La confessione di Makka: «Ho ucciso papà, non volevo. Ci picchiava a colpi di karate»

diFloriana Rullo

L'interrogatorio della 18enne che ha ucciso il padre a Nizza Monferrato: «Aveva perso il lavoro. Mi ha inseguita per casa e mi ha presa a pugni. Mamma si è rimessa tra noi per dividerci. Io ho preso un coltello per difendermi»

«Sono intervenuta per difendere mia madre. Allora papà mi ha inseguita e presa a pugni. Mamma ha tentato di difendermi. E lui ha ricominciato a prendere a schiaffi anche lei. Era esperto di karate e arti marziali, sapeva dove colpirci in modo che i lividi non si vedessero. Ma ci ha sempre picchiate. Non volevo che lo facesse. Ero stanca. Mi sono difesa». Makka ha 18 anni e mezzo, ed è appena stata portata in caserma a Canelli dopo aver ucciso il padre Akhyad Sulaev, 50 anni, operaio di origini cecene, a coltellate. È venerdì sera, è sconvolta. Scioccata dalla furia che l’ha portata a reagire a quelle violenze, subite ormai ogni giorno.

La confessione

Quella ragazza dai modi gentili, gli occhi azzurri e il hijab sempre indossato, crolla. E, assistita dal suo avvocato Massimiliano Sfolcini, decide di rispondere a tutte le domande del pm Andrea Trucano della Procura di Alessandria. Ricostruendo, passo dopo passo, un quadro familiare in cui la violenza e i soprusi erano all’ordine del giorno. «Venerdì papà si è licenziato. Per l’ennesima volta aveva perso il lavoro da muratore – ha detto la ragazza agli investigatori –. Dopo si è diretto al ristorante. Quello dove mamma lavora come lavapiatti e dove io nel weekend aiuto come cameriera. A mia madre ha chiesto di licenziarsi. Lei gli ha detto di no. Gli ha domandato: “Ma come facciamo con i soldi. Come andiamo avanti?”. La prima lite è scoppiata in quel momento. Mamma lo ha anche mandato via. Ma arrivato a casa lui ha ricominciato. Non era una novità. Papà ci ha sempre picchiate. In Cecenia, quando ero più piccola, era anche peggio. Ha sempre praticato arti marziali, conosceva la boxe e il karate. Se la prendeva soprattutto con noi. Con i miei fratelli invece alzava le mani solo se intervenivano nelle discussioni».

Le violenze 

In casa oltre alle due donne c’erano anche gli altri tre figli della coppia arrivata in Piemonte dalla Cecenia nel 2015, una 14enne e due maschietti di 12 e 11 anni. L’uomo, che non voleva accettare l’indipendenza costruita dalla moglie e dalla figlia maggiorenne, dopo essere rincasato alle 18 ha prima percosso la moglie per poi, quando la giovane ha cercato di difenderla, iniziare a prendersela anche con lei. «Ho cercato di dividerli, dicendogli di smetterla di trattarci cosi. Lui se l’è presa con me. Mi ha inseguita per casa, fino alla mia stanza, mi ha presa a pugni – racconta ancora la giovane –. Mamma si è rimessa tra noi. Io ho preso un coltello per difendermi. L’ho colpito lasciandolo a terra. Ma non volevo ucciderlo. Poi ho atteso i carabinieri». 

«Non hanno mai denunciato»

Violenze che l’intera famiglia subiva quotidianamente da quel padre padrone che, non solo voleva conoscere ogni spostamento di moglie e figli, ma voleva anche comandare su di loro. «Makka e sua madre non hanno però mai denunciato il padre — racconta Massimiliano Sfolcini, avvocato difensore della 18enne arrestata e portata in una struttura protetta —. Nessuno, o quasi, ha mai visto i suoi lividi. A scuola, Makka frequenta il liceo scientifico con ottimi voti, nessuno si era accorto di quanto la giovane subisse. Ma lei ha raccontato tutto all’unica amica che ha e ora lei dovrà essere sentita dagli inquirenti. Mi ha spiegato che non riusciva più a sopportare quelle violenze. Il padre era molto religioso, seguiva i precetti della religione musulmana alla lettera. Ma Makka invece sta crescendo con una consapevolezza diversa e più aperta, soprattutto rispetto alla figura della donna. Voleva che anche il padre rispettasse le donne, soprattutto lei e sua madre. Venerdì notte era sconvolta. Ha vissuto la giornata più faticosa della sua vita».

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3 marzo 2024

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