Ma Harris può vincere o no? Risposta in una parola: sì. (Ma resta comunque nettamente sfavorita)
I quattro punti forti e i quattro punti deboli della sua candidatura. La sfida di Kamala è ardua, ma almeno c'è. Saranno mesi appassionanti
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I 4 punti forti della sua candidatura
1) Ha davvero unificato il partito in un attimo e gli analisti ritengono plausibile che possa rimotivare l’elettorato giovanile, quello delle minoranze e quello femminile negli stati chiave (Pennsylvania, Ohio, Wisconsin) grazie alle sue battaglie sui diritti civili a cominciare da quello all’aborto, il campo in cui è stata più efficace nel ruolo di vicepresidente.
2) «Prosecutor versus felon», cioè «procuratore contro criminale», è il canovaccio che si preannuncia in campagna elettorale — «So come prendere i tipi alla Donald Trump, ho incastrato predatori sessuali e truffatori» — e può funzionare: la donna di giustizia contro l’uomo che ha già subito condanne e ha ancora svariati processi a suo carico.
3) L’immagine di «cop», di poliziotta, che finora l’aveva penalizzata con la sinistra del partito, ora può servirle per dare una spinta centrista alla sua campagna. In America come ovunque si vince al centro: perfino Trump è più moderato di Vance.
4) Essersi nascosta in questi anni può giovarle in modo paradossale, facendola percepire come nuova in quella fetta dell’elettorato che chiedeva «chiunque tranne Biden e Trump». E lei, donna, giovane e nera, è quanto di più lontano possibile dai due vecchi maschi bianchi in lotta da anni.
I 4 punti deboli
1) Deve fare un miracolo in 100 giorni, senza più poter sbagliare neanche un colpo. David Plouffe, storico stratega di Obama, dice che «sta passando dai teatri off-Broadway a quelli di Broadway. Molti attori non sopravvivono a questa trasformazione. Va detto nell’euforia del momento: c’è molto da lavorare per costruire la sua immagine».
2) La sua campagna alle primarie del 2019 fu un disastro: praticamente dovette ritirarsi senza nemmeno iniziare, travolta dai primi voti. Sbagliò tutto: staff, strategia, modi di porsi. O dimostra subito di avere imparato o non c’è partita.
3) Da border czar, plenipotenziaria di Biden sull’immigrazione, non ha concluso nulla, oltre alla frase «dovete fermarvi» rivolta ai clandestini guatemaltechi. «La preoccupazione per l’incapacità degli Stati Uniti di controllare la frontiera è reale, come lo era un paio di anni fa in Italia. Harris è molto attaccabile su questo: dovrà fare sforzi per assicurarsi che nel corso dell’anno il numero di arrivi al confine sia più ridotto», spiega il politologo Yascha Mounk a Viviana Mazza.
4) Manca di disciplina, non studia i dossier, non ha riferimenti ideologici precisi. Almeno, è quello che dicono di lei. Ancora Mounk: «I progressisti non credono che sia davvero una di loro, i moderati pensano: “Forse all’inizio era una dei nostri, ma è capace di cambiare idea quando serve ai tuoi interessi politici”». È urgente che si dimostri capace di districarsi tra un centrismo inderogabile e un progressismo irrinunciabile.
La sfida di Kamala Harris, insomma, è ardua. Ma almeno c’è. Saranno quattro mesi appassionanti.