
Caccia ai missili, scudi umani e una presunta trappola letale: così è caduto il volo russo
KIEV – Una caccia grossa a un volo cargo di missili, un gioco di spie e lo scacco matto russo con un cinismo senza pari: ci sarebbe tutto questo, secondo diverse fonti consultate da Repubblica, dietro lo schianto del volo Il-76 a Belgorod.
La crisi scatenata dal disastro aereo ruota intorno a due punti su cui Kiev e Mosca tengono fermamente la posizione: l’una cerca di aggrapparsi come può per contenere l’imbarazzo, l’altra di strumentalizzare la tragedia nei confronti dei partner occidentali dell’Ucraina. Il primo punto è l’organizzazione dello scambio di prigionieri: i servizi segreti militari di Kiev accusano Mosca di non avere concordato il volo sicuro, come aveva fatto sempre in passato, mettendo volontariamente in pericolo i suoi prigionieri. I russi sostengono l’opposto.
Il secondo punto è chi o cosa si trovasse a bordo dell’aereo. Kiev ha sempre sostenuto fosse un trasporto di missili e componenti per gli attacchi continui sferrati contro Kharkiv, costati la vita a decine di persone solo negli ultimi giorni. Mosca dice invece che c’erano 65 prigionieri russi da scambiare, tre accompagnatori e sei persone dell’equipaggio.
Per entrambi i punti i russi, gli unici che potrebbero farlo avendo vietato l’accesso all’area del disastro e non permettendo alcun intervento o inchiesta internazionale, non hanno in realtà fornito alcuna prova. Neppure al Consiglio di sicurezza dell’Onu, dove la rappresentante ucraina Kristina Gayovyshyn ha ribadito che Kiev non era stata informata del trasporto avvertendo che, se ciò venisse confermato, si tratterebbe della “prima prova dell’uso di scudi umani” per coprire il trasporto di munizioni.
Certamente lo schianto metterebbe in forte difficoltà il presidente ucraino Zelensky, se venisse provato l’abbattimento con sistemi d’arma occidentali come hanno sostenuto i russi ma anche, informalmente, come hanno confermato i primi riscontri occidentali. Se così fosse sarebbe stato abbattuto in territorio russo e con gli aiuti occidentali un volo umanitario (lo scambio dei prigionieri) rendendo le nuove forniture di armi a Kiev sempre più difficili. Il fronte degli ostili al sostegno con armi e munizioni in grado di colpire in profondità la Russia avrebbe un argomento formidabile per opporsi. L’incidente rischia cioè di minare il cuore stesso della politica estera ucraina in questi due anni, con l’impegno continuo del presidente Zelensky a spiegare al mondo le ragioni per le quali è indispensabile il supporto militare completo a Kiev.

Ma la ricostruzione che prende piede è quella di un errore indotto da parte di Kiev, su cui Mosca ha immediatamente giocato il jolly della strumentalizzazione. I mediatori russi e ucraini hanno lavorato allo scambio come sempre: sarebbe stato il secondo in pochi giorni dopo una lunga pausa di cinque mesi. La formula oliata era quella del 192 su 192, cioè lo scambio di altrettanti prigionieri di guerra russi e ucraini: sarebbe dovuto avvenire al posto di frontiera terrestre nel pomeriggio del 24, ma qualcosa è andato storto.
Quasi certamente è vero che la Russia, dopo aver concordato lo scambio organizzato dai mediatori, abbia avvertito un quarto d’ora prima del volo usando i canali predisposti da cui, sostiene, avrebbe anche avuto il messaggio di conferma della ricezione. Ma in Ucraina operano forze diverse, alcune delle quali si occupano di operazioni speciali segrete usando anche armi molto avanzate e preziose come i sistemi terra-aria occidentali, forniti teoricamente per la difesa delle città dagli attacchi aerei russi. Queste forze non dipendono direttamente dallo Stato maggiore e non concordano nulla con la Difesa proprio per tutelare al massimo la segretezza.
Sono forze in grado di spostare sistemi complessi per operazioni mordi e fuggi: operazioni top secret come quelle portate a termine con successo lo scorso maggio, quando in un solo giorno gli ucraini hanno abbattuto 4 velivoli militari russi a Bryansk. Fu la peggiore giornata per l’aviazione russa dalla fine della seconda guerra mondiale, avvenne in territorio russo e probabilmente con missili terra aria occidentali ma nessuno batté ciglio.
Stavolta potrebbero aver ripetuto l’operazione attaccando uno dei cargo in volo nell’area di Belgorod, in prossimità del confine e in una zona da cui partono i missili scaricati su Kharkiv quasi quotidianamente. “Un obiettivo legittimo”, lo definiscono i servizi ucraini lasciando di fatto intendere di avere effettivamente abbattuto l’IL-76. Ma ovviamente cambia tutto, se a bordo c’erano davvero i prigionieri ucraini pronti a tornare a casa.
Qui entriamo nel secondo cardine di questa tragedia aerea. Gli ucraini continuano a ribadire che se ci fossero prove della loro presenza a bordo i russi non avrebbero atteso un istante a fornirle: nomi, foto dei cadaveri, prove inconfutabili di una strage da cui potrebbero ricavare un grande dividendo politico. Invece hanno consegnato sei corpi alla morgue di Belgorod, hanno diffuso qualche video e fotografia di brandelli con tatuaggi ucraini e hanno lasciato diffondere liste dei presunti passeggeri che contengono errori grossolani. La presenza dei 65 prigionieri ucraini non è scontata né provata. A bordo potrebbero davvero esserci state armi o munizioni. I russi potrebbero avere spedito più voli sfruttando il canale aereo “sicuro” concordato per lo scambio, e se quello abbattuto avesse effettivamente armi a bordo questo spiegherebbe incongruenze come i pochi corpi trovati e la decisione di impedire l’accesso ai soccorsi.
Igor Moseichuk, giornalista investigativo ucraino e tra i fondatori degli Azov, sostiene che le forze ucraine fossero a caccia dei voli con cui i russi spostano armi e munizioni in zona, e che avessero avuto una soffiata sul volo dell’IL-76 con a bordo un carico di missili. Ma una soffiata l’hanno avuta anche i russi: “Qualcuno ci ha tradito e li ha avvertiti che le forze ucraine erano pronte ad abbattere il volo. A quel punto hanno fatto salire a bordo i nostri prigionieri, invece delle armi”. In ogni caso la linea politica ucraina è ora il profilo basso. La volontà è mandare al più presto in soffitta il caso, che resta scabroso sia sul profilo internazionale che su quello interno per via delle polemiche sulla brutta fine dei “difensori” e su un abbattimento che in ogni caso cancella – almeno per un po’ – gli scambi di prigionieri. Quello di mercoledì sarebbe stata la ciliegina sulla torta delle celebrazioni del compleanno di Zelensky, che ha cancellato una serie di appuntamenti in cui avrebbe sottolineato il regalo del ritorno a casa degli eroi.
Ora Kiev punta sulle contraddizioni. Chiede inchieste internazionali che non saranno mai autorizzate da Mosca, lasciando che fioriscano un’infinità di teorie. In questo può contare sul fatto che la Russia stia alzando la solita sospetta nuvola di fumo su tutta la vicenda, evitando di fornire evidenze chiare e lasciando quindi il dubbio di avere teso una trappola cinica agli ucraini: usare i loro prigionieri come scudi umani, e poi rinfacciare all’Occidente l’uso “criminale” delle sue armi “difensive” in territorio russo.