Milleproroghe, via libera dal Consiglio dei ministri: cosa c’è (e non) nel decreto
di Redazione Economia
Assunzioni e incarichi più semplici nella Sanità. Con il decreto Milleproroghe, approvato in Consiglio dei ministri, vengono estese a tutto il 2024 le procedure semplificate di reclutamento del personale sanitario. Si tratta di neolaureati in medicina, specializzandi, operatori socio-sanitari e medici in pensione. L’intervento nasce dalla necessità di mitigare la mancanza di personale ereditata nell’ultimo decennio e di avviare tempestivamente i giovani medici alla professione garantendola continuità di cura ai pazienti della sanità pubblica. Oltre al coprire eventuali emergenze sui numeri del personale.
di Redazione Economia
Il Milleproroghe interviene su più fronti. Nel dettaglio viene prorogata al 31 dicembre 2024 la possibilità per i laureati in medicina e chirurgia abilitati di assumere incarichi provvisori o di sostituzione di medici di medicina generale. Prorogata anche la possibilità per i medici iscritti al corso di specializzazione in pediatria, durante il percorso formativo, di assumere incarichi provvisori o di sostituzione di pediatri di libera scelta convenzionati con il servizio sanitario nazionale. A mancare sono proprio i medici di base e i pediatri: nei prossimi tre anni ne avremo operativi meno di 10 mila. Viene poi prorogato al 31 dicembre 2024 il termine relativo all’applicazione delle misure straordinarie «per il conferimento di incarichi semestrali di lavoro autonomo ai medici specializzandi e di incarichi a tempo determinato al personale delle professioni sanitarie, agli operatori socio-sanitari e ai medici specializzandi iscritti regolarmente all`ultimo e al penultimo anno di corso della scuola di specializzazione». In più c’è la proroga, al 31 dicembre 2024, del termine per il conferimento di incarichi di lavoro autonomo ai laureati in medicina e chirurgia, abilitati e iscritti agli ordini professionali anche se privi della specializzazione, nonché il termine relativo alla proroga degli incarichi semestrali di lavoro autonomo per dirigenti medici e personale del ruolo sanitario «collocati in quiescenza, anche non iscritti al competente albo professionale». Quindi anche i medici pensionati.
di Dario Di Vico
Si tratta di una misura-tampone. Come noto la professione medica vive una crisi profonda. Quasi la metà dei medici del Servizio sanitario nazionale (il 46%) pensa di appendere in anticipo il camice bianco al chiodo, soprattutto per evitare presenti e futuri tagli alla pensione, ma anche per i carichi di lavoro eccessivi. Non solo: un terzo abbondante, se tornasse indietro, non sceglierebbe più di iscriversi a Medicina. E il 12% oggi pensa di cambiare mestiere. Questo l’allarme lanciato dalla survey condotta da Fadoi, la Federazione dei medici internisti ospedalieri, su un campione rappresentativo di camici bianchi di tutte le regioni italiane. Medici d’esperienza che hanno alle spalle in oltre la metà dei casi molti anni di carriera, con appena il 30% del campione che lavora da meno di 10 anni nel Ssn. Nel dettaglio, l’idea di tagliare in anticipo il traguardo della pensione riguarda 46,15% dei medici pubblici, percentuale così alta - osserva la Fadoi - che, se pure nel 10% dei casi si trasformasse in realtà, significherebbe la fuoriuscita anticipata dai nostri ospedali di decine di migliaia di professionisti. A spingere il 57,14% dei medici al pensionamento anticipato è la paura di subire un taglio alla pensione, magari con misure retroattive come quelle introdotte nella Manovra, anche se poi alleggerite con un successivo emendamento. Per il 30,95% la causa sarebbero gli eccessivi carichi di lavoro, mentre la bassa retribuzione motiva solo il 2,38% e la voglia di chiudere la carriera all’estero il 9,53%.
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