Il volo di Donnarumma, poi la lezione di calcio: perché Italia-Spagna è una verità crudele
Le idee di Spalletti restano nel suo calcio coraggioso, forse visionario. Gli Spagnoli ci hanno fatto una testa così, Di Lorenzo trattato da Williams come un birillo
Perdiamo male. La Spagna ci ha dato una spaventosa lezione di calcio. Adesso siamo dentro una verità netta e crudele: la nostra Nazionale ha dei limiti enormi e tutta la bravura di Luciano Spalletti, forse, non basta. Dobbiamo essere consapevoli e mantenere la calma. È da stupidi trovare scuse. Sono questi i calciatori che abbiamo. È davvero inutile mettersi a sperare nei progetti pieni di luce e di modernità del nostro cittì. Il suo genio e la sua pignoleria prossima al tormento hanno bisogno di tempo, forse.
Sono, come sempre, pensieri sparsi.
Ma sarebbe persino sbagliato dargli un ordine logico.
La partita ti resta impressa con appunti mentali, flash, immagini, sensazioni, botte di ansia, Donnarumma che deve volare, e poi con un po’ di cronaca battente, di stupore che invece devi fermare per forza con qualcosa di scritto. Si lasciano un paio di pagine bianche sulla Moleskine per mestiere, sperando di riempirle alla fine con un racconto diverso. Ma, intanto, quello del primo tempo rimane impressionante: la Spagna ci sta facendo una testa così. È complicato dire se sia calcio relazionale, come va di moda dire adesso. Avete presente? Gli spazi da occupare, le riaggressioni alte, lo stare legati e insomma no, davvero, boh. Gli spagnoli fanno calcio. È così che si gioca a calcio? Sì, è così. Di certo senza nemmeno stare più stretti nel loro vincente, e assai stucchevole, tiki-taka. Il pallone lo fanno girare a velocità se possibile anche superiore, e sempre comunque massimo a due tocchi: però adesso — rispetto al passato — vanno per fiammate strepitose.
Di Lorenzo come un birillo
Dettagli che è un purissimo piacere cercare di descrivere: le due ali, Williams e Yamal, partono larghissimi, per poi stringersi di colpo ai fianchi di Morata (Williams, in particolare, sta trattando Di Lorenzo come un birillo). I loro terzini salgono sulle fasce e così i centrocampisti spagnoli hanno sempre almeno quattro, cinque diverse linee di passaggio possibili. Rodri, il più forte regista d’Europa, gioca in totale scioltezza. Fabian Ruiz: testa alta, il pallone accarezzato, uno spettacolo di calciatore. Pedri, poi, deve avere una calamita attaccata agli scarpini.
Gigione decisivo
Scarabocchiate queste note: nei primi 24 minuti, gli uomini di Luis de la Fuente (questo è bravo, eh) hanno quattro clamorose occasioni da gol. Con Gigione che è decisivo tre volte, e con Williams che colpisce di testa e la manda fuori di mezzo metro, forse meno. Entrano whatsapp dall’Italia di gente che sta guardando la partita. Il concetto è uno: fanno spavento, ma — per fortuna — non segnano. Durerà?
Spalletti la speranza
Spalletti è la nostra unica, legittima speranza. Certo aveva in mente un’altra partita. L’aveva immaginata e preparata con passione e speranza. Ma poi c’è il campo. C’è che se il tuo centravanti è Scamacca e loro hanno Morata, la faccenda è dura in partenza. Forse non sapremo mai cosa ha detto negli spogliatoi, durante l’intervallo, ai nostri. Comunque lascia a farsi la doccia Jorginho e Frattesi, e mette Cristante e Cambiaso. La prova che cerca di tornare dentro la partita con più lucidità e un po’ più di gamba. Solo che quelli, gli spagnoli, non mollano. Hanno un ritmo grandioso. Lo sguardo s’incanta sul ragazzino minorenne con la maglia numero 19: una vera delizia. Ci mette leggerezza e talento, è meravigliosamente sfrontato, rapido e concreto. Riflessioni e chiacchiere, qui in tribuna, interrotte dall’autogol di Calafiori. Gli spagnoli passano in vantaggio in modo vagamente meschino. Ma che gli vuoi dire. Anzi: speriamo si diano una calmata.
Il progetto coraggioso
Noi facciamo entrare Zaccagni, santo cielo. Il calcio italiano a questo è ridotto. Per raddrizzare la partita mettiamo lui e Retegui. Però continuano ad avercela gli spagnoli. Sono chiaramente calciatori di un altro livello. Lo capisci dai piedi che hanno, certo: ma anche da come restano concentrati, chiusi nella loro ossessione di cercarsi, aiutarsi, trovarsi. Spalletti sapeva e sa tutto. Per questo aveva pensato di provare a giocarsela con un progetto tattico preciso e coraggioso. Forse pure visionario. Probabilmente, ha ragione lui: era la nostra unica possibilità.
Le urla a Zaccagni
Adesso lui però ha la testa incassata e le mani in tasca. Urla qualcosa a Zaccagni. Ma è Zaccagni. E guardate che al posto suo avremmo potuto avere Berardi o Zaniolo, se non si fossero infortunati: e non sono nomi, francamente, che possano portarci stasera dentro un rimpianto assoluto.
Da qui, dalla tribuna stampa, non si vede quella d’onore. Nemmeno a sporgersi, che ci sono due colleghi tedeschi gonfi di birra e grossi come armadi, impegnati a picchiare sui computer come forsennati. Però sarebbe interessante vedere le facce dei dirigenti del nostro calcio. Si stanno divertendo?