Oro, record storico spinto dalla scommessa sul taglio dei tassi

Oro, record storico spinto dalla scommessa sul taglio dei tassi Oro, record storico spinto dalla scommessa sul taglio dei tassi

L’oro vola oltre ogni record superando quota 2.100 dollari l’oncia. Ieri la quotazione del metallo prezioso è salita più del 3% a 2.135,39 dollari l’oncia: è il massimo di tutti i tempi. L’ultimo record risale all’agosto 2020, durante i tempi bui della pandemia del Covid, quando il metallo giallo ha toccato 2.072, 49 dollari l’oncia.

A spingere l’oro è la scommessa degli investitori su un taglio dei tassi da parte della Federal Reserve prima di quanto il presidente Jerome Powell voglia ammettere. Ma contribuisce anche la debolezza del dollaro, pure indebolito dalle speculazioni sulla politica monetaria, e ciò rende più conveniente acquistare il metallo giallo, da sempre il bene rifugio per eccellenza in momenti di incertezza e attesa come quelli attuali,in cui la guerra tra Israele e Hamas si è aggiunta all’offensiva russa in Ucraina, aumentando le tensioni sui mercati.

Venerdì è bastata una frase ambigua di Powell per convincere gli investitori in un taglio dei tassi di interesse già a marzo 2024. Il presidente della Fed ha affermato di «non escludere» un’ulteriore stretta monetaria, dopo i 10 rialzi consecutivi che in poco meno di un anno hanno portato i tassi di riferimento americani da zero a un intervallo tra il 5,25 e il 5,5%. Ma poi ha aggiunto che tassi americani sono «già in territorio restrittivo».

Anche gli ultimi dati sull’inflazione segnalano che la stretta monetaria delle banche centrali sta portando molti degli effetti sperati, con una caduta dei prezzi dei beni durevoli negli Stati Uniti, negli ultimi 5 mesi, in particolare di elettrodomestici, mobile e auto usate. L’inflazione core, che esclude i beni energia e beni alimentari, ed è il parametro che la Fed guarda di più, a ottobre è diminuita al 3,5% dal 5,5% di settembre 2022, mentre l’indice die prezzi al consumo, su base annua, è sceso al 3,2 dal 3,7% del mese prima, nonostante la forza dell’economia, con il Pil Usa cresciuto del 5,2% (in seconda lettura) nel terzo trimestre.

Anche in Europa, dove i tassi sono al 4,5% , l’inflazione a novembre è scesa più delle attese, f ino al 2,4% in media nella zona euro, secondo le prime stime, dal 2,9% di ottobre alimentando le speranze che dopo la pausa delle ultime riunioni di politica monetaria, la Bce prenda in considerazione di tagliare il costo del denaro, che frena soprattutto gli investimenti delle piccole e media imprese.

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