Credem: modello banca universale, ma in formato tascabile. Campani: «Noi siamo pronti per il risiko»

Credem: modello banca universale, ma in formato tascabile. Campani: «Pronti per il risiko» Credem: modello banca universale, ma in formato tascabile. Campani: «Pronti per il risiko»

Un tempo a Reggio Emilia c’erano le Reggiane, officine meccaniche identitarie per i primi 50 anni del secolo scorso. Da sempre a Reggio c’è il Lambrusco e dal dopoguerra ci sono le Cantine Riunite, che lo portano in tutto il mondo. Proprio dove arriva il Parmigiano Reggiano, altro marchio che contribuisce all’identità del territorio, quello che vanta il maggior numero di imitazioni, direbbero alla Settimana enigmistica. Da qualche decennio, a Reggio Emilia, c’è anche una fabbrica di manager bancari. Tutti fatti in casa, covati nei corridoi del Credito Emiliano, nella sede di palazzo Spalletti-Trivelli, in via Emilia San Pietro.

Angelo Campani, 61 anni compiuti il 9 settembre, è l’ultimo della covata. Dal 1° febbraio 2023 è direttore generale del Credem, posizione che in un passato recente fu di Nazzareno Gregori e Adolfo Bizzocchi, tutti prodotti della medesima casa. Sposato, divorziato, risposato e con tre figli, Campani ha messo piede al Credem nell’81, subito dopo il diploma. Aveva 19 anni. Fu assegnato al servizio cassa in una filiale di periferia. Appassionato di montagna, ha casa a 50 chilometri dal centro, divide le passioni sportive tra l’Inter e l’abbonamento alla Pallacanestro Reggiana. Dall’81 ha scalato tutte le tappe di una carriera interna che lo ha portato al vertice del Credito Emiliano, una media banca italiana dalla storia un po’ particolare: fondata il 5 maggio 1910 come Banca Agricola Commerciale, è controllata da Credemholding per il 76,874 per cento. All’interno della holding gli industriali del tessile Maramotti, un impero da più di 4 miliardi di euro, hanno il 24,58 per cento del capitale di una banca che controlla circa il 2,5 del mercato italiano.

Campani, l’ultima trimestrale parla di un Credem in salute.

«Abbiamo registrato risultati ottimi. Questo è un anno straordinario per le banche. Noi abbiamo realizzato l’utile netto più alto della nostra storia. Al 30 settembre abbiamo registrato un risultato netto superiore all’intero 2022. Risultati dovuti all’espansione del margine finanziario, con il trend dei tassi, a cui però abbiamo affiancato la tenuta delle commissioni nette che sono un elemento di resilienza molto importante, utilissimo negli ultimi dieci anni e credo anche nel prossimo futuro, quando i tassi si ridimensioneranno».

A bilancio ci sono voci in controtendenza rispetto alla media nazionale.

«Siamo riusciti a coniugare una crescita molto importante dei volumi: registriamo un +4 per cento di impieghi, mentre l’industria nel suo insieme registra -4 e sulla raccolta diretta registriamo un +6 per cento, mentre il sistema fa -2».

In un contesto economico che sta rallentando, come ci siete riusciti?

«Abbiamo sempre dato importanza al concetto di crescita sostenibile e i risultati sono stati possibili perché abbiamo una squadra di persone fortemente coesa e integrata nel gruppo».

Siete una banca per famiglie e pmi. Come stanno le aziende vostre clienti?

«Si iniziano ad avvertire le difficoltà di un contesto socio-economico che rallenta. In primis, gli investimenti. Le aziende hanno minori esigenze finanziarie o magari utilizzano la liquidità che avevano raccolto in precedenza. Siamo però fiduciosi: nell’anno abbiamo oltre 120 mila nuovi clienti e questi rappresentano anche un volano di raccolta».

È il momento delle banche specialistiche. Voi invece continuate a offrire un servizio universale, pur non avendo le dimensioni di Intesa o Unicredit. Perché?

«La nostra è una offerta a 360 gradi. Abbiamo un modello di business, che chiamiamo Federation of business, in cui siamo molto completi, sia sul lato delle fabbriche prodotto che delle reti distributive. Quindi abbiamo delle filiere verticali molto integrate. Siamo proprietari di tutte le nostre fabbriche prodotto, eccetto una joint-venture nelle assicurazioni danni con Reale Mutua. Questo ci consente di avere sulla clientela una proposizione molto rotonda».

Ma i business bancari sono sempre più specialistici.

«E noi abbiamo una competenza in ognuno di questi business che riusciamo a trasferire al cliente. È un tema quasi di educazione finanziaria o di democratizzazione della banca, che ci sta molto a cuore. Questo ci permette di continuare a crescere, intercettando i diversi bisogni dei clienti. La vicinanza alla clientela e la formula della Federation of business ci ha permesso stabilità di risultati consentendoci di attraversare i mari con le onde perigliose di questi ultimi anni, tenendo la barra a dritta e portando a casa i migliori risultati possibili».

I tassi di interesse quando cambieranno direzione?

«Mi sembra che il mercato inizi a scontare un primo taglio dei tassi dall’estate inoltrata del 2024. Io mi aspetto un rientro, in Europa, nel 2025, 2026. Questo significa che il 2024 qualche tensione economica potrebbe generarla».

Lei sottolinea il rapporto con la clientela. Ma la digitalizzazione dei servizi bancari sembra condurre l’industria verso altri standard, meno legati al rapporto personale.

«Noi siamo convinti sia il cliente a dover scegliere. Sta al cliente scegliere se vuole una relazione solo digitale, se vuole una filiale fisica o se preferisce un gestore remoto da contattare in videoconferenza. Sta a lui e non è una questione di dimensione dei patrimoni. Il valore della competenza è il primo elemento di educazione finanziaria».

Il wealth management è al centro dell’interesse di tutti i risparmiatori. Voi con Euromobiliare ne avete fatto uno strumento di competitività.

«Siamo il quinto gruppo sul mercato italiano e lo dobbiamo proprio alle nostre competenze. La vicinanza alle imprese ci ha permesso di aiutarle nel momento delicato del passaggio generazionale, con risultati importanti per l’imprenditore, l’impresa e anche per noi e l’intero tessuto economico in cui ci troviamo ad operare. Ecco, in questo settore abbiamo cercato di non limitare la nostra attività ai soli servizi di investimento, offrendo risposte ai bisogni più sofisticati della clientela».

Rimaniamo sulle imprese. Calo del pil, calo degli investimenti. I motivi di preoccupazione non mancano.

«Si, ma quello che parallelamente registriamo, ed è un bel segnale, è la tenuta della situazione finanziaria delle imprese. Abbiamo una gestione prudente e attenta dei rischi e un portafoglio di imprese molto sane. Il default rate, ovvero il tasso di passaggio a crediti problematici, è per noi inferiore allo 0,5% e non vediamo segnali diversi. Tecnicamente, le imprese considerate in stage 2, ovvero con i primi segnali di rischio, valgono il 6 per cento della clientela. Per le banche vigilate dalla Bce siamo al 9 per cento. In Italia la media è 11,2 per cento. Quindi, nel breve termine, i segnali sono ancora molto buoni».

A quanto chiuderete l’anno?

«Chiuderemo bene, molto bene, anche se non linearmente rispetto ai primi tre trimestri e rafforzandoci patrimonialmente. Ci sono anche le condizioni favorevoli per dare soddisfazione agli azionisti, anche se questo è un tema di esclusiva competenza del cda».

Come gruppo siete cresciuti per linee esterne, un paio d’anni fa, acquisendo CariCento. Nuovi target?

«Abbiamo un piano di crescita per linee interne, ma rimaniamo aperti a operazioni di acquisizione. Anche se oggi le operazioni di M&A sono congelate da questo momento molto positivo per il settore. A breve non penso ci saranno grandi aperture, ma fra 12-18 mesi qualcosa potrebbe accadere e noi ci saremo a quell’appuntamento».

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