Al calcio italiano servono riforme, tutti d’accordo. Ma quali? E a chi spetta proporle? Da una parte, c’� la Figc che ha preparato un piano strategico di riforme, convocando per l’11 marzo un’assemblea per la modifica dello statuto, di giorno in giorno pi� in bilico. Dall’altra, c’� la Lega Serie A che, volendo contare di pi� nella gestione del pallone, accarezza l’idea di adottare il modello �Premier League�; di separarsi, cio�, dalla Federazione per ottenere maggiore autonomia. In mezzo, le grandi — Inter, Milan, Juventus e Roma — che giocano la loro partita e hanno chiesto alla Figc di ridurre da 20 a 18 il numero di squadre in serie A, scatenando l’ira degli altri club che temono di vedere il diritto di autodeterminazione del format sacrificato sull’altare dei ricchi tornei internazionali.
Serie A, le riforme: i piani di Figc e Lega. Scontro sul ruolo di Marotta
La A vuole contare di pi� e chiede riforma della legge Melandri e tetto agli stipendi. Inter, Juventus e Milan chiedono un campionato a 18 squadre

Complici gli interessi in gioco e il momento delicato per il settore, le tensioni hanno raggiunto livelli di guardia, vicini alla soglia di una clamorosa spaccatura al vertice del pallone, un’industria che vale cinque miliardi all’anno. L’ultima bozza di progetto della serie A mette infatti nero su bianco la possibilit� di adottare il modello inglese, proprio per assicurare maggiore autonomia alle squadre con l’individuazione degli ambiti in cui possano muoversi in maniera indipendente. Contestualmente la Figc avrebbe il proprio ruolo per i temi pi� importanti anche con potere di veto e intervento ex post.
� questo l’aspetto pi� dirompente del documento di 26 pagine e 12 punti che contiene una lunga serie di proposte per Figc, governo, Uefa e Fifa: dalla piena indipendenza degli arbitri dalla Federazione, alla valutazione di tetti agli stipendi della rosa (salary cap), passando per l’abolizione della Legge Melandri sulla vendita dei diritti televisivi e il ripristino del regime fiscale per gli impatriati, previsto dal Decreto Crescita. Quest’ultima misura costerebbe circa 60 milioni all’anno allo Stato e, bench� contrario, il presidente della Figc, Gabriele Gravina, aveva condiviso con il ministro dello Sport, Andrea Abodi, una norma di accompagnamento per evitare l’eliminazione immeditata dei benefici.
Agli occhi dei vertici della Lega, per�, questi e altri interventi hanno un pre-requisito: che la serie A abbia il potere di adottarli o, quantomeno, di assumere l’iniziativa. Oggi, nonostante produca l’85% dei ricavi del calcio e sostenga l’intero sistema, la serie A conta per il 12% nell’assemblea Figc (contro il 34% della Lega Nazionale Dilettanti) e schiera tre membri su un totale di 21 nel consiglio federale (contro i sei della Lnd). Nel documento si parla perci� di �una governance pi� equilibrata, efficiente ed efficace� che rispecchi il peso economico della Lega maggiore e le riconosca potere di veto sulle scelte che la riguardano direttamente.
Su questo aspetto, il pi� delicato, la Figc pare disposta a modeste concessioni. Il piano strategico, elaborato dalla Federazione con Deloitte, prevede il taglio dei club professionistici da 100 a 80 e la riduzione automatica degli stipendi in caso di retrocessione, ma lascia sostanzialmente immutata la rappresentanza della serie A nella stanza dei bottoni, accogliendo per� in parte il principio di �intesa forte�. Il massimo campionato avrebbe diritto di veto non su tutte le decisioni che la riguardano direttamente, come proposto dalla serie A, bens� soltanto su quelle �che impattano significativamente� sulla Lega maggiore e sui suoi campionati.
In questo contesto ha avuto effetti travolgenti all’interno della Lega, il vertice di venerd� a Roma fra i manager di Inter, Juventus e Milan con Gabriele Gravina. A caccia di introiti nelle nuove competizioni in arrivo (maxi Champions e Mondiale per club a 32 squadre), le tre big, con delega della Roma, hanno manifestato al presidente della Federcalcio la disponibilit� a ridurre la A da 20 a 18 squadre, rinunciando al diritto di intesa per la A: in pratica, non servirebbero pi� i 14 voti in seno alla Lega per il cambio di format. I telefoni nella serata di venerd� sono stati roventi: raccontano di una lite memorabile fra Claudio Lotito e l’avvocato dell’Inter, Angelo Capellini.
In particolare, nel mirino dei presidenti � la figura di Beppe Marotta, che non solo � l’ad dell’Inter ma rappresenta tutte le societ� all’interno del consiglio federale. Ecco perch� luned� gli verr� richiesto, in un’assemblea che si preannuncia infuocata, di rassegnare le dimissioni dalla carica. Le big con Gravina, le medio-piccole con Casini: non sar� semplice arrivare a una sintesi.
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11 febbraio 2024 (modifica il 11 febbraio 2024 | 07:43)
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