Amadeus: “Lavoro in autonomia. La politica resti fuori dal Festival di Sanremo. La famiglia è la mia forza. Sempre me stesso, la gente mi conosce: non fingo”
Manca un mese dall’inizio del Festival di Sanremo e Amedeo Umberto Rita Sebastiani, per gli italiani Amadeus, o meglio Ama, oltre 40 anni di carriera, si prepara. Col suo stile pacato, non c’è ombra di ansia; è il quinto festival consecutivo, eguaglia il record di Mike Bongiorno e Pippo Baudo. Ritroverà l’amico fraterno Fiorello nel glass e solo la sera di sabato all’Ariston. Nessuna domanda sulla separazione col manager Lucio Presta «perché» come ha detto all’incontro per il Capodanno a Crotone «il rapporto si è chiuso e lui i motivi li sa, ma questo alla gente non importa. Guardiamo tutti al futuro».

Amadeus con Fiorello all'Ariston
Con che spirito si appresta a fare il quinto Festival di Sanremo?
«Non lo vivo con ansia, ma con entusiasmo. Mi affascina la costruzione del festival, è come costruire una casa: quando capisci che sta finendo non vedi l’ora di aprirla e mostrarla. Da buona Vergine ho tutto sotto controllo».
Cosa la preoccupa di più?
«Spero che per il Paese sia una settimana bella, in cui, per un attimo, i problemi rimangano sullo sfondo, sospesi. Chiaro che l’imprevisto grave può riguardare una nazione, il mondo. Succedono fatti di cronaca tutti i giorni, l’umore rispecchia quello che vivi».

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In questi anni è stato attaccato da sinistra e da destra: che ha capito della politica?
«Che deve stare lontana da Sanremo. Il festival è il più grande appuntamento musicale del Paese e chiunque lo fa, deve farlo in assoluta indipendenza. Dichiaro per chi faccio il tifo, non ho mai dichiarato per chi voto. Se sono stato attaccato da destra e da sinistra vuol dire che sono una persona libera. Quando prendo una decisione penso solo al bene del programma, non a farmi delle amicizie che possono tornarmi utili. Mai fatto nella vita, non comincio a farlo a 61 anni».
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Fiorello, scherzando, dice che non sarà il suo ultimo Festival.
«Fiore mi trasmette un’energia, un entusiasmo... Qualsiasi cosa faccia mi procura gioia, tra noi c’è alchimia. Questi cinque festival non sarebbero potuti essere così se non lo avessi avuto al mio fianco, in modi diversi. Poi mi prende in giro. Portiamo a casa il quinto. Ho promesso all’azienda di dare una risposta sul sesto, il fatto che me lo chiedano mi fa piacere e mi rende orgoglioso, ovviamente. Per una questione di rispetto, il giorno dopo ci metteremo seduti con la Rai e affronteremo il tema».
Esiste Sanremo senza polemiche?
«No, non può esistere. Me lo disse Pippo Baudo durante un famoso pranzo in cui mi diede preziosi consigli che mi aprirono gli occhi: “Ricordati che le polemiche faranno parte di Sanremo, se non ci saranno, non sarà festival”. Non sono fatto per la polemica caratterialmente, ma sono Swiffer, le attiro senza cercarle. Sono 5 ore di diretta, può succedere qualunque cosa. Ma ho anche capito che la polemica, con la velocità con cui arriva, si spegne».
Quando ha incontrato l’ad della Rai Roberto Sergio, si è raccomandato per qualcosa?
«Assolutamente niente. Gli ho chiesto solo la stessa identica autonomia e libertà. E lui, un uomo di prodotto, ha fatto la radio, mi ha detto: “Hai fatto 4 festival perfetti, hai la totale autonomia e libertà di fare anche il quinto”. L’ho ringraziato e non mi ha mai chiesto nulla, lavoro in autonomia. Anche il direttore del Prime time Marcello Ciannamea la pensa così».
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Che pensa del caso Ferragni?
«Provo dispiacere per chi vive questa situazione. Chiara è una professionista dedita al lavoro, è successo un corto circuito che non conosco. Lascia tutti con l’amaro in bocca. Quando sei a un certo livello la svista non ti è permessa. Trapattoni diceva: “Il posto più bello dove stare sulla nave è l’albero maestro, ma è anche quello dove sei più esposto ai venti: non puoi permetterti di fare nessun errore”».
Il botta e risposta Cecchetto/ Linus?
«Non entro nel merito».
Per la scelta delle partner — Cuccarini, Giorgia, Teresa Mannino — si è consultato con sua moglie?
«È un festival abbastanza familiare, ascolto mia moglie e Josè per la musica, mi fa scoprire cose nuove. Giovanna offre suggestioni, come fu per Drusilla Foer».
Cinque festival di seguito, come Mike e Pippo: che effetto fa?
«Immenso orgoglio, non l’avrei mai immaginato. Quando mi chiamarono nell’estate 2019 era un sogno realizzato. Pensavo: farò il traghettatore in attesa che trovino uno più credibile, non pensavo di farne 5 di seguito. Il sesto sarebbe un record: un motivo per cui non voglio è che non trovo moralmente giusto farne uno in più, di seguito, rispetto a Pippo e a Mike».
Pippo la assolverà, ne ha fatti 13 (non di seguito ovviamente).
(Ride) «Vedremo».
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Cosa ha imparato di sé stesso?
«A essere me stesso e a non dovermi porre obiettivi a tutti i costi, a non dover dimostrare di essere quello o quell’altro. Quando ti costruisci da solo, e non hai nessuno che ti raccomanda, il tuo lasciapassare è il lavoro, l’audience: è un vantaggio. La tua gavetta è la tua unica arma: sono questo, nel bene e ne male. Conosco i miei difetti, so cosa so fare. Non fingo, la gente sa che sono così, dedito al lavoro. Lavoro da ragazzo fortunato: non faccio operazioni a cuore aperto, ecco perché non ho paura».
I quattro festival precedenti: quello indimenticabile?
«Quello del covid, surreale, entrato nella storia. Ce lo saremmo evitati ma resta nella memoria. Li ho amati tutti. Ringrazierò sempre il presidente della Repubblica Mattarella per la sua presenza. Sanremo non sono solo canzonette, rappresenta il mondo della musica, unisce l’Italia».

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(ansa)Per spiegare il suo equilibrio, Michele Guardì disse che lei ha un privato felice e porta serenità.
«Michele lo ha percepito subito. Tutte le persone che hanno problemi alle spalle non hanno una famiglia unita. Giovanna e i miei figli, i miei genitori, i miei suoceri, che trasmettono solo amore, mi rafforzano. Non c’è stress».
Stagione lunga col successo di “Affari tuoi”: che ha capito degli italiani conducendo il gioco?
«Intanto che l’Italia è fatta da tanta brava gente, senza ipocrisia. Le persone meritano un Paese che gli voglia più bene: è il più bello del mondo, con un potenziale mille che oggi rende 100».

Portò “L’eredità” in Rai, scelse il format. Consigli a Marco Liorni?
«Nessuno. Sono felice del suo successo. Portai in Rai il gioco, era un format argentino destinato al pomeriggio di Rai 2 e l’allora direttore di Rai 1 Fabrizio Del Noce, che per me è stato una figura importantissima, lo testò. Era l’estate del 2002, 22 anni dopo è ancora fortissimo».