Gigi Buffon:«Nazionale sottostimata, io ho vibrazioni del 2006»
Buffon capo delegazione dell'Italia ha buone sensazioni: «Ci sono quattro-cinque giocatori che sono nel gotha del calcio mondiale. Donnarumma è una sicurezza»
«Giggiiii!!!». Gli azzurri sfilano con Donnarumma in testa per salutare i cinquemila tifosi arrivati a Iserlohn per l’unico allenamento aperto al pubblico, quello di martedì. Di Gigi però ce n’è uno e non è Donnarumma, ma Buffon, che entra in campo tre minuti dopo i calciatori e incassa — da solo — un boato ben maggiore rispetto a quello riservato all’intera squadra.
Tra il pubblico ci sono diversi ex ragazzi che diciotto anni fa erano una novantina di chilometri più a est, a Duisburg sede del ritiro dell’Italia di Lippi, e hanno portato i figli per cercare di trasmettergli l’amore incondizionato che hanno gli italiani all’estero per la maglia azzurra. E anche un pezzetto dell’antica magia: quel pezzo, da simbolo vivente con l’aria un po’ assonnata e sempre sorridente è Gigione, che si gode l’abbraccio della piccola folla, ma da capo delegazione azzurro cerca anche di tenere a bada il passato perché non divori il presente. In fondo siamo pur sempre campioni d’Europa in carica e c’è soprattutto quella — di magia — da provare a riprodurre, anche se tutti sanno che bisogna cercarne una differente, perché uno dei custodi del trionfo di Wembley — Luca Vialli, che aveva lo stesso ruolo che riveste oggi Buffon — non c’è più. Da quando è stato convocato dal presidente Gravina, a 30 anni dal suo primo ingresso a Coverciano, l’ex capitano azzurro ha mantenuto un profilo basso, anche perché nel frattempo la Nazionale è bruscamente passata di mano, da Mancini a Spalletti.
Buffon: adrenalina e lucidità
Ma adesso a due giorni dall’esordio al Westfalenstadion di Dortmund, quello del 2-0 alla Germania in semifinale nel 2006, Gigi sente le farfalle nello stomaco. Buon segno: «Avevo molta curiosità di vedere quali fossero i miei sentimenti e come mi sarei preparato in altra veste. E da quattro-cinque giorni, forse saranno i riflessi condizionati del corpo, le sensazioni sono analoghe: il grado di adrenalina, tensione e lucidità sulle cose è aumentato in maniera notevole rispetto ai primi giorni, perché ci tengo a dare il mio piccolo contributo per fare belle cose».
L’implacabile applausometro del primo giorno di allenamento ha ricordato che i vecchi campioni sono ben presenti nell’immaginario collettivo, mentre questa Nazionale con nove convocati tra i giocatori che hanno vinto l’Europeo tre anni fa, deve ancora accendere l’interesse del grande pubblico.
«Questa è una Nazionale probabilmente sottostimata — riflette Buffon — ma molto competitiva. Prima di tutto per lo spessore umano dei ragazzi che la compongono ed è la cosa che mi ha sorpreso e mi ha fatto più piacere: si percepisce il senso di appartenenza alla nostra nazione e a questa maglia. L’atteggiamento è quello giusto, di chi con umiltà e spirito di servizio si mette a disposizione dell’allenatore». Poi però c’è il campo, ancora più implacabile dell’applausometro: «E io credo che qui ci siano quattro-cinque-sei elementi che facciano parte del gotha del calcio europeo e mondiale e questo significa che oltre a un ottimo gruppo abbiamo anche le individualità per fare una bella competizione».
La prima che viene in mente, iniziando dal numero uno, è sicuramente Donnarumma, migliore giocatore dell’Europeo vinto e capitano di questa squadra ringiovanita, senza più quei califfi alla Chiellini o anche alla Acerbi capaci di tenere il timone dritto nelle tempeste che si abbattono nel corso delle partite, qui anche letterali, considerato il clima instabile e rigido: «Gigio è un punto fermissimo e di forza della nostra squadra. Con la Bosnia ha fatto una parata dal coefficiente di difficoltà 9.9 periodico e questo ci dà ulteriori certezze di essere competitivi anche quando puoi essere messo un po’ alle corde, perché dietro hai un baluardo molto solido».
Solidi, anzi inscalfibili, sono anche i luoghi dell’anima, come Duisburg 2006. Ma Gigi para la nostalgia: «Se ci torno in questi giorni? Meglio lasciarla tra i ricordi, che molte volte sono più belli rispetto al contraccolpo della realtà. Continuiamo a idealizzarla».