Rafah, Israele controlla il valico. Netanyahu: «L’offerta di Hamas un sabotaggio»
Una delegazione del Mossad inviata al Cairo per trattare, i mediatori tentano di ottenere una pausa nei combattimenti. I jihadisti: «Questa è l’ultima occasione per liberare i rapiti»
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
GERUSALEMME — I carri entrano con la prima luce del giorno, un blindato sventola due bandieroni, quello della Brigata 401 e quello con i colori nazionali biancazzurri. Dopo mesi di proclami, l’incursione verso Rafah delle truppe israeliane avviene con la massima visibilità, preceduta da intensi bombardamenti a illuminare anche la notte. È quello che vuole, è quello che serve al premier Benjamin Netanyahu: l’annuncio lunedì sera dei leader fondamentalisti — «abbiamo accettato l’accordo di tregua» — vuol metterlo in un angolo diplomatico, tra la pressione americana (assieme all’Egitto e al Qatar) e quella degli alleati ultranazionalisti nella coalizione di estrema destra al potere.
Lo spiega lui stesso in un videomessaggio diffuso via social media: «La proposta di Hamas tentava di far deragliare l’invasione. Non possiamo accettare un’intesa che mette in pericolo la sicurezza dei nostri cittadini. Non permetteremo che l’organizzazione ricostruisca le sue capacità militari per distruggerci». Le truppe prendono il controllo del valico con l’Egitto, i video diffusi dai soldati mostrano un carrarmato che travolge la scritta «I love Gaza», accoglieva chi arrivava e salutava i pochi che riuscivano a uscire, a fuggire dalla guerra. L’esercito controlla ora tutti i punti di passaggio con la Striscia.
Yoav Gallant, il ministro della Difesa, usa parole che segnano un’apparente differenza nelle priorità degli obiettivi rispetto a Netanyahu: «Andremo avanti con l’operazione fino a quando i terroristi non saranno sradicati o gli ostaggi liberati». Lo ripete Benny Gantz, che ha lasciato l’opposizione per entrare nel governo di emergenza: «Siamo ancora aperti a un’intesa, le considerazioni politiche non interferiranno». Perché il consiglio di guerra ristretto di cui fanno parte, mentre ordinava il raid, dava anche indicazioni a una squadra del Mossad di partire per il Cairo dove i mediatori si ritrovano ancora una volta — partecipa anche William Burns, il capo della Cia — e tentano di ottenere un patto che porti alla pausa nei combattimenti.
«L’ultima occasione per liberare i rapiti», minacciano i portavoce di Hamas.
Il testo accettato dagli integralisti contiene alcuni elementi che Netanyahu ha sempre considerato insuperabili: Egitto e Qatar ammettono i cambiamenti al documento, ma spiegano — scrive il New York Times — che gli americani li avevano visti e confermati. Non gli israeliani, di sicuro: i jihadisti chiedono che nella lista dei primi 33 ostaggi rilasciati (donne, minori, anziani, malati) ci siano «vivi e morti». Non vogliono, o non possono, garantire che tutti i prigionieri siano in vita, lo fanno capire con un filmato in cui sostengono che Judy Feinstein, 70 anni, sarebbe stata uccisa in un bombardamento israeliano. In realtà — ricostruisce il Jerusalem Post — era stata dichiarata morta dal kibbutz Nir Oz dove abitava, il corpo portato via 7 mesi fa.
Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze e leader dei coloni, tenta di tagliar subito le gambe al tavolo dei negoziati e allo slancio che potrebbero riprendere: «Un errore mandare una delegazione. È il momento di stringere il collo a Yahya Sinwar», il capo dei capi di Hamas e pianificatore dei massacri del 7 ottobre. «Andiamo avanti fino alla distruzione del gruppo. Non dobbiamo cedere alle pressioni». Sono quelle del presidente Joe Biden che avrebbe dato il via libera all’azione verso Rafah pretendendo da Netanyahu che fosse limitata. Soprattutto gli americani hanno permesso che nella bozza approvata dai fondamentalisti venisse inserita la formula «calma sostenibile» da raggiungere già nella seconda fase della tregua prima del rilascio dei soldati catturati. Di fatto sarebbe quella fine della guerra che Bibi, com’è soprannominato, rifiuta mentre proclama di voler raggiungere «la vittoria totale».
Le Nazioni Unite e le organizzazioni umanitarie chiedono a Israele di riaprire i valichi, quello di Kerem Shalom è stato chiuso dopo che i colpi di mortaio sparati da Gaza hanno ucciso 4 soldati. Da lì passa la maggior parte degli aiuti verso la Striscia, dove i palestinesi uccisi sono 35 mila. «La situazione è già disastrosa», dice Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu.