Ucraina, si apre la Conferenza di pace in Svizzera. Zelensky: «Facciamo la storia». Cina assente, gli occidentali puntano su India e Arabia Saudita

diGiuseppe Sarcina, inviato a Burgenstock (Svizzera)

Il summit a Burgenstock, Meloni e Tajani per l'Italia

Volodymyr Zelensky «vede» il percorso che può portare alla fine della guerra.  Il leader ucraino si presenta nella sala stampa allestita poco lontano dall'hotel di Burgenstock, immerso nel verde, vista sul lago dei Quattro cantoni e sulla cima del monte Pilatus. Le sue parole danno il via alla Conferenza sulla Pace, nel primo pomeriggio di sabato 15 giugno:  «Siamo qui per dare una possibilità alla diplomazia. Abbiamo messo insieme 101 delegazioni (93 Paesi più otto organizzazioni internazionali, ndr).  Non tutti i leader sono presenti, ma abbiamo già avuto successo nel trasmettere l'idea che una pace giusta sia possibile. Oggi stiamo facendo la storia». Zelensky, accompagnato dalla presidente della Confederazione elvetica, Viola Amherd, non risponde alle domande. Ma poco prima il suo consigliere Andrey Yermak, circondato da telecamere e taccuini, aveva fissato il perimetro politico del summit: «Abbiamo presentato da tempo il nostro piano in dieci punti per avviare il negoziato, ma naturalmente siamo pronti ad ascoltare tutti i suggerimenti. L'obiettivo è mettere a punto una proposta da sottoporre ai rappresentanti della Russia in un secondo meeting».

Vladimir Putin non ha inviato nessuno qui in Svizzera. Fin da gennaio scorso, quando Zelensky e la presidente Amherd avevano lanciato l'idea del vertice, aveva fatto sapere di non essere interessato. Fino all'ultimo, invece, si è sperato di poter coinvolgere Pechino. La «lista ufficiale dei partecipanti» è rimasta «provvisoria» fino a ieri sera. Ma Xi Jinping ha deciso di non accogliere l'invito. Un netto passo indietro rispetto alle ultime riunioni con questo formato. L'8 agosto dello scorso anno, a Gedda, in Arabia Saudita, i cinesi c'erano e si dimostrarono anche fiduciosi sui «colloqui di pace». Oggi, invece, si limitano a inviare una specie di biglietto d'auguri da New York. Il testo è attribuito al vice della rappresentanza permanente all'Onu, Geng Shuang: «Ucraina e Russia devono trovarsi a metà strada per la pace. Le armi possono porre fine a una guerra, ma non possono condurre a una pace duratura. La Cina sollecita le parti in conflitto a dimostrare volontà politica, a riunirsi e ad avviare colloqui il prima possibile per raggiungere un cessate il fuoco e fermare le azioni militari». Pechino, inoltre, «continuerà a sostenere una posizione obiettiva e imparziale, a mantenere una stretta comunicazione con tutte le parti, a sostenere e promuovere con persistenza i colloqui, a esercitare sforzi incessanti e a svolgere un ruolo costruttivo nel facilitare la più rapida soluzione politica possibile alla crisi in Ucraina».
Ma anche se si volesse prendere alla lettera le dichiarazioni cinesi, resta il punto chiave: come convincere Putin a percorrere la sua «metà strada»?

Non si vedono segnali in questa direzione. Il leader russo si è prodotto ieri in un'altra provocazione: ucraini, volete la pace? D'accordo: dateci le quattro regioni che abbiamo occupato e assicurateci che non entrerete nella Nato.
Sono chiaramente condizioni irricevibili. Ma fonti diplomatiche europee spiegano che al momento restano inconciliabili i fondamenti di base. Putin vuole comunque ottenere qualcosa, poi bisognerebbe vedere che cosa in concreto: parte del Donbass? Il corridoio terrestre che collega la Russia alla Crimea? Gli ucraini, a questo punto, non sono disposti a cedere nulla. Ecco perché ora si appellano con ancora più energia ai principi della Carta delle Nazioni Unite che garantiscono l'inviolabilità dei confini di ogni Stato. In fondo è questo l'obiettivo politico della Conferenza svizzera: raccogliere il consenso più largo possibiile su questo concetto. Non è un'operazione nuova: già il 23 febbraio 2023, nel primo anniversario dell'invasione russa, 141 Paesi approvarono la risoluzione dell'Onu che chiedeva il ritiro dell'armata putiniana «in linea con la Carta delle Nazioni unite». In sostanza, un anno e mezzo dopo, siamo ancora fermi lì.
Qui a Burgenstock, Zelensky e il blocco occidentale, presente al completo, proveranno a strappare un impegno più concreto al ministro degli Esteri indiano Pavan Kapoor. All'Onu, quel 23 febbraio, l'India figurò tra i 32 astenuti, insieme con Cina, Iran, Sudafrica.

C'è attenzione anche per i movimenti del ministro degli Esteri saudita, Faisal bin Farhan Al Saud, tra i consiglieri più stretti del principe Bin Salman che ha preferito non esporsi direttamente. Secondo le indiscrezioni la prossima «Conferenza per la pace» potrebbe tenersi di nuovo in Arabia Saudita. Il Cancelliere tedesco, Olaf Scholz, è stato esplicito: «Dovrà esserci anche la Russia». Se ne discuterà oggi pomeriggio e poi domani. Stasera l'Italia sarà rappresentata dal ministro degli Esteri Antonio Tajani. Nella lista ufficiale compare anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Per gli Stati Uniti sono confermati la vice presidente Kamala Harris e il Consigliere per la sicurezza nazionale, Jake Sullivan. Poi il presidente francese Emmanuel Macron, il premier britannico Rishi Sunak, quello canadese Justin Trudeau. E ancora il presidente argentino Javier Milei, il primo ministro giapponese Fumio Kushida. Presente anche il Vaticano, con il Segretario di Stato Pietro Parolin, accreditato come «osservatore».

15 giugno 2024

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