Schillaci e i dati sui Pronto soccorso: «Per i codici arancio e rosso tempi non sempre rispettati»
L'allarme lanciato dal ministro della Salute Orazio Schillaci in audizione alla Commissione Affari sociali alla Camera
Sette milioni di accessi al Pronto soccorso nel 2022 potevano essere evitati: è il bilancio del ministro della Salute Orazio Schillaci in audizione in Commissione Affari sociali alla Camera intervenendo nel corso dell'indagine conoscitiva sulla situazione della medicina dell'emergenza-urgenza
e dei pronto soccorso in Italia.
«Per il 2022 i dati del flusso Emur» sull'assistenza in emergenza-urgenza
«riportano più di 17 milioni di accessi in Pronto soccorso, con il 12% in codice bianco (massimo 240 minuti di attesa previsti), 50% in codice verde (massimo 120 minuti), 19% in codice azzurro (massimo 60 minuti), 17% in codice arancione (max 15 minuti), 2% in codice rosso (zero minuti). La stima degli accessi evitabili (codici bianco/verde con dimissione a domicilio) riporta una percentuale sul totale superiore al 40%». E un altro dato drammatico è che non sempre i tempi giusti vengono rispettati, con un rischio altissimo per i pazienti gravi: «Il rispetto dei tempi, su base Regionale - ha spiegato il ministro - viene uniformemente garantito per i codici bianco/verde (al cui interno ricadono gli accessi evitabili), mentre per azzurro, arancione e rosso si assiste ad un notevole variabilità (con spesso il mancato rispetto dei tempi massimi previsti)». Nella maggior parte dei casi, poi, i pazienti vengono mandati a casa: «la dimissione a domicilio rappresenta la quota preponderante degli esiti di tutti gli accessi, toccando il 70% del totale», ha aggiunto il ministro, sottolineando che «il ricovero in degenza raggiunge il 12% del totale, mentre il ricorso all'OBI (unità di osservazione breve- intensiva, ndr) o alla "dimissione a struttura ambulatoriale" sconta delle importanti disomogeneità a livello regionale, così come, di pari passo, non è uniforme il recepimento da parte delle Regioni delle linee di indirizzo».
Cosa si può fare per evitare queste criticità? Bisogna lavorare, ha evidenziato Schillaci, sul «coinvolgimento e la responsabilizzazione dell'assistenza extra-ospedaliera nella gestione degli accessi evitabili, l'implementazione di modelli organizzativi innovativi nella medicina e chirurgia d'accettazione e d'urgenza e nelle discipline a supporto, il miglioramento dei processi di osservazione e ricovero da PS, compreso l'efficientamento del turn-over e la gestione delle dimissioni». Ma anche sui numeri del personale: «Mancano 4.500 medici e circa diecimila infermieri a livello nazionale. E questo
ha postato al ricorso ai gettonisti con effetti deleteri per il sistema».
Il fenomeno è esploso a seguito dell'emergenza sanitaria iniziata nel 2020: se nel 2019 i contratti per il reperimento di personale medico ammontavano a circa 9,6 milioni di euro, nel 2020 sono diventati 11 milioni e nel 2021 (nel pieno della pandemia), invece, «si assiste ad uno straordinario incremento, pari al 174%, facendo registrare un valore di ben 30 milioni di euro». Un'onda alta che non è scemata con il rientrare dell'emergenza: nel 2022 «si continuava a registrare comunque un andamento crescente, pur risultando rallentato, ma in grado in ogni caso di raggiungere un valore pari a circa 37 milioni di euro (+22%)». Sul fronte degli infermieri, «a differenza del personale medico, il fenomeno era già rilevante nel periodo pre-pandemico: dal 2019 al 2020 si osserva infatti una rilevante crescita (+104%) dei contratti, seguita da una notevole contrazione negli anni successivi. Tuttavia, la forte diminuzione osservata in particolare nel 2022 non deve far pensare ad un arresto del fenomeno - spiega il ministro - Infatti, bisogna tener conto che l'avvio di accordi quadro rilevanti comporta ragionevolmente una riduzione delle procedure avviate autonomamente dalle strutture sanitarie negli anni successivi».
Tutte le Regioni, prosegue Schillaci, «risultano coinvolte (tranne la Pa di
Trento). Quelle maggiormente impegnate dal punto di vista economico sono la Lombardia (56 milioni di euro), l'Abruzzo (51 milioni di euro) e il Piemonte (34 milioni), con valori nettamente superiori a quelli registrati dalle altre regioni: rispetto ad esempio al valore del Lazio, quarta per spesa sostenuta (13 milioni di euro), si registrano un +332% della Lombardia, un +297% dell'Abruzzo e un +165% del Piemonte». I medici «a chiamata» guadagnano fino a 1.800 euro per un turno di 12 ore e possono coprire settori nei quali non hanno competenze. Amara è la riflessione di Schillaci: «Chi sceglie di fare il medico non può pensare solo di avere un fine
economico, pur essendo giusto che si abbiano stipendi adeguati». E invece le scelte degli specializzandi fanno pensare proprio a questo: nel 2023 sono stati assegnati solo 245 contratti nella specializzazione medicina di emergenza/urgenza: «Perchè oggi le specialità più scelte sono
quelle in cui si può svolgere una professione autonoma», spiega Schillaci. E infatti oltre al Pronto soccorso, ci sono anche altre discipline in cui l'assegnazione delle Borse non supera il 50% della disponibilità, dalla
Radioterapia all'Anatomia patologica. «Concordo che sull'Emergenza urgenza possa essere messa una premialità economica, ma bisogna rendere più attrattive alcune specializzazioni». E anche rendere da subito operativi gli specializzandi: «Oggi abbiamo 40mila medici in formazione: sono specializzandi da considerare, e stiamo lavorando per trovare un modo migliore per fare partecipare gli specializzandi all'attività all'interno del
Servizio sanitario nazionale». «Gli specializzandi - ha detto Schillaci - devono entrare ed essere operativi fin dai primi anni della specializzazione all'interno del Ssn».
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