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di Mario Gerevini
Cinecittà va in scena a Piazza Affari? Stando a quanto riferito da più fonti, il ministero dell’Economia e delle Finanze sta valutando la quotazione in Borsa degli storici studi cinematografici di Roma che sono stati teatro di film come Amarcord di Federico Fellini, il colossal Ben Hur e, più di recente, di M. il figlio del secolo, la serie tv tratta dai romanzi di Antonio Scurati su Benito Mussolini (che volle e inaugurò nel 1937 gli studios italiani). Il progetto è nelle fasi iniziali, ma godrebbe anche del sostegno del ministero della Cultura che, d’intesa con il Tesoro, esercita i diritti di azionista di Cinecittà.
L’approdo a Milano consentirebbe di valorizzare il lavoro svolto da che nel 2017 l’azienda è tornata sotto il controllo statale e soprattutto da che nel 2021 è diventata una società per azioni 100% pubblica, affidata alla guida del manager ex Sky, Nicola Maccanico (il cui mandato triennale è in scadenza quest’anno). Nel 2022, infatti, Cinecittà ha chiuso il bilancio in attivo per la prima volta da tempo, con un utile di 1,8 milioni. I ricavi sono più che raddoppiati rispetto all’anno precedente, superando i 40 milioni, grazie alla piena occupazione dei teatri di posa. La crescita degli incassi dovrebbe essere confermata anche nel 2023, con risultati ben oltre le attese contenute nel piano industriale che al 2026 prevedeva un fatturato industriale di circa 45 milioni — a cui si aggiungono ogni anno 25 milioni di contributi pubblici — e un margine operativo lordo di 16 milioni.
di Mario Gerevini
Dopo un lungo periodo di scarso sfruttamento della capacità produttiva, del resto, la «fabbrica dei sogni» è tornata a sfornarne. Il boom delle serie televisive di colossi come Netflix, Amazon, Sony e Fremantle ha ridato slancio alle produzioni in tutto il mondo. Cinecittà è riuscita ad attrarne in quantità in Italia grazie al piano di riorganizzazione, alla tradizione, alla qualità delle maestranze e al credito fiscale riconosciuto fino al 40% alle produzioni di film nazionali.
L’attenzione all’industria cinematografica è confermata dallo stanziamento nel Pnrr di 260 milioni per ampliare Cinecittà, accelerarne la digitalizzazione degli archivi e investire sulla sostenibilità delle sue strutture. Il piano porterà alla ristrutturazione di quattro teatri esistenti e alla costruzioni di cinque nuovi, portando il totale degli spazi di posa da 20 a 25. Segno della fiducia nelle prospettive degli studios che avrebbero già riempito il libro prenotazioni per gli anni a venire.
La storia, il marchio e le prospettive di crescita di Cinecittà rappresenterebbero insomma altrettanti punti di forza in vista di una quotazione della società, qualora il governo decida di procedere in tal senso. Come detto, infatti, il disegno di quotazione è per il momento una bozza, tanto che il Tesoro non avrebbe affidato un incarico ad alcuna banca d’affari né, tantomeno, deciso quale quota collocare sul mercato e a quale prezzo. Lo sbarco di Cinecittà a Piazza Affari potrebbe comunque contribuire dal punto di vista non solo economico ma anche simbolico al piano di privatizzazioni da 20 miliardi che il governo si è impegnato a realizzare entro il 2026.
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