Giansanti: «Più sovranità alimentare altrimenti l’olio lo prenderemo dagli arabi»

Giansanti: «Più sovranità alimentare altrimenti l'olio lo prenderemo dagli arabi» Giansanti: «Più sovranità alimentare altrimenti l’olio lo prenderemo dagli arabi» Massimiliano Giansanti. presidente di Confagricoltura

Centralità dell’agricoltura e nuova geopolitica del cibo alla luce dei conflitti alle porte dell’Europa e del Mediterraneo. Con un focus sulla sovranità alimentare, intesa come capacità produttiva del Paese in un contesto internazionale condizionato ancora da politiche speculative. Sono questi gli argomenti principali che il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti porrà al centro dell’attenzione nel corso dell’assemblea invernale 2023 di Confagricoltura sul tema «Agricoltori, protagonisti del futuro ambiente, territorio, impresa: gli attrezzi della Costituzione». All’appuntamento di martedì 12 dicembre a Roma parteciperà il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: interverranno il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani, l’altro vicepresidente del Consiglio e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida.

Presidente, cosa chiederà ai rappresentanti del governo che interverranno all’assemblea di Confagricoltura?
«Chiederemo forte attenzione per un settore che la merita tutta: l’Italia è il Paese che negli ultimi 10 anni è cresciuto di più in Europa per le esportazioni agroalimentari».

Che tipo di attenzione?
«Quella di incrementare sempre più la produzione nazionale per aumentare la strategicità e la sovranità del nostro Paese e del nostro Continente rispetto alle sfide di un mercato sempre più difficile».

A quali difficoltà fa riferimento? Alla speculazione che ha accompagnato il conflitto fra Russia e Ucraina?
«Non solo. Se sulla speculazione internazionale non si può fare nulla, sul resto ci si può muovere. Negli Stati Uniti sono previsti, per la transizione ecologica, agevolazioni per 20 miliardi di dollari. In Europa, invece, solo vincoli e sanzioni. Probabilmente sia negli Usa che in Europa gli obiettivi saranno raggiunti nel 2035, ma noi ci arriveremo con un sistema agricolo indebolito e gli statunitensi con uno rafforzato».

E cosa può fare il governo?
«I nostri competitor di Francia e Germania potranno beneficiare di aiuti di Stato in virtù di una capacità di spesa, di quei due Paesi, costruita negli anni. L’Italia, ma anche l’Europa, deve capire se vuole puntare ancora sull’agricoltura. Se vuole farlo, deve fare uno sforzo. Altrimenti l’agricoltura mondiale andrà in altre direzioni».

Quali?
«È presto detto: l’Arabia Saudita ha un piano enorme per la produzione di olio di oliva, la Cina detiene oltre il 50% delle principali scorte delle commodities agricole e la Russia sarà il principale Paese esportatore di frumento con una quota del 25% del mercato mondiale. La geopolitica del cibo è pronta a cambiare».

Sta dicendo che il governo e i parlamentari, italiani ed europei, non hanno fatto quello che si aspettava?
«Dal punto di vista dell’attività internazionale sono stati fatti passi importanti: il governo si è impegnato in materia significativa contro alcune derive ideologiche europee. Penso alla proposta della Commissione europea, poi respinta, per la riduzione del 50 per cento dell’utilizzo di fitofarmaci in agricoltura e al divieto di utilizzo di imballaggi monouso per frutta e verdura fresca sotto 1,5 chilogrammi, anche questa bocciata».

Resta l’addio alla cosiddetta monosuccessione stabilita da Bruxelles, in pratica un obbligo di avvicendamento delle colture previsto dalla nuova Pac (Politica agricola comune) che mette a rischio la coltivazione di mais nel Nord Italia e di grano duro al Sud.
«Ero a Bruxelles nei giorni scorsi, e accolgo favorevolmente la proposta di Italia e Francia che si sono fatte capofila di diversi Paesi nel chiedere l’aumento delle superfici destinate a essere seminate, mettendo fine ai terreni destinati alla non produzione, e la deroga allo stop alla monosuccessione. Le proposte saranno discusse a livello di Consiglio agricolo europeo. Speriamo bene: sarebbe un rischio enorme per il Paese, non possiamo permetterci di coltivare mais e grano duro un anno sì e un anno no».

E a livello nazionale cosa si aspetta dal governo?
«A livello nazionale diamo il tempo al governo di presentare la prima vera legge di Bilancio, anche se siamo consapevoli che i margini di manovra sono strettissimi. E poi vediamo cosa ci sarà nel nuovo Piano agricolo di medio periodo, che spero arriverà nel 2024. Lo aspettiamo da quasi mezzo secolo, dai tempi del ministro Marcora».

Cosa spera che ci sia?
«Spero che metta al centro il mercato, il nodo delle polizze assicurative per affrontare il cambiamento climatico e nuovi strumenti della logistica per aumentare la velocita di raggiungimento dei mercati. Oltre allo sviluppo della promozione del made in Italy all’estero».

Sul no alla carne sintetica qual è la vostra posizione?
«Confagricoltura da sempre promuove la ricerca in agricoltura, ma la carne sintetica non ha nulla a che vedere con i modelli agricoli. E poi c’è anche un problema di carattere etico dietro la titolarità dei brevetti per la produzione di carne sintetica: a me non sta bene che grandi fondi di investimento posano investire solo guardano il profitto».

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