Armi all’Ucraina, dall'Italia una nuova batteria di Samp-t. Ma il governo traccia i limiti: solo per uso difensivo

diFrancesco Verderami 

Il governo Meloni varerà il prossimo pacchetto di aiuti all’Ucraina dopo il G7. E nel piano di interventi a favore di Kiev verrà inserita una seconda batteria di Samp-t, il sistema d’armi terra-aria, ma anche una partita di missili Shadow. Dopo le elezioni possibile allineamento con gli Usa

Il governo varerà il prossimo pacchetto di aiuti all’Ucraina dopo il G7, che si terrà in Italia dal 13 al 15 giugno. E nel piano di interventi a favore di Kiev verrà inserita una seconda batteria di Samp-t, il sistema d’armi terra-aria a medio raggio, utile in funzione anti-missilistica e anti-aerea. Fonti autorevoli sostengono che l’esecutivo abbia anticipato la decisione a Washington e a Kiev attraverso canali diplomatici, e che gli alleati abbiano ringraziato Roma per il suo contributo fattivo nella difesa dell’Ucraina.

Il titolare della Difesa Crosetto dovrebbe quindi firmare il nono decreto fra un paio di settimane, quando le Europee saranno ormai alle spalle. Perché era e resta evidente che il problema del ritardo fosse legato alla sfida elettorale, ed era altrettanto chiaro che in vista soprattutto del vertice Nato di luglio fosse necessario dare un segnale ai partner occidentali. Peraltro l’invito di Meloni a Zelensky per il G7 lasciava intuire la volontà della premier di sottolineare vicinanza e solidarietà di Roma a Kiev contro la Russia. E il contributo è molto importante, sia per chi deve difendersi dagli attacchi dal cielo di Mosca sia per chi continua a sostenere la resistenza.
L’Italia infatti dispone solo di cinque batterie di Samp-t e quella che verrà data in dotazione all’Ucraina sarà spostata dal Kuwait. Uno sforzo considerevole, visto che strutturalmente la Difesa dispone di pochi strumenti d’arma. E i limiti sono parsi evidenti fin dallo scoppio della guerra. Si racconta che due anni fa, durante una riunione al ministero, il sottosegretario alla Difesa dell’epoca Mulè fosse rimasto colpito dalla scarsità di mezzi e avesse commentato: «Quindi se venissimo attaccati da uno sciame di api, potremmo resistere un paio d’ore al massimo». E non si contano le volte in cui, in questa legislatura, il ministro Crosetto ha sollevato il problema persino in Parlamento.

Tanto basta per capire la ristrettezza di risorse. Malgrado questo, il governo ha fatto sapere agli Stati Uniti e all’Ucraina che inserirà nel pacchetto di aiuti anche un’altra partita di missili Shadow. E da questo dettaglio si può intuire che l’Italia, dopo le elezioni, inizierà a riallinearsi alle posizioni degli alleati. Com’era logico che fosse. È vero, il governo ha ribadito che Kiev dovrà limitarsi a un uso «difensivo» delle armi ricevute da Roma. Ma questo caveat può evidentemente essere interpretato: perché l’Ucraina è impegnata proprio in una guerra difensiva. Il punto è l’utilizzo dei missili, che hanno una gittata di duecento chilometri. Se posti sul versante occidentale coprirebbero solo il territorio ucraino, se installati invece nell’area di Kharkiv potrebbero colpire sul suolo russo, annientando le basi dalle quali Mosca fa partire gli attacchi che stanno martoriando la seconda città più popolosa dell’Ucraina. È un tema spinoso, reso ancor più incandescente dalla campagna elettorale e dalle sparate pacifiste di Salvini che hanno il chiaro intento di mettere in difficoltà gli altri partiti di governo. Senza tenere in conto il ruolo e gli impegni dell’Italia nell’alleanza occidentale, che Meloni intende invece rispettare.

La posizione assunta dal ministro degli Esteri Tajani, l’idea cioè che «l’articolo 11 della nostra Carta» impedisca di autorizzare gli ucraini a colpire con «nostre armi» il territorio russo, è parso soprattutto un tentativo di sedare la polemica politica interna. Ma costituzionalmente è un’interpretazione controversa, non foss’altro per i precedenti: come il bombardamento di Belgrado sotto il governo D’Alema e la partecipazione alla guerra in Iraq sotto il governo Berlusconi. E infatti Donzelli l’altra sera a Retequattro ha manifestato una posizione diversa: «Più che un problema costituzionale c’è un problema di mandato parlamentare», ha detto il responsabile nazionale dell’organizzazione di FdI.

La preoccupazione di palazzo Chigi è evitare un’escalation del conflitto, senza disallinearsi dagli altri partner. Ma i timori maggiori vengono da un altro fronte caldo. «Mentre si discute di Ucraina il nostro sguardo è rivolto alle mosse cinesi nel Pacifico», avvisa un autorevole ministro: «Sul destino di Taiwan l’Occidente tiene il fiato sospeso. E i segnali non inducono all’ottimismo». 

3 giugno 2024

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