Patto di Stabilità, sì del parlamento Ue alle nuove regole: nessun italiano vota a favore

STRASBURGO - La plenaria del Parlamento europeo ha approvato la riforma del Patto di stabilità a larga maggioranza: tre voti sui tre testi legislativi che costituiscono la riforma. Gli eurodeputati italiani si sono astenuti o hanno votato contro., tranne Lara Comi e Herbert Dorfmann del Ppe e Marco Zullo di Renew Europe che hanno invece votato a favore. Anche Sandro Gozi di Renew ha votato a favore, ma nel 2019 è stato eletto nelle liste francesi. Una scelta che colpisce ma che si spiega con la campagna elettorale in corso (è successo anche per il voto sul nuovo Patto per la migrazione e l’asilo). Si è astenuto il Pd perché ritiene il testo «eccessivamente peggiorativo», nonostante la riforma abbia avuto il sostegno del gruppo socialista: la proposta ha la firma del Commissario all’Economia Paolo Gentiloni e la difficile intesa tra i Paesi Ue è stata mediata dalla Spagna di Sanchez, che aveva la presidenza di turno dell’Ue. 

Gentiloni prima del voto ha ricordato che è stato fatto «molto lavoro per correggere le regole fiscali esistenti, regole così rigide che spesso non venivano applicate. Ciò che abbiamo ottenuto non è perfetto. È un buon compromesso» ma soprattutto «è il risultato della determinazione di tutti a portare avanti e migliorare l’attuale quadro legislativo». Ha anche detto che le nuove regole «consentiranno una graduale riduzione del debito pubblico, senza però minare la crescita. Ci aiuteranno a proteggere il livello di investimenti pubblici, che sono più che mai necessari per finanziare le transizioni verde e digitale, salvaguardare il nostro modello sociale e garantire la sicurezza del continente». Non abbastanza per convincere il Pd di Elly Schlein a votare a favore.

 
Anche Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega si sono astenuti. Eppure il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, del Carroccio, ha votato a favore dell’accordo in sede europea. Ma a margine dell’Ecofin del 12 aprile scorso aveva ammesso che «noi avremmo votato la proposta della Commissione. Peccato che la larga maggioranza dei Paesi non l’avrebbe votata. E quindi, com’è noto, in queste sedi bisogna ragionare per compromessi. Poi ci sono compromessi alti e compromessi bassi, ma la proposta della Commissione purtroppo non aveva consenso e maggioranza per poter passare». La Lega ha definito la riforma «una riforma mancata» e in una nota ha spiegato che «con un’altra maggioranza in Europa, nei prossimi anni sarà possibile apportare quelle modifiche necessarie, verso una maggiore flessibilità e più investimenti pubblici». Ha votato contro il M5S, che parla di «ritorno dell’austerity» e gli ex M5S entrati nei Verdi. Divisi gli italiani di Renew Europe: Castaldo ha votato contro mentre Danti si è astenuto.

Non era stato facile nemmeno per il Parlamento europeo «digerire» il nuovo Patto. Il 10 febbraio scorso dopo sedici ore di trattative, i negoziatori del Consiglio e del Parlamento Ue avevano raggiunto un accordo in tempo utile per consentire il via libera definitivo entro la fine della legislatura e l’applicazione delle nuove regole già da quest’anno. Non era un negoziato facile perché il margine di manovra del Consiglio (i Paesi Ue), dopo il difficile accordo raggiunto a dicembre sul Patto, era molto limitato.

Il nuovo Patto di Stabilità

Il nuovo Patto di stabilità prevede che i Paesi Ue con un debito pubblico superiore al 60% del Pil dovranno presentare dei piani di riduzione in 4 anni che possono essere estesi a 7 in cambio di riforme e investimenti. I piani saranno nazionali. Il parametro di riferimento sarà la spesa primaria netta (la spesa pubblica esclusa la spesa per interessi, la spesa ciclica per la disoccupazione, le spese finanziate da sovvenzioni Ue). Per gli Stati Ue con un disavanzo superiore al 3% del Pil o un debito pubblico superiore al 60% del Pil, la Commissione pubblicherà una «traiettoria di riferimento» specifica per Paese, che fornirà gli obiettivi di aggiustamento dei conti pubblici a medio termine per preparare i piani e garantire che il debito sia collocato su un percorso plausibilmente discendente o rimanga a livelli prudenti. Le «traiettorie di riferimento» arriveranno ai singoli Paesi entro il 21 giugno per consentire loro di trasmettere a Bruxelles entro il 20 settembre i piani pluriennali di spesa.

Sono inoltre previste salvaguardie quantitative — volute dalla Germania — su debito e deficit: riduzione del debito dell’1% annuo se supera il 90% del Pil; deficit all’1,5% nei periodi di crescita. I Paesi indebitati tuttavia hanno una certa flessibilità per gli anni 2025, 2026 e 2027 legata ai maggiori interessi sul debito e agli investimenti in green, digitale e difesa: la Commissione, per non compromettere gli effetti positivi del Pnrr, ne terrà conto nelle procedure per deficit eccessivo quando definirà il parametro di riduzione annua. Inoltre nella spesa primaria netta non sarà considerato il cofinanziamento nazionale di progetti finanziati con fondi di coesione e non è previsto alcun tetto per lo scorporo. La riforma del Patto di stabilità passerà ora al Consiglio Agricoltura di lunedì 29 aprile per il via libera definitivo.

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