Iran, il giorno più nero: 103 morti in un attentato durante la commemorazione di Soleimani. Khamenei: “La risposta sarà severa”

La prima esplosione, alle 15.04, squarcia la strada affollata che porta al cimitero dei martiri di Kerman. Il sangue forma rivoli ai bordi della carreggiata, chi tenta di fuggire resta impigliato nella calca. La seconda esplosione, a circa 10 minuti di distanza, è ancora più crudele e travolge anche i soccorritori accorsi ad aiutare i sopravvissuti.

È il giorno più nero per l’Iran, uno dei peggiori attacchi terroristici nella storia del Paese, nella città che ha dato i natali a uno dei suoi comandanti militari più amati. Sul terreno restano i corpi di almeno 103 iraniani, 211 feriti, molti erano membri e sostenitori delle Irgc, il corpo dei Guardiani della Rivoluzione, ma anche le loro famiglie riunite in pellegrinaggio verso la tomba del generale, e venerato “martire”, Qassem Soleimani. La mano che ha colpito l’Iran ieri sapeva dove guardare. Cercava visibilità, e l’ha ottenuta. Da quattro anni, il 3 gennaio è un giorno di tensione e grande emotività nel Paese che ricorda l’uccisione in un raid americano a Baghdad dell’ex comandante della forza Quds, l’architetto della strategia di espansione iraniana in Medio Oriente. Fu Soleimani a concepire e costruire il cosiddetto Asse della Resistenza, la rete di proxies dal Libano allo Yemen che sotto la guida della Repubblica Islamica combatte Israele e i suoi alleati nella regione.

Le piste

Le prime informazioni dopo le bombe sono confuse. Il sindaco di Kerman parla di un’esplosione accidentale di gas, un parlamentare del posto di un attacco suicida, a sera sono l’agenzia Irna e la Tasnim, legata ai Pasdaran, a chiarire che l’attentato è stato realizzato con dell’esplosivo piazzato in due valigie e attivato a distanza. Non ci sono rivendicazioni. Il primo vicepresidente, Mohammad Mokhber, punta il dito contro il “regime sionista”, ma è l’unico funzionario iraniano a farlo. Né Raisi Khamenei attribuiscono precise responsabilità. “Gli autori e i responsabili di questa azione codarda saranno presto identificati dalle potenti forze di sicurezza e ritenuti responsabili del loro atto atroce”, promette il presidente. Gli “odiosi criminali” dietro al duplice attentato di Kerman avranno una “risposta severa” e la “giusta punizione”, assicura Khamenei. Un portavoce del governo israeliano fa un’illazione bizzarra e ipotizza un “inside job”, un lavoro interno da parte del governo iraniano.

(afp)

I servizi israeliani hanno una lunga storia di omicidi mirati e sabotaggi in Iran di comandanti Pasdaran o di scienziati nucleari, ma mai di attacchi di massa contro i civili. Il modus operandi ricorda più quello dell’Isis Khorasan, la branca dello Stato islamico in Afghanistan, che ha già colpito in Iran. In passato, altri gruppi hanno rivendicato attentati, dai separatisti del Baluchistan a quelli arabi del Sud. Ma sono speculazioni per ora non supportate da evidenze. Le certezze sono poche, la prima è che si è trattato di una strage di civili senza precedenti, la seconda è tempistica scelta: al culmine delle tensioni con gli Stati Uniti e Israele per il conflitto mediorientale, quasi a voler provocare una reazione iraniana e dunque un conflitto aperto su più vasta scala. All’indomani peraltro dell’omicidio del vice capo di Hamas a Beirut, Saleh al Arouri. Un’operazione che il leader di Hezbollah, Nasrallah, ha definito una chiara aggressione israeliana. Il religioso che da tre decenni guida il partito di Dio parlava da una località segreta, è il suo terzo discorso dall’inizio della guerra a Gaza. Molti si aspettavano una reazione diretta all’assassinio di Arouri. Ma Nasrallah è abituato a ponderare le parole e a navigare nell’ambiguità. Ha promesso che l’attacco israeliano non resterà impunito e che il movimento è pronto a “combattere senza limiti e senza regole se Israele lancerà una guerra contro il Libano”. Ma per capire le mosse reali di Hezbollah, che ha subito un duro colpo nel cure del territorio che controlla, ci vorrà ancora tempo.