Europee, tutti in coda da Emma Bonino: la gara dei «corteggiatori» (che poi litigano tra loro)

diRoberto Gressi

Gli scontri Renzi-Calenda e la necessità di superare il tetto del 4%

Bonino

Emma Bonino

C’è la fila, con il cappello in mano, davanti a quella porta. Questuanti, corteggiatori, affamati di voti, saccheggiatori di eredità politica, portatori di doni, che sono poi i più temibili. Anzi, più che una fila è una ressa, si danno gomitate, si sgambettano, promettono, magari con le dita incrociate dietro alla schiena. Giurano che di loro ci si può fidare e degli altri no. E anche quelli che pensano di non essere degni di sedere alla sua mensa, lo stesso la invocano: «Dì una sola parola e io sarò salvato». Ché per sedersi a Strasburgo, anche solo su uno strapuntino, serve almeno il quattro per cento. E soprattutto premono: «Se non ci fosse posto per tutti, ti scongiuro, scegli me».

La porta è quella di Emma Bonino, 75 anni, nata in quel di Bra, provincia di Cuneo, l’otto marzo del 1948, ma sui documenti c’è scritto il nove, perché fu registrata il giorno dopo. L’anima radicale, una vita nella politica e nelle istituzioni, fino a creare un partito che ha nel nome il suo programma: +Europa

Donna di idee e donna pratica, Emma Bonino. Dà appuntamento ai corteggiatori il 24 febbraio a Roma, al centro congressi di via Palermo. Sono invitate le famiglie politiche che si ritrovano in Renew Europe. I partiti dell’Alde come +Europa e quindi Calenda per Azione e Renzi per Italia viva. E poi, in seconda battuta, Elly Schlein per il Pd, Angelo Bonelli per i Verdi, Enzo Maraio per i socialisti. Non Giuseppe Conte, visto che i Cinque Stelle hanno esordito con il leader della Brexit Farage e votato contro il sostegno all’Ucraina. 

Eccola, la sua proposta, rivolta soprattutto a Renzi e Calenda: c’è una destra reazionaria e sovranista che gioca una partita storica, per uscire dall’angolo e diventare decisiva per le maggioranze dell’Europarlamento. Se andiamo alle elezioni divisi buttiamo nella pattumiera oltre due milioni di voti. Se invece facciamo una lista di scopo, con il programma degli Stati uniti d’Europa, possiamo essere decisivi. Potremmo eleggere otto deputati, quattro dei quali tolti a Giorgia Meloni. A condizione di mettere da parte le cose italiote. Lasciamo le beghe di casa dove stanno e uniamoci in un cartello elettorale. Divisi non si va da nessuna parte e gli elettori se la danno a gambe se pensano che non possiamo superare la soglia di sbarramento.

Insomma, avanti così, senza rancore. E sì che Emma qualche ragione di risentimento ce l’avrebbe: Renzi la fece fuori da ministra degli Esteri nel suo governo, Calenda la mollò nell’alleanza con Letta alla vigilia delle elezioni politiche, per candidarsi poi nel suo stesso seggio contribuendo all’esclusione di Bonino dal Senato.

E allora, se è lei a fare il primo sacrificio, è fatta, direbbero gli osservatori da Marte delle cose italiane. E invece manco per niente. La lista con tutti dentro ha meno possibilità delle combinazioni del superenalotto, non si fidano l’uno dell’altro nemmeno con lo scambio del primogenito in ostaggio. Maria Elena Boschi: «Noi ci siamo, Emma. Non mettiamo veti su Calenda, prendiamo atto dei suoi. Lo lasciamo alle sue ossessioni. Renzi candidato? Ne discuteremo, non facciamo politica per ambizione personale». Carlo Calenda: «Noi ci siamo, Emma. Ma con Renzi è escluso, ho già dato, mi sono alleato con uno che ha fatto votare La Russa».

E poi non mancano i piani B, se Bonino dovesse lasciarli a piedi. Renzi pronto a fare il capolista ovunque e intanto traffica con Clemente Mastella e Salvatore Cuffaro. Calenda che briga con Cateno De Luca. E non dimentichiamo che ci sono pure i Libdem europei, con Andrea Marcucci e Oscar Giannino, quello che millantò di aver cantato allo Zecchino d’oro, smentito dal Mago Zurlì. Non mancano nemmeno le tifoserie dentro +Europa, chi con Renzi e chi con Calenda, anche se poi l’alleanza deve essere approvata dai due terzi del partito, se si vogliono usare i fondi e il logo per la campagna elettorale.

Emma Bonino però non si arrende e avverte i corteggiatori che non possono agire solo per interesse: «Temo un’Europa delle piccole patrie, una somma di egoismi, che mina lo Stato di diritto e riduce la libertà», ha detto a Repubblica sperando che intendano. E se non bastasse? Be’, si è pur laureata con una tesi su Malcom X e potrebbe ricordare ai due galli rivali che «coloro che non ascoltano niente cadranno per qualsiasi cosa».

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12 febbraio 2024

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