Djokovic è il più grande di sempre dopo l'oro alle Olimpiadi: ora il suo viaggio è terminato

diMarco Imarisio, inviato a Parigi 

Quando un giornalista gli ha recitato la celebre poesia che Walt Whitman dedicò alla memoria di Abramo Lincoln, il serbo si è commosso ancora: «Questo successo mi fa pensare di aver fatto tutto quel che dovevo»

«Capitano mio capitano! Il nostro viaggio tremendo è terminato, la nave ha superato ogni ostacolo, l’ambito premio è conquistato». Quando l’adorante ed emozionato giornalista americano gli ha recitato la poesia che Walt Whitman dedicò alla memoria di Abramo Lincoln, un Novak Djokovic in piena tempesta emotiva si è commosso nuovamente. Non c’è più nulla che debba ancora conquistare. Gli mancava l’oro olimpico, diventato negli anni ossessione e al tempo stesso ferita aperta, per un serbo orgoglioso come lui, che in patria è considerato un Dio e che sentiva di avere un debito con la sua nazione e con la sua forte idea nazionalista. 

Tutti lo davano per sconfitto con Alcaraz 

Quella casella mancante era anche l’unico appiglio di chi continuava a negare l’evidenza. Alle 14 di ieri, quando è cominciata la finale del singolare maschile, nessuno ma proprio nessuno pensava che Novak potesse farcela. Troppo forte e troppo giovane il ventunenne Carlitos Alcaraz, dominatore del circuito, titolare degli ultimi due Slam. Troppo vecchio il trentasettenne Novak, che due mesi fa era stato operato al menisco dopo essersi fatto male proprio qui a Parigi. Un rapido sondaggio comprensivo di giornalisti specializzati, coach e altri addetti ai lavori, aveva dato un verdetto unanime. Due set a zero per lo spagnolo. 

Ancora una volta, a costo di ripeterci, ci eravamo dimenticati di quella furia indomabile che gli invade l’anima fin da quando era ragazzo. Ci erano bastati i primi evidenti segni lasciati dalle ingiurie del tempo per scordarci che lui è Novak Djokovic. Adesso invece siamo qui a scrivere della più bella partita dell’anno. E un giorno racconteremo che noi c’eravamo, quando il fenomeno serbo fece la sua impresa più grande. Come se avesse rifiutato di recitare un copione già scritto. Perché sembrava una resistenza disperata, la sua. Il dritto di Alcaraz lasciava buchi per terra. 

Alcaraz il più forte in campo, ma Djokovic gli ha negato tutto 

Ma Djokovic, semplicemente rifiutava la resa. Otto palle break annullate su otto in un primo set di bellezza estrema, vinto al tie-break e durato 95 minuti. Carlitos è sempre sembrato il giocatore più forte in campo. Ma Djokovic gli ha negato ogni spiraglio, che avrebbe fatto crollare la sua diga, servendo il 74 per cento di prime palle, una percentuale quest’anno mai sfiorata. Alla fine, il suo pianto a dirotto, l’abbraccio con singhiozzi alla figlia Tara, che durante la partita sollevava il cartello con la scritta «papà è il migliore» è stato la prova di quanto ci tenesse, a questo titolo così elusivo. Le sue lacrime di gioia e quelle disperate di Alcaraz sono state forse la migliore pubblicità possibile per il tennis olimpico e per i Giochi in generale. 

Djokovic è il più grande di sempre dopo l'oro alle Olimpiadi: ora il suo viaggio è terminato

La forza di volontà, lo sforzo immane, l’aver fatto di tutto per darsi un’ultima possibilità. Aver dato il proprio meglio in una partita che data la sua età era una occasione irripetibile. Soprattutto, venire osannato dal pubblico nel tempio del suo più grande avversario. Forse il lungo viaggio di Novak è davvero terminato. «Il mio puzzle è ormai completo» è stata la sua risposta che ha fatto ricorso a un’altra metafora. «Vincere la medaglia d’oro per la Serbia, alla mia età, mi fa pensare di aver fatto tutto quel che potevo e dovevo fare nella mia carriera. Credo che per me sia abbastanza». Non sappiamo se sarà capace di andare contro la sua natura di combattente. Ma sarebbe una uscita di scena perfetta, come quella che lui negò a Roger Federer nel 2019, a Wimbledon. La vittoria contro Alcaraz è un sigillo. Capitano, mio capitano. Novak Djokovic è il più grande di sempre. Da ieri, non si tratta più di una opinione. Ma di un dato oggettivo.

5 agosto 2024

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