La folla affamata ha assaltato il valico di Rafah. Qui c’è rimasta solo la disperazione

Rafah — La situazione sta precipitando. Rafah è nel caos e ora qui non ci fanno più paura solo i bombardamenti israeliani, ma la nostra stessa gente, spinta dalla fame e dalla disperazione a taglieggiare e derubare i loro stessi compagni di sventura. Nelle ultime ore sono successe delle cose spaventose: la folla ha preso d’assalto il valico di Rafah, gridando slogan contro Hamas e il suo leader Sinwar. Hanno bruciato pneumatici e poi sfondato il cancello che protegge il passaggio. Non sono arrivati a quello della frontiera, probabilmente sapendo che l’Egitto, dall’altra parte, ha le armi puntate. Si sono limitati all’area nel mezzo, dove c’erano dei camion carichi di aiuti che dovevano essere distribuiti.

Quei mezzi sono stati presi d’assalto e le scorte di cibo che trasportavano rubate, portate via per sfamare le famiglie, certo, ma anche per rivenderle già oggi al mercato nero. La polizia è intervenuta troppo tardi, ma comunque hanno sparato contro la folla e ci sono stati momenti decisamente drammatici.

Io non c’ero, coi miei compagni eravamo nella zona dove stiamo costruendo il nostro nuovo rifugio nei pressi di Deir al Balah. Abbiamo rimandato il trasferimento di giorno in giorno ma ormai ci siamo, ieri abbiamo ultimato il gabinetto e la cucina e trasportato anche l’acqua. Quattro di noi sono rimasti a guardia delle nostre scorte: siamo molto preoccupati, perché ormai può davvero accadere di tutto e non possiamo permetterci di essere rapinati, abbiamo investito quasi tutto quel che abbiamo per salvaguardarle.

Per la via, poi, abbiamo avuto una disavventura che la dice lunga sul clima di disperazione che si respira: lungo la strada costiera, che in queste ore molti stanno risalendo per tentare di sfuggire all’ormai certo imminente attacco di terra israeliano, si sono formate gang di ragazzini che fermano le auto e chiedono il pizzo. Soldi, cibo, abiti: bisogna placarli dandogli qualcosa. Altrimenti, se va bene, ti prendono a sassate rompendo i vetri dell’auto. Ma c’è già chi racconta di essere stato derubato dei suoi miseri averi. È una novità, dovuta al fatto che tutte le stazioni di polizia sono state bombardate. Ci sono ancora agenti qua e là ma sempre meno coordinati fra loro. La sicurezza non è più garantita.

Ieri era venerdì, giorno di preghiera, solitamente una giornata tranquilla. Ma per strada c’era il finimondo, agitazione e nervosismo. Intanto nel centro di Rafah, gli abitanti della cittadina, gli unici che finora non hanno avuto le loro case distrutte, sapendo che devono scappare e abbandonarsi tutto alle spalle – e consci di quel che è successo a noi - si stanno vendendo tutto quello che non possono trasportare: abiti, pentole, tappeti, radio, provviste, pannelli solari, cellulari, pezzi di ricambio di automobili. Una scena da fine del mondo. Noi siamo pronti a partire per la tendopoli che abbiamo attrezzato, ma nel frattempo pensiamo anche solo che dobbiamo andare via da qui. Gaza non esiste più. E ormai anche i suoi abitanti sono irriconoscibili. Resi cattivi e rabbiosi dalla guerra, pronti a far del male anche i loro fratelli.