La minaccia di Mosca a Parigi: «I soldati francesi, target legittimo»

diFabrizio Dragosei

A poche ore dall'annuncio dell'Eliseo dell'invio di addestratori a Kiev gli avvertimenti  si moltiplicano

Sembrava che questa fosse l’ultima delle «linee rosse» poste dal Cremlino, quella che l’Occidente non doveva assolutamente superare se voleva evitare uno scontro diretto. Ma ora che dopo diversi Paesi europei anche gli Usa autorizzano l’uso dei loro missili a media gittata sul territorio vero e proprio della Russia, gli avvertimenti, per non dire le minacce, si moltiplicano

L’ultimo arriva dal portavoce di Putin, Dmitry Peskov, e riguarda l’eventuale arrivo in Ucraina di consiglieri militari di Parigi: tutti quelli «che addestrano i militari del regime ucraino non hanno immunità, siano essi francesi o non francesi». L'emittente francese TF1 sostiene che Emmanuel Macron annuncerà il 6 giugno, in occasione dell'anniversario del D-Day, la creazione di una coalizione europea che invii addestratori militari in Ucraina. Ancora più esplicito è stato ieri il ministro degli Esteri Sergej Lavrov: «Comunque siano classificati, gli istruttori rappresentano un bersaglio del tutto legittimo per le nostre forze armate».

È un po’ quello che si disse quando si era ventilata l’ipotesi (caldeggiata dagli ucraini) che caccia guidati da piloti di Kiev potessero partire da basi situate al di fuori del loro territorio per non essere colpiti a terra dai russi. Mosca disse chiaro e tondo che qualsiasi installazione, anche in Paesi Nato, sarebbe stata vista come un obiettivo.

Ma nessun aereo è mai stato piazzato in aeroporti fuori dall’Ucraina e si pensa che questo non avverrà nemmeno per gli F16 donati da vari Stati europei e che entreranno in servizio quest’estate.

È dal 2022, prima ancora dell’inizio di quella che in Russia si chiama ancora «operazione militare speciale» e non guerra, che gli strateghi di Putin tentano di fissare paletti nei confronti di Usa ed Europa. Allora chiedevano la promessa che l’Ucraina non sarebbe entrata nella Nato, che non le sarebbero state date armi, che l’Alleanza si sarebbe ritirata dagli Stati ex sovietici come i baltici e la Polonia. Richieste ritenute irricevibili. Poi, dopo il 24 febbraio di quell’anno, la Russia iniziò a parlare di «linee rosse» da non superare

Non mandare armi occidentali al governo di Kiev. Niente tank tedeschi Leopard e americani Abrams, niente caccia F16, e così di seguito. Gli Stati Uniti e, almeno all’inizio quasi tutti i Paesi europei, si sono mossi per mesi con molta cautela. Molti degli strumenti bellici donati avevano lo stesso vincolo: colpire il nemico solamente nelle aree che fanno parte dell’Ucraina e che sono state occupate dopo il 2022. Quindi, in un primo momento, era esclusa anche la Crimea che già Mosca considerava territorio facente parte integrante della Federazione Russia. Poi il vincolo sulla Crimea è caduto, anche perché Zelensky e i suoi non l’hanno mai preso molto seriamente, visto che rivendicano quella penisola come loro.

Il problema oggi è costituito dalle province russe che sono vicine al confine con l’Ucraina. Quelle, cioè, che non sono state conquistate dall’Armata russa nel 2014 e per le quali vigeva il divieto occidentale. Consci di questo, i russi hanno concentralo lì gli uomini e i mezzi con i quali colpiscono poi tutto il territorio del vicino, senza dover temere di essere attaccati.

Per questo Zelensky ha chiesto e ottenuto di poter allargare il conflitto anche a queste zone. Ma, indubbiamente, questa situazione apre nuovi scenari, come si sono affrettati a ripetere ossessivamente commentatori e uomini politici russi. Non a caso, il Cremlino ha subito risposto con esercitazioni all’uso di armi nucleari tattiche, cioè di (relativa) piccola potenza. E lo stesso Putin continua a sostenere che, pur non intendendo ricorrere a questo strumento, è pronto a farlo se gli avversari tireranno troppo la corda. L’ultimo monito è venuto nei giorni scorsi quando ha ricordato che parecchi membri della Nato vicini al confine «hanno territori limitati con una popolazione molto concentrata». Come a dire che anche un «piccolo» ordigno avrebbe conseguenze disastrose.

Il solito Medvedev, ex presidente, ha sparato le sue bordate, questa volta su Telegram: sarebbe un errore fatale sottovalutare la possibilità di un «ricorso alle armi nucleari tattiche». Da giorni i commentatori di regime, a cominciare da Vladimir Solovyev, insistono a parlare di una ipotesi fantascientifica: che l’America dia all’Ucraina questi ordigni per consentirle di attaccare il territorio russo. Un’accusa che potrebbe giustificare un «contrattacco preventivo» da parte di Mosca.

Insomma, quella dei missili che colpiscono il territorio russo è la linea finale? Il direttore della rivista militare «Arsenale della patria» Aleksej Leonkov ne è convinto: «Abbiamo già lanciato avvertimenti, ma ora si è giunti a un nuovo livello. Siamo pronti a usare l’arma atomica se l’Occidente non si fermerà».

4 giugno 2024

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