Chi ha vinto le elezioni in Francia, dopo il ballottaggio: i dati del Fronte popolare, del partito di Macron e della destra di Le Pen

diMarco Imarisio

Al ballottaggio del 7 luglio, il Fronte popolare - l'alleanza di sinistra anti-Le Pen - ribalta i sondaggi e vince. I centristi secondo blocco, il Rassemblement terzo. Ora il rebus della governabilità

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PARIGI - La diga repubblicana ha tenuto. L’hanno chiamata anche così, tra i mille nomi che le sono stati affibbiati in queste tre settimane, la pregiudiziale antifascista che sembrava essere scomparsa in Francia. Invece, tutto da rifare per Marine Le Pen e il suo Rassemblement national. L’estrema destra non riesce a rompere il tabu dal quale si sente perseguitata dai tempi di Vichy, mai al governo attraverso le elezioni. Ancora una volta è così. E si tratta di una delle più grandi sorprese politiche degli ultimi anni.

Il Nuovo fronte popolare, l’alleanza di tutte le sinistre che tre settimane fa non esisteva, ha stravinto il secondo turno delle elezioni politiche. I due terzi dei 151 ballottaggi che vedevano presente un candidato della gauche e uno del Rn sono stati vinti dal primo. Ma all’estrema destra sono andati male anche i duelli che la vedevano contrapposta a un esponente di Renaissance, il partito del presidente Macron: sconfitta nel 90 per cento dei casi. Anche i collegi che erano rimasti «triangolari», per via del rifiuto del terzo classificato di ritirarsi dalla competizione, hanno dato un esito disastroso per Le Pen e il suo delfino Jordan Bardella: 70 seggi su 75 sono andati ai loro avversari.

Sono numeri che nessuno si aspettava. I sondaggi del pomeriggio davano il Rn ben sopra i duecento collegi vinti, con un conseguente numero di parlamentari che gli assegnava la maggioranza relativa. Alcuni, come quello del quotidiano Le Figaro, prevedevano un massimo di 260, non troppo lontano dalla soglia della maggioranza assoluta, fissata a quota 289. Niente di tutto questo. Alle 20, è cambiato tutto. L’alleanza di sinistra sfiora i duecento deputati nella nuova Assemblea nazionale, diventando la forza politica più rappresentata. Il campo presidenziale Ensemble potrebbe arrivare a 161-169 rappresentanti, quasi cinquanta in meno rispetto al 2022, ma un numero insperato dopo il primo turno. E così il Front national, dato da tutti sicuro vincitore a prescindere dal tipo di maggioranza che avrebbe ottenuto, non arriva neppure secondo, raccogliendo solo tra 135 e 143 seggi, comunque un notevole balzo in avanti rispetto agli 89 delle legislative di due anni fa, nonché il suo massimo storico.

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Dalla notte al giorno. Il trionfo del Rn era dato per certo dopo il 33 per cento delle preferenze raccolte al primo turno. E sembrava un appello disperato, quello fatto dagli esponenti del Nuovo Fronte popolare e dal partito del presidente. Invece, la desistenza frutto di un accordo e di intensi negoziati tra le due coalizioni, ha funzionato. L’antico riflesso dello sbarramento repubblicano è scattato negli elettori francesi, che hanno scelto di evitare un governo del Rassemblement national. È andato a votare il 67 per cento degli aventi diritto, la percentuale più alta dalla prima vittoria del fronte di sinistra e di François Mitterrand, nel 1981. I festeggiamenti nelle grandi città per la sconfitta del Rn sono in alcuni casi degenerati in scontri, come avvenuto in Place de la République a Parigi, a Nantes e Lione.

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È un verdetto che va oltre il semplice dato numerico, confermando l’esistenza di quel «soffitto di vetro» che Marine Le Pen pensava di aver infranto con il processo di normalizzazione del suo partito. La reazione di Bardella, forse il primo sconfitto di queste elezioni, è stata rabbiosa. «Ha vinto l’alleanza del disonore» ha dichiarato il giovane candidato premier del Rn, «che priva i francesi di un governo del vero cambiamento». Più meditate le parole di Marine Le Pen che guarda alle presidenziali del 2027 dove verosimilmente proverà per la terza volta a raggiungere l’Eliseo. «La marea sta salendo» ha detto. «Questa volta non abbastanza, ma continua a crescere: la nostra vittoria è solo rimandata».

Adesso le due alleanze hanno il problema di formare un governo, in un Parlamento dove non esiste una maggioranza assoluta. L’attuale primo ministro Gabriel Attal si è subito dimesso, con una dichiarazione che rende esplicita la sua presa di distanza da Macron. «Lo scioglimento dell’Assemblea non è stata una mia scelta, e anzi mi sono rifiutato di subirla», ha detto, rivendicando la salvezza dell’area moderata-centrista «che rischiava la scomparsa».

La nascita di un nuovo esecutivo sarà un rompicapo peggio del cubo di Rubik. Jean-Luc Mélenchon, il capo della France insoumise, vincitrice tra i vincitori di queste elezioni, ha escluso un’alleanza con i macronisti: «La volontà del popolo deve essere rigorosamente rispettata. Il presidente deve accettare la sua sconfitta e chiedere al Nuovo fronte popolare di governare». I suoi alleati più moderati sembrano invece possibilisti. Per il leader socialista Olivier Faure, «una coalizione è necessaria». Lo stesso dice Raphael Glucksmann, capo di Place Publique: «Ora dobbiamo comportarci da adulti». Come prima cosa, ci sarebbe da convincere gli altri. Perché anche il fronte presidenziale non ne vuole sapere di allearsi con la sinistra. Il segretario di Ensemble, partito di Macron, Stephan Sejournè, esclude un dialogo con Mélenchon e i suoi. Queste sono solo le posizioni di partenza. Da oggi comincia un’altra corsa. Ma senza l’estrema destra del Rassemblement national. Che ancora una volta avrà il vantaggio di stare all’opposizione.

8 luglio 2024 ( modifica il 8 luglio 2024 | 08:37)

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