Perché i super ricchi sono diventati più avari ed è un problema per tutti
di Elena Tebano
Ieri mattina, negli spazi della Cassa Depositi e Prestiti, a Milano, l’Osservatorio Banca Impresa 2030 si è riunito per la seconda sessione annuale di lavori che coincide con il quinto anniversario di attività.
Fondato all’inizio del 2018 grazie al fondamentale apporto di Fondazione comunitaria del Varesotto, Fondazione Corriere della Sera, Kpmg, Aifi, Liuc Business School e a L’Economia del Corriere della Sera, l’Osservatorio svolge dal primo giorno, sotto la spinta stimolante di Anna Gervasoni, direttore generale dell’Aifi, un lavoro di screening e analisi dei rapporti che intercorrono tra mondo imprenditoriale e sistema creditizio, proponendo le riflessioni e le testimonianze di alcuni dei più importanti manager del settore in Italia.
Sono stati cinque anni particolarmente complessi e affascinanti, soprattutto per il sistema bancario che si è trovato ad essere oggi più forte di allora dopo aver attraversato esami severissimi, come sono stati la gestione dei Non performing loans e il salto al digitale imposto dalla pandemia del 2020, oltre ai due più recenti conflitti internazionali. Trovate le soluzioni per gli Npl, il sistema bancario nazionale ha potuto rispondere ai nuovi parametri di operatività richiesti dalla crisi sanitaria solo perché le infrastrutture digitali erano già pronte, ignorate ma pronte. Ed è bastato quindi attivare i canali per ottenere il risultato fondamentale di non chiudere mai l’operatività bancaria, neppure nelle settimane più nere della stagione del Covid, facendo ampio ricorso al lavoro da remoto, che ha permesso di mantenere attivi tutti i canali di finanziamento e di pagamento, evitando così il collasso del sistema.
Lo sviluppo e la diffusione delle tecnologie digitali in questi cinque anni è stato rilevante. Le fintech, le microaziende tecnologiche, da fenomeno di costume si sono trasformate in partner affidabili: sulle tecnologie informatiche hanno puntato parte del loro futuro non solo gruppi di ragazzini chiusi nell’equivalente italiano del garage americano, ma anche banchieri di lungo corso, che hanno investito denari propri – come è stato il caso di Aidexa, fondata dall’ex direttore generale di Unicredit Roberto Nicastro – o denari di investitori internazionali – come nel caso di illimity, la creatura dell’ex ministro dell’Economia Corrado Passera -.
Parallelamente allo sviluppo impetuoso delle fintech e dei contenuti informatici, in questi anni si è però svelata la resilienza del sistema bancario, che sta cambiando volto a sua volta. La nascita di isybank, il rilancio di Buddy Bank, il ruolo di Widiba e di Webank sono la testimonianza che quattro dei primi grandi gruppi creditizi nazionali (Intesa, Unicredit, Mps e Banco Bpm) hanno concentrato attenzione e risorse sulla banca del futuro, che sarà sì più digitale, ma che continuerà ad essere un partner fondamentale per le imprese, soprattutto in prossimità delle scelte strategiche. Se all’industria viene indicata sempre più frequentemente la strada dei mercati esteri come percorso di sviluppo, le banche non possono essere da meno e devono guardare a rapporti di accompagnamento delle aziende italiane in maniera organica e non più episodica.
La pandemia è risultata uno straordinario acceleratore della diffusione delle tecnologie informatiche e l’Osservatorio, che aveva fissato alla fine dell’attuale decennio il momento di sintesi di un nuovo rapporto tra i mondi della finanza e della produzione, ha dovuto fotografare che il cambiamento è già avvenuto e che continua quotidianamente sulla spinta dello sviluppo tecnologico. Se il digitale è divenuto sempre più parte della quotidianità, le banche non sono state da meno e sono evolute. Lo dimostra, oltre alla serie di servizi oggi possibili da remoto, anche quell’indicatore che somma efficienza, risultati e aspettative di mercato che è la capitalizzazione di Borsa. Il 13 giugno 2018, data della prima riunione semestrale dell’Osservatorio, le prime banche commerciali italiane (Intesa, Unicredit, Banco Bpm, Monte dei Paschi, Bper, Credem e Ubi, le cui attività oggi sono divise tra Intesa e Bper) capitalizzavano 88,304 miliardi di euro. Venerdì 17 novembre 2023 il loro valore era di 112,08 miliardi di euro. Una crescita in termini assoluti di 23,7 miliardi, che equivale al 27 per cento in cinque anni tempestosi.
A questi temi è stato dedicato l’appuntamento di lunedì 20 novembre, che ha visto partecipare Marco Corti di Kpmg, Giuseppe Castagna di Banco Bpm, Corrado Passera di illimity, Giovanni Pirovano di Banca Mediolanum, Alessandro Spada di Assolombarda, Alessandra Perrazzelli di Banca d’Italia, Anna Maria Tarantola della Fondazione Centesimus Annus Pro Pontefice, Giovanni Brugnoli di Confindustria, Innocenzo Cipolletta dell’Aifi, Flavia Mazzarella di Bper, Pier Carlo Padoan di Unicredit, oltre al vice direttore del Corriere della Sera, Daniele Manca e al padrone di casa, Giovanni Gorno Tempini, presidente della Cassa Depositi e Prestiti.
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21 nov 2023
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