
Argentina, gli insulti di Milei non fermano Bergoglio: il Papa pensa a un viaggio tra i poveri del suo Paese
È difficile, ma non impossibile, che papa Francesco visiti l’Argentina ora che la sua patria ha scelto come presidente Javier Milei, ultraliberista di destra che nei mesi scorsi ha ripetutamente insultato Bergoglio.
Insulti e “pifferai magici”
Gli improperi certo non sono passati inosservati a Casa Santa Marta, la residenza vaticana del Pontefice argentino: “rappresentante del male nella casa di Dio”, “imbecille”, “gesuita che promuove il comunismo”, fautore di “politiche ecclesiali di merda”. Nel corso della campagna elettorale un economista vicino a Milei, Alberto Benegas Lynch, si è spinto a promettere la sospensione dei rapporti diplomatici con il Vaticano.
Lo stesso Bergoglio ha suggerito agli argentini, in un’intervista all’agenzia stampa nazionale Telam, di diffidare dai “pifferai magici” e dai “pagliacci del messianismo”, parole lette da molti come un riferimento al candidato “anarco-liberista” della destra. I rapporti tra il Palazzo apostolico e la Casa Rosada sono all’anno zero. Questo, però, non significa che non si possa costruirne di nuovi.

I cattivi rapporti con Massa
Tanto meno significa che i rapporti con Sergio Massa, lo sfidante kirchnerista di Milei, sarebbero stati cordiali. Jorge Mario Bergoglio lo conosce bene e se ne fida poco. È noto il pessimo rapporto che l’allora arcivescovo di Buenos Aires aveva con l’allora presidente Nestor Kirchner. Da quando è stato eletto Papa, nel 2013, Bergoglio ha aperto la porta di casa a ogni presidente argentino (Cristina Kirchner, Mauricio Macri, Alberto Fernandez), ma si è spesso sentito strumentalizzato.
Negli anni passati Massa ha tentato di approcciare, senza successo, il Papa. Il candidato peronista ha anche riferito di avere avuto una recente conversazione telefonica con il Pontefice, cosa che non corrisponde al vero. In campagna elettorale ha provato ad accreditare l’idea che Francesco avrebbe visitato l’Argentina solo se lui avesse vinto: ipotesi respinta con decisione da Bergoglio che ha fatto sapere, prima del ballottaggio, che un suo ritorno in patria non dipende dal risultato del voto.

La chimera del ritorno
In dieci anni di pontificato Francesco ha più volte detto che prima o poi visiterà il suo paese, ma un viaggio non si è mai materializzato. Chi lo conosce bene sa che, al di là delle pubbliche dichiarazioni, il Papa difficilmente tornerà in Argentina. Non, però, perché adesso abbia vinto Milei, bensì perché, già da tempo, l’opinione pubblica è fortemente polarizzata, tutto viene politicizzato e in politica c’è un tifo da stadio. Ogni suo gesto, ogni sua parola, verrebbe letta come il sostegno a questo o quel politico, questo o quel partito. È il costante tentativo della politica argentina di capitalizzare la presenza del Papa, di “tirarlo per la tonaca”, che, sinora, ha messo un freno a ogni progetto di ritorno nella sua patria.

Le condizioni di un viaggio
Eppure se ci fosse la possibilità di compiere un viaggio autenticamente apostolico, se ci fossero le condizioni per evitare strumentalizzazioni, Jorge Mario Bergoglio, 87 anni il prossimo dicembre, andrebbe in Argentina. Sa che in molti lo attendono. Andrebbe per incontrare i poveri, gli abitanti delle “villas miseras” che visitava abitualmente quando era arcivescovo di Buenos Aires, le persone “scartate” dalla società, ignorate troppo a lungo da una politica che si è dimostrata indifferente se non corrotta.
È consapevole che Javier Milei, al di là delle sue promesse elettorali ultraliberiste, ha catalizzato la rabbia e il malumore di milioni di persone che hanno votato per lui per assenza di un’alternativa credibile. Sul tema della povertà e sulla giustizia sociale, sulle politiche securitarie e sulla bioetica, la distanza dal nuovo presidente non potrebbe essere maggiore. Ma Francesco sarebbe capace – lo ha già fatto nel corso della sua lunga vita – di lasciare alle spalle i dissapori, di intraprendere qualche passo di avvicinamento. Se Milei, facendo una svolta di 180 gradi, cambiasse toni e, smentendo gli insulti della campagna elettorale, lo invitasse in Argentina, il Papa prenderebbe l’invito sul serio. Ma questo non dipende da lui.
