Iran pronto a colpire Israele, Biden serra i ranghi: la chiamata ad Abdallah II (e il monito a Netanyahu)

di Giuseppe Sarcina 

Alla Casa Bianca si è tenuta la riunione del Consiglio di sicurezza nazionale. Il presidente Joe Biden prepara la difesa di Israele, ma vuole evitare l’escalation

Gli americani seguono con apprensione due sviluppi in Medio Oriente. Primo: dove e come l’Iran e i suo alleati attaccheranno «in queste ore», secondo quanto avrebbe riferito il segretario di Stato, Antony Blinken. Secondo: come reagirà al raid il premier israeliano Benjamin Netanyahu

I due temi sono stati al centro della riunione del Consiglio di sicurezza nazionale, alla Casa Bianca. È l’organismo di sintesi, coordinato dal consigliere Jake Sullivan, che tiene insieme politica estera, difesa e intelligence. Joe Biden vuole che le prossime mosse siano largamente condivise dal Pentagono, dai servizi segreti e soprattutto da Kamala Harris, vicepresidente e ora candidata democratica nelle elezioni di novembre.

Sul primo punto, l’offensiva iraniana, in realtà, non c’è molto altro da fare. Con una missione a Teheran, giovedì primo agosto, gli Stati Uniti hanno spiegato di non voler alcuna escalation della guerra e hanno proposto agli ayatollah di rinunciare alla rappresaglia per il doppio omicidio dei leader di Hamas e di Hezbollah. Appello respinto.

Nello stesso tempo si cerca di ricompattare la formazione che il 13 aprile scorso intercettò praticamente tutti gli ordigni lanciati dall’Iran contro il territorio israeliano. Sabato 3 agosto Blinken ha telefonato al ministro degli Esteri francese, Stephane Séjournè, e a quello britannico, David Lammy. Blinken avrebbe invitato francesi e britannici a tenersi pronti per fare di nuovo da scudo a Israele. Proseguono pure gli ultimi tentativi della diplomazia. Domenica 4 agosto, il ministro Antonio Tajani, in qualità di presidente di turno, ha convocato, in remoto, il G7 dei ministri degli Esteri. Nella nota finale si chiede «a tutte le parti», quindi anche agli israeliani, di «fermare il ciclo distruttivo di violenza».

Ieri, invece, Biden ha chiamato il re di Giordania, Abdallah II. Il presidente ha chiesto collaborazione sul piano militare (come accadde in aprile) e un ulteriore sforzo politico per rilanciare la trattativa con Hamas. Washington osserva come gli ultimi colpi voluti da Netanyahu stiano agitando i regimi arabi moderati, dall’Egitto all’Arabia Saudita, dagli Emirati alla stessa Giordania. Tutti partner vitali nel blocco anti-Iran. Anche il governo italiano è in movimento su questo fronte: sono in corso contatti con Egitto, Giordania ed Emirati Arabi. Sempre Tajani ieri ha sottoscritto una dichiarazione congiunta con l’Iraq per la «de-escalation in Medio Oriente e l’immediato cessate il fuoco a Gaza». Un esito non scontato, vista l’influenza iraniana in Iraq.

E questo ci porta all’altro dossier esaminato alla Casa Bianca. Il premier israeliano ha già annunciato che il Paese reagirà «subito» e con durezza. È proprio ciò che Biden vuole evitare: «l’escalation dell’escalation». Secondo le indiscrezioni dei media Usa, l’ultimo colloquio telefonico tra Biden e Netanyahu, il 2 agosto, sarebbe stato «burrascoso». Il presidente americano avrebbe anche aggiunto che in caso di un’altra rappresaglia militare ordinata da Netanyahu, gli Stati Uniti non si mobiliteranno per difendere Israele. Ma è una minaccia piuttosto vaga: non è chiaro quale sarebbe la nuova «linea rossa» che Netanyahu non dovrebbe oltrepassare.

5 agosto 2024 2024 ( modifica il 6 agosto 2024 2024 | 07:14)

- Leggi e commenta