«Biden è ancora in gara», bisogna accontentarsi di questo
Joe Biden “potrebbe” ancora vincere l’elezione del 5 novembre. Si condensa in questa frase cauta e in questo verbo al condizionale, il massimo dell’ottimismo che i suoi sostenitori riescono a esprimere in questo momento. Forse tutto si giocherà in tre Stati ancora in bilico: Michigan, Pennsylvania, Wisconsin. Contrariamente ai luoghi comuni più consolidati, è l’elettorato bianco quello che rimane fedele a Biden, mentre lo abbandonano le minoranze etniche (black, latinos) oltre ai giovani.
Questo è il condensato dell’analisi aggiornata di Nate Cohn sul New York Times.
Cohn è uno dei più autorevoli esperti di sondaggi, anche se sbagliò previsioni alla vigilia della clamorosa disfatta di Hillary Clinton (novembre 2016). Al tempo stesso lui tifa per la rielezione di Biden, come il giornale su cui scrive. Perciò il tono della sua ultima analisi è significativo, restituisce il clima poco esaltante che regna in campo democratico. Ci si accontenta di constatare che il vantaggio di Donald Trump, innegabile, non è così ampio da risultare irrecuperabile. Biden può ancora farcela a rimontare, anche se è chiaro che in questa fase è lui l’inseguitore costretto a colmare uno svantaggio.
L’ultima analisi di Nate Cohn si apre in effetti su un tono preoccupato: «È impossibile ignorarlo, le notizie per il Presidente Biden fin qui non sono state buone». Segue un riassunto di tutto quello che sta andando storto. Il candidato democratico è indietro nei sondaggi, sia quelli nazionali sia quelli disaggregati Stato per Stato, e questo svantaggio dura ormai da mesi. Il suo indice di popolarità è tra i più bassi della storia. Sta perdendo quota in tre fasce cruciali dell’elettorato, su cui i democratici hanno sempre fatto affidamento: giovani, neri, ispanici. Tutto questo accade nonostante i guai giudiziari di Trump.
Qui inserisco una mia analisi per integrare quella di Cohn. Le tre categorie di elettori dove Biden subisce emorragie di consensi, rappresentano un problema anche perché le ragioni della loro disaffezione sono ben distinte, talvolta perfino opposte. Per alcuni giovani Biden non è abbastanza «di sinistra», li ha delusi su Gaza perché continua a fornire armi a Israele, o sul cambiamento climatico perché la sua agenda verde non è così radicale come vorrebbero. Nelle minoranze etniche Black e latina, invece, spesso Biden perde voti perché gli viene rimproverato di essere «troppo di sinistra», nel senso del lassismo su immigrazione clandestina e criminalità. Per riconquistare gli uni dovrebbe scontentare gli altri, e viceversa. Ardua missione.
La parte consolatoria dell’analisi di Cohn si aggrappa a tre considerazioni. Primo, il vantaggio di Trump resta contenuto, entro i margini dell’errore statistico. (E sappiamo quanti errori abbiano accumulato in passato i sondaggisti). Secondo, mancano cinque mesi e in cinque mesi può accadere di tutto: compreso l’impatto dei duelli televisivi, nonché della sentenza su Trump al termine del processo di Manhattan. Terzo, a Biden per vincere basterebbe recuperare lo svantaggio nei tre Stati-chiave del Michigan, Pennsylvania e Wisconsin, con quel bottino di quote elettorali in tasca potrebbe permettersi di perderne molti altri (Arizona, Georgia, Nevada, North Carolina, Florida, Ohio).
La cattiva notizia, è che Trump in questo momento è in testa nei sondaggi in tutti e tre gli Stati cruciali, Michigan, Pennsylvania e Wisconsin. La buona notizia è che in quei collegi il suo vantaggio si limita a un solo punto percentuale, cioè sta ben al di sotto del margine di errore statistico. È colmabile, sempre che i sondaggi ci azzecchino.
Infine c’è il paradosso etnico-demografico. Le rappresentazioni stereotipate e caricaturali degli elettori di Trump ce li descrivono solitamente come dei maschi bianchi di una certa età (magari «obesi, razzisti, religiosi, armati fino ai denti», per portare fino in fondo la caricatura sprezzante e snobistica delle élite). Invece si scopre che è Biden a dover affidare le proprie speranze a quell’America lì. Mentre giovani e minoranze etniche gli voltano le spalle, l’elettorato che rimane più fedele al presidente democratico è fatto di bianchi e anziani. È ora di sbarazzarsi degli stereotipi.
Una notazione sui tre Stati in bilico. Michigan, Pennsylvania e Wisconsin sono tutti Stati industriali, con una forte presenza di classe operaia tradizionale. Questo spiega l’importanza che Biden assegna alla sua politica contro la Cina, a base di dazi e di sussidi pubblici per la reindustrializzazione. Biden con l’ultima raffica di dazi contro le importazioni cinesi, e con gli aiuti di Stato a chi costruisce fabbriche sul territorio nazionale, vuole presentarsi come «ancora più protezionista» di Trump. Make America Great Again… lo slogan M.A.G.A. reso celebre dal candidato repubblicano, non sfigura affatto come sintesi delle politiche di Biden.
In quanto all’ambientalismo, Biden ha dovuto annacquare i propositi di abbandono ultra-rapido delle energie fossili, sia perché sono irrealistici, sia perché gli costerebbero voti nella base operaia.
30 maggio 2024
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