Scuola Onu colpita a Gaza, il duello di versioni. L'allarme del governo Usa sul Libano
Donne e bambini tra i 40 morti. La replica dell'Idf: Solo miliziani. Ucciso un soldato italo-israeliano
DALLA NOSTRA INVIATA
TEL AVIV - Una fila di corpi avvolti nei sudari bianchi. Una madre che implora il figlio morto di prenderle la mano; un giovane avvolto nelle bende, che piange accanto a un cadavere; un ragazzino, con la faccia ricoperta di polvere e sangue, con lo sguardo fisso sul pavimento di un ospedale sporco di sangue mentre la gente urla intorno a lui.
Brucia ancora la Striscia: è di almeno 40 morti il bilancio dell’attacco delle forze israeliane lanciato con due bombe statunitensi Gbu-39 a piccolo diametro — la ricostruzione è della Cnn — nella notte tra mercoledì e giovedì contro il secondo e il terzo piano della scuola al-Sardi tra Deir al-Balah e il campo di Nuseirat. Un luogo dove avevano trovato rifugio 6.000 anime, secondo le Nazioni Unite. Un centro operativo di Hamas e della Jihad Islamica, secondo l’Idf che ha annunciato di aver preso di mira «20 o 30» miliziani membri del commando del 7 ottobre in un centro operativo. «Nessuna vittima civile», ha dichiarato il portavoce militare, tenente colonnello Peter Lerner, mentre le Nazioni Unite parlano anche di donne e bambini tra i morti e di 170 edifici dell’Unrwa — scuole per lo più — colpite, con 450 sfollati uccisi e 1.500 feriti dall’inizio della guerra.
Molti dei corpi sono stati portati all’ospedale al-Aqsa a Deir al-Balah. «Una nave che affonda nel caos assoluto», la descrive con queste parole Karin Huster, responsabile di Medici Senza Frontiere a Gaza parlando di una struttura sanitaria già sommersa da un flusso costante di ambulanze dall’inizio dei raid sul centro della Striscia. Un quadro apocalittico, una trappola mortale, con il valico di Rafah ancora chiuso senza che sia possibile l’evacuazione dei feriti, nemmeno di quelli più gravi.
Sono immagini e notizie che non piacciono ad una parte dell’Europa pronta per le urne. Da Bruxelles, l’Alto rappresentante della politica estera Ue, Josep Borrell chiede «un’indagine indipendente» sul raid e la Spagna, primo Stato europeo, si unisce alla causa promossa dal Sudafrica presso la Corte penale internazionale contro Israele, per presunto genocidio e crimini di guerra contro l’umanità nella Striscia di Gaza.
Dal Cairo, dove si prova a trattare, rimbalza la parola «stallo». Con qualche spiraglio. Ieri pomeriggio il capo della diplomazia egiziana, Sameh Shoukry, ha ricevuto Brett McGurk, coordinatore della Casa Bianca per il Medio Oriente e il Nord Africa e dall’emittente egiziana Al-Qahera News sono filtrate informazioni che parlano di leader di Hamas impegnati a studiare «seriamente e positivamente la proposta di tregua», per arrivare a una risposta formale nei prossimi giorni. Un piccolo passo in avanti rispetto alle notizie del mattino, quando, sempre da indiscrezioni di stampa, Hamas pareva decisa a rigettare la proposta del presidente statunitense Joe Biden, preoccupata dalla possibilità che Israele riprenda i combattimenti dopo i primi rilasci degli ostaggi. Punto che tuttavia resta sul tavolo, tanto che — scrive il Wall Street Journal — il leader di Hamas Yahya Sinwar avrebbe informato i Paesi mediatori di non aver intenzione di consegnare le armi né firmare un accordo che lo richieda. E di essere fermo sulla firma di un accordo sulla liberazione degli ostaggi solo a condizione che Israele si impegni per un cessate il fuoco permanente.
Da Gaza, al Cairo, fino al confine fra Israele e Libano. Il capo dell’Idf, il maggiore generale Ori Gordin, annuncia che Israele ha «completato i preparativi» per un confronto con Hezbollah. Una «guerra limitata» in Libano che potrebbe spingere l’Iran a intervenire, la descrive Axios citando fonti israeliane e americane, delineando uno scenario da incubo per l’amministrazione Biden convinta che sia impossibile riportare la calma al confine fra Israele e Libano senza un cessate il fuoco a Gaza.
A cadere in queste ore di scambi di colpi tra l’Idf e Hezbollah è pure un riservista italo-israeliano di 39 anni, Refael Kauders, rimasto ucciso in un attacco di Hezbollah nel Nord di Israele. «Ho appena parlato con la famiglia, attiva nella comunità italiana in Israele, per esprimere le condoglianze a nome di tutto il governo», spiega il ministro degli Esteri Antonio Tajani.
E mentre la sera cala, 17 Paesi fra cui gli Usa e altri che hanno propri cittadini presi in ostaggio da Hamas diffondono un appello congiunto — l’ennesimo — chiedendo a Israele e Hamas di «accettare qualsiasi compromesso finale necessario per concludere l’accordo».