Sinnernomics: il modello economico di Jannik (tra Keynes ed Edison)

Sinnernomics: il modello economico di Jannik (tra Keynes ed Edison) Sinnernomics: il modello economico di Jannik (tra Keynes ed Edison)

Sinner santo subito auspicava un cartello comparso sugli spalti delle recenti Atp Finals di Torino. Potremmo aggiungere: economista subito. Perché, a volerla ascoltare, il tennista numero quattro del ranking mondiale (per ora) ci sta regalando una ricetta e anche dei nuovi indicatori: battezziamola «Sinnernomics».

In cosa consiste? Per capirla bisogna, tra le altre cose, ripescare alcune tra le pagine più belle di John Maynard Keynes, il professore di Cambridge che ha contribuito a trovare la ricetta per uscire dalla grande crisi del 1929. In particolare alcune note semisconosciute che si scovano alla fine della sua «Teoria generale». In questi scritti filosofici Keynes si spingeva a lasciarsi alle spalle i numeri per dire che anche se non c’è nessuna ragione economica per cui un imprenditore ottimista possa avere più probabilità di riuscire nei suoi affari rispetto a un imprenditore pessimista, ebbene quell’imprenditore ottimista avrà più chance.

La morale: le aspettative, almeno in parte, influenzano il risultano. La questione ora è separare l’ottimismo cieco — come quando alla fine dell’Ottocento ci convincemmo che i cavalli sapessero contare — da quello ragionevole. Thomas Edison la raccontava in un’altra maniera: l’innovazione è 1 per cento ispirazione, 99 per cento sudore (inspiration, perspiration nella versione inglese). D’altra parte sempre Edison, in un altro famoso aforisma, diceva che non aveva sbagliato 100 volte, ma solo provato 99 volte per far funzionare la centesima. Sarebbero solo parole se non fosse che le mise in pratica sul serio: al suo team di Menlo Park (non quella in California dove oggi c’è Facebook, ma quella nel New Jersey vicino a New York dove ancora oggi ci sono i famosi Bell Labs) ci vollero quasi due anni di tentativi per trovare il materiale giusto per evitare che il filamento interno al bulbo della lampadina bruciasse in pochi secondi. Dopo due anni riuscì a far sopravvivere le lampadine per 24 ore. Fu un successo strabiliante. E l’inizio dell’era della luce elettrica.

Ecco allora la Sinnernomics: ispirazione e tantissimo sudore. Esistono diversi punti di contatto tra sport ed economia. Il tennis di Sinner in particolare è fatto di calli e tarli: i calli sono quelli della sua mano destra. I tarli sono quelli che si insinuano nella testa del giocatore quando non si colpisce una riga per un centimetro. Non entra la prima palla. Si sbagliano tre match point di seguito (libera citazione dalla semifinale della Coppa Davis tra Sinner e Djokovic). Bisogna lavorare su corpo e mente. Noi in Italia spesso abbiamo l’ispirazione e ce ne pavoneggiamo, giustamente. Peccato che altrettanto spesso ci dimentichiamo del sudore. Chi ha seguito in questo anno la crescita tecnica di Sinner (non solo nella battuta, ma anche nella maggiore maturità tattica) sa di cosa parliamo.

Il sistema paga: 150 milioni in dieci anni solo dalla Nike. Altri 5 milioni l’anno dagli altri sponsor. Più i premi. Nella vita, diceva un virtuoso della direzione d’orchestra come Sir Georg Solti, esistono solo tre cose: fortuna, talento e lavoro. Lasciate perdere le prime due cose che non potete controllare. E concentratevi sull’impegno.

Riassumendo: sudore di Edison (riprovare allo sfinimento maniacale i movimenti della battuta ricorda molto da vicino tentare centinaia di filamenti nuovi nel vuoto torricelliano delle lampade per vedersele esplodere in mano la maggior parte delle volte fino a quando non si scova quello giusto) e ottimismo di Keynes (Sinner ha detto: «Sorrido poco, ma mi diverto molto»).

Il dialogo tennis economia non finisce qui: alle Atp Finals giocano solo gli 8 migliori giocatori mondiali. Potremmo pensare che è il G8 del tennis, anche se la similitudine non funziona del tutto. Troppe le eccezioni, a partire dal numero 1 serbo. Se fosse il G8 ora mancherebbe inoltre la Francia. E anche gli Usa che dai tempi d’oro di André Agassi e Sampras cercano di intravedere un nuovo leader assoluto da idolatrare nel talento puro di Ben Shelton (uno dei giocatori più divertenti da seguire nel circuito, anche se ora nella classifica Atp è superato da ben altri 3 americani). Non possiamo inoltre dimenticare il caso Svizzera con Roger Federer.

Va bene, le Finals (come la Davis) non sono uno specchio del G8 dei governi. Più che altro funzionano come indicatori economici del futuro, dei futures. Non c’è certezza che le cose vadano così, ma qualche indizio lo danno. Nell’era della frammentazione abbiamo bisogno di nuovi indicatori. E la semifinale della Coppa Davis, insieme alla finale vinta dopo 47 anni di sete, per ora dimostra che funziona.

L’effetto Sinner ricorda quello di Alberto Tomba nello sci negli anni Ottanta. O ancora di Luna Rossa: in poche settimane ci ricordammo tutti di essere un popolo di navigatori, di essere gli eredi delle flotte commerciali dei genovesi, dei veneziani. Di Marco Polo e Colombo. Andando un pochino indietro nel tempo lo stesso effetto lo fece Sergio Leone (che ispirò un Clint Eastwood che da pistolero si è trasformato negli anni in un monumentale regista) e Federico Fellini. Tutti a invidiarci. E noi a perderci nella grande bellezza. È la sindrome che Montanelli chiamava dell’anti-italiano. Siamo i peggiori nemici di noi stessi. Siamo sordi ai nostri stessi meriti. Fino a quando un campione non ci risveglia dal letargo.

Ce la farà Sinner?

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