione.

Fattori psicologici e organici

A ciò vanno aggiunti lo stato civile (coniugati/e, vedovi/e, divorziati/e o single), la solitudine o anche solo la sensazione di esserlo o il tempo libero disponibile per attività ricreative come andare al cinema o a teatro.
Non mancano ovviamente fattori più squisitamente organici come l’obesità, il diabete o il calo dell’udito, nonché insane abitudini di vita come il fumo e la poca attività fisica quotidiana.

Isola antistress

«Anche noi abbiamo sottolineato l’importanza di molti di questi fattori nella prevenzione delle demenze nel recente Manifesto One Brain One Health che riassume la strategia italiana per la Salute del Cervello 2023-2031 avviata in parallelo con l’European Academy of Neurology e l’OMS -dice il presidente della Società Italiana di Neurologia SIN, Alessandro Padovani, dell’Università di Brescia-. Riguardo questo studio, peraltro ben condotto, aggiungerei un concetto di prevenzione attraverso quella che si potrebbe definire l’isola antistress: può essere la famiglia o se si è single una relazione amorosa o ancora un luogo ove trascorrere serenamente il weekend o una piccola vacanza, intrattenendo relazioni amichevoli al di fuori dalla routine della vita quotidiana oppure avere un confidente, un amico/a con cui condividere pensieri e preoccupazioni o infine dedicarsi a un’attività culturale o di volontariato.

«Non a caso vari studi indicano che in tutto il mondo lisolamento è causa del 4 per cento delle demenze. È  provato che l’isolamento porta a depressione, ma risulta anche che ridurre il cortisolo, il cosiddetto ormone dello stress, riduce la depressione che è legata a doppio filo con la demenza e la malattia di Alzheimer per un aumento delle due proteine anomale che caratterizzano questa grave demenza, l’amiloide e la tau. E tale rischio è maggiore nella donna». 

Vivere insieme agli altri in maniera interattiva può essere dunque una buona strategia anti-demenza e non solo. Vari studi indicano che allunga anche la vita.

19 aprile 2024

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